La vittoria di Obama e gli errori dei repubblicani

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“Questo non è più un paese per vecchi e bianchi”, scrive Lucia Annunziata nel suo commento alle elezioni americane sull’Huffington Post. Difficile darle torto. L’America è cambiata notevolmente negli ultimi decenni. Le minoranze contano molto più di prima. E forse non sono più semplici minoranze. Con il 55% delle donne, il 60% dei giovani e il 70% degli ispanici, oltre alla stragrande maggioranza degli afroamericani, Obama ha avuto la meglio su Romney.

Ma una riflessione sorge spontanea: se è vero che gli Stati Uniti sono cambiati, non si può negare che il partito repubblicano sia rimasto al palo rispetto all’era McCain o a quella di George W. Bush. I numeri parlano da soli: nel 2004 Bush prese il 44% del voto ispanico, nel 2008 McCain ne prese il 31%.Romney si è fermato a quota 27%.

Obama ha imputato a Romney di essere rimasto inchiodato ai tempi della Guerra fredda e di portare avanti delle proposte elettorali da tv in bianco e nero. Al di là delle battute da campagna elettorale, è provato che il voto repubblicano è prevalentemente bianco (59%), ma anche più maschile e anziano. I repubblicani, dunque, hanno perso voti soprattutto tra le donne e i giovani, oltre che tra le minoranze etniche sempre più numerose.

In un paese in forte crisi economica, con i gravi problemi in parte ereditati dall’era Bush (la crisi del 2008 nasce anche da lì), una buona fetta dell’elettorato a stelle e strisce non se l’è sentita di rinunciare all’ombrello protettivo dello Stato e ha preferito tenersi ben stretto l’usato sicuro di Obama, anziché correre i “rischi” della rivoluzione liberista propagandata da Romney. La classe operaia degli stati industriali ha toccato con mano il salvataggio dell’auto e pure, diciamo così, l’effetto Marchionne. Obama ha salvato Chrysler e molti posti di lavoro. E alla fine si è fatto restituire i soldi (non come è avvenuto per decenni in Italia). Difficile, dopo che Romney aveva scritto sul Wall Street Journal che le aziende automobilistiche in bancarotta dovevano essere lasciate al loro destino, chiedere poi il voto degli operai dell’Ohio…

Il 6 novembre è stata bocciata la proposta liberale di Romney, scrive Stefano Magni su Libertates.com. E’ vero, ma non si può dimenticare che la sua leadership si è imposta a fatica tra i repubblicani e che il mormone non ha mai infiammato i cuori dell’elettorato Gop. Forse anche la scelta di Paul Ryan come candidato vice presidente è stata sbagliata. Troppo estremista – dicono alcuni – il giovane Ryan ha spaventato i ceti medi moderati. Non sappiamo se sia davvero così. Una cosa è certa. Ryan piaceva alla destra dei Tea Party e Romney l’ha scelto anche per questo. Poi, però, ha avuto paura di lui e, nell’ultimo mese, lo ha tenuto quasi nascosto. Quasi a voler evitare che potesse fare danni con il suo “estremismo”. A ragion veduta forse un nome come quello del senatore repubblicano Marco Rubio avrebbe pesato di più nella corsa repubblicana alla Casa Bianca. La Florida non è stata decisiva come in passato. Ma il giovane politico di origini cubane avrebbe trasmesso un’immagine più accattivante della destra, meno vecchia e più aperta al “sogno americano”. Se ne riparlerà più avanti, con le elezioni di Midterm del 2014. La riscossa dei repubblicani può partire da lì. Ovviamente dopo aver regolato i conti al proprio interno individuando una nuova leadership.

E Obama? Ha vinto grazie ai latinos e ai fuoristrada Jeep (che non vanno in Cina, assicura Marchionne). Ha vinto grazie anche alla grinta e all’estrema concretezza di Clinton, che è corso in suo aiuto (e che aiuto gli ha dato!) quando le cose si mettevano male, e gli ha fatto fare breccia nella decisiva middle class. Ricordiamo bene che un tempo Obama lo detestava. Poi, però, ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco. La politica, si sa, è fatta anche di compromessi. E il presidente ha imparato a essere molto più pragmatico d’un tempo.

Obama ha vinto nel piccolo Iowa (stato tradizionalmente bianco e anagraficamente vecchio) e nel decisivo Ohio, “specchio fedele – come ha scritto Paolo Valentino sul Corriere della sera – del mosaico sociale, economico e generazionale degli Stati Uniti”.Obama ha vinto soprattutto perché il suo sogno-progetto di cambiamento è una “merce politica” ancora molto appetibile nell’America di oggi. Romney non è riuscito a far sognare. Ha perso, forse, soprattutto per questo motivo.


“… Non importa se siamo neri, bianchi, ispanici, asiatici o nativi americani, giovani o vecchi, ricchi o poveri, abili o disabili, omosessuali o eterosessuali. Se ce la metterete tutta, qui in America potrete farcela…” (dal discorso tenuto da Barack Obama al McCormick Center di Chicago il 6 novembre 2012, dopo l’annuncio della vittoria).

Orlando Sacchelli

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