L’alternanza destra sinistra ai governi nazionali e regionali non ha impedito negli ultimi trent’anni lo scivolamento del trasporto pubblico locale verso situazioni di forte degrado, di distanza umiliante dalla media europea. Fanno eccezione Milano e Torino oltre Firenze che con la sua Tramvia sta recuperando molte posizioni. Qua e la anche a sud si registrano buone performance di questo o quel segmento di trasporto locale ma senza impedire che la mobilità complessiva delle singole città rimanga segnata dalla sproporzionata presenza di automobili quindi di congestione urbana.
Perdurando gestione esclusivamente politica e sindacale delle aziende di trasporto pubblico, invece di gestioni rigorosamente orientate al soddisfacimento del pubblico, l’utenza rimane molto scarsa quindi con squilibrio grave dei conti aziendali, ripianati a piè di lista dal denaro pubblico; non di meno congestione di traffico nella aree urbane anche di città piccole. Umiliante il confronto con gli altri paesi europei.
Migliore situazione invece nei collegamenti interregionali/nazionali ove il sistema ferroviario registra il successo considerevole dell’Alta Velocità (A.V.). Questa infatti, iniziata con i treni Frecciarossa e Frecciargento nel 2009 sulla dorsale Torino-Salerno, è subito evoluta in Alta velocità di Rete ovvero i treni veloci, uscendo dalla dorsale nelle fermate più propizie (MIlano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli oltre ai due terminali predetti: Torino e Salerno), raggiungono lungo linee storiche le città più lontane così raccogliendo utenza nel Triveneto, a Genova, Pisa, Ancona, Perugia, Pescara, Bari, Lecce, Potenza, Reggio Calabria e altre decine di capoluoghi e centri.
Naturalmente sulle linee storiche i treni veloci moderano la velocità adeguandola alla caratteristiche della linea però offrendo all’utenza il vantaggio decisivo di non cambiare mezzo lungo il percorso. Con ciò il sistema A.V. supera oggi 65 milioni di utenti, probabilmente salvando l’intero sistema ferroviario.
Il sistema aeroportuale tra alti e bassi abbisogna nel complesso di più spedita coniugazione Aria-Ferro cioè che gli aeroporti risultino ben connessi alla rete ferroviaria veloce predetta.
Infine la situazione dei numerosi porti introduce al dato peggiore che è il trasporto merci, ormai patologicamente conferito agli autotreni (gomma), che intasano la rete autostradale facendone spesso vere e proprie camionabili a partire dalla A1.
E’ un dato drammatico; nel mentre in ogni paese europeo si è conseguito nel trasporto merci equilibrio più o meno soddisfacente tra Gomma, Ferro e Acqua (con quota molto più modesta per il trasporto su Aria), l’Italia incomprensibilmente negli ultimi decenni è andata addirittura smantellando apparati per le merci presenti capillarmente in centinaia di stazioni. Una sostanziale rinuncia al trasporto merci su rotaia.
Si pensi a quanto accaduto al porto di Gioia Tauro: con la riapertura del Canale di Suez allargato, nel 2013, si aprirono per il porto calabrese grandi prospettive e in effetti si registrò un significativo sviluppo di movimento dovuto alle navi transatlantiche che utilizzando Suez e Gibilterra raggiungono i porti del nord Europa (Amsterdam, Londra, Amburgo) evitando la circumnavigazione dell’Africa. Da Gioia Tauro però serviva allestire logistica e servizi merci sulle linee ferroviarie esistenti dirette al nord Italia e centro/nord Europa. Ma ciò mancando, nel giro di una stagione la buona prospettiva è sfumata, ora le grandi navi, dopo Suez, raggiungono per lo più direttamente Gibilterra e il nord Europa. Non solo: da qui le merci destinate all’Italia scendono coi treni fino Gallarate ove con trasbordo su camion, raggiungono a pioggia tutto lo stivale! E’ un abominio.
Nessuna politica sarà capace di invertire la crisi italiana senza riprendere organica visione ed energico governo del tema mobilità di persone e merci, capendo i motivi del tracollo e rilanciando obbiettivi macroeconomici e tecnologici di avanguardia.
di Luigi Fressoia