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Piano, senatore a vita: ma dove sei?

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Venerdi’ 30 agosto, la mattina, mi ha chiamata la ‘Stampa’ per intervistare, come di consueto, il neo Senatore a vita Renzo Piano. Ne ho gioito, finalmente l’amico architetto ora ‘globale’ riceveva e accettava un tale onore. Piano e’ sempre stato refrattario a qualsiasi carica istituzionale, o impegno che gli impedisse di svolgere bene il suo unico vero lavoro ‘ quello di costruire’ ripeteva mostrando una sua foto sulla scrivania dell’antico studio in via San Matteo a Genova, che lo presentava bimbetto seduto nel cantiere del padre; del resto sono testimone del suo ricusare cariche: quando fui chiamata per la vicedirezione della gloriosa rivista ‘Domus’ , mi chiesero chi poteva essere il direttore-architetto; senza esitazione pronunciai il suo nome, era in barca a vela, rispose che gli spiaceva ma aveva gia’ detto no alla direzione e presidenza della Biennale veneziana.
Conosco Renzo dal calare Anni ’70, da poco laureata, il mio primo articolo per il Corriere della Sera era stato sul Beaubourg, l’incredibile edificio- scatolone tutto tubi, smontabile rimontabile a piacere, una vera astronave calata nel cuore della vecchia Parigi. Mi aveva subito colpito la vitalità, l’energia, l’idea di festa comune che sprigionava dall’edificio poi più’ copiato al mondo.
L’ho incontrato poi, grazie all’amico Vittorio Gregotti con cui doveva dividere un lavoro a Parigi, mi sembra fosse un ministero da costruire. Ero andata a intervistare il ‘padre ‘ del Centre Pompidou nella sua villa di famiglia a Pegli, arrivò puntuale appena sbarcato dalla barca a vela, parlò’ per due ore di cielo, nuvole, vento, luce, mare, tutto ciò’ che voleva inserire nelle sue costruzioni, poi naturalmente di verde e ancora verde, ambiente, restauro, energie alternative, nuove tecnologie adatte alla natura, insomma tutto ‘bio’ in anticipo di decenni. Alla fine fui certa che aveva una marcia in piu’, era assai avanti rispetto ai colleghi più’ affermati in Italia, e avanzati in età’. Conservo sempre quella prima impressione ogni volta che lo vedo, il giovane barbuto simpatico, rilassato, con l’aria di mare addosso e i pensieri fra le nuvole, ma da costruire in terra. Ho seguito poi ogni sua tappa, sollecitata dall’amico affabile e generoso ( la mia ottocentesca casa al mare sopravvive a una collina franosa grazie ai suoi interventi). Ho scritto intere pagine su di lui per raccontarlo agli italiani, l’ho sottoposto a lunghe, micragnose interviste anche con Gae Aulenti, tanto che si lamentava: “scrivi parola per parola, poi cambi tutto”. Lo introdussi una volta nella stanza del vicedirettore genovese che non lo conosceva, gli spiegai che sicuramente sarebbe diventato una gloria per l’Italia. Negli Anni ’80-’90 sbuffavo ogni tanto per essere diventata la portavoce di Piano, ( conservo una lettera al direttore Paolo Mieli con richiesta del favore della mia presenza), ma ogni volta era un’esperienza emozionante: il Lingotto con Papa Woytyla, Nilde Jotti, padrone di casa Giovanni Agnelli, Amsterdam con il Museo della Scienza e Tecnologie Nemo e la Regina Beatrice a cena che si entusiasmava alle parole di Renzo, Londra per la Royal Medal con l’amico Richard Rogers che lo presentava come miglior architetto di fine secolo per la “poesia nell’unire tecnologia e immaginazione”; al che Renzo si alzò dai sedili in fondo rispondendo: “non so se ci sia del vero, comunque gli credo”.
Ci fu la volta della Potsdamer Platz, con il compito di unire le due Germanie dopo la caduta del Muro: con le lunghe passeggiate fra perplessità e dubbi d’ un compito tanto grande davanti a Scharoun e alla sua Filarmonica. Poi Genova con le Colombiane, quando le ha restituito il suo mare con il Porto Antico e tanto altro, Basilea e il Museo. Klee, poi i 70 anni festeggiati alla Triennale di Milano con amici come Jean Nouvel e Richard Rogers. Un episodio mi resta nella mente: nel ’98 ha vinto il Pritzker Prize che gli veniva consegnato alla Casa Bianca dal Presidente Clinton, Renzo invitò mesi prima gli amici: Umberto Veronesi ( non poté venire), Forattini con Ilaria, Beppe Grillo con la moglie e io. Fu un viaggio esilarante, in albergo Grillo si lamentava con tipico mugugno ligure, poi si adattava, il pomeriggio del Premio entrammo alla Casa Bianca alla 16 per uscirne a mezzanotte. Grillo era preoccupato, in Liguria aveva in scena uno spettacolo di presa in giro di Clinton, noi lo rassicuravamo, magari non lo sapeva. I Clinton si mostrarono sin affettuosi, ottimi padroni di casa con tutti noi, Hillary ebbe parole intelligenti per il lavoro di Renzo che a tavola fece sedere Grillo vicino a sè’ e al Presidente degli Usa tanto che finirono per abbracciarsi. Quando i Clinton si ritirarono, ci trovavamo nel giardino di fronte lo storico edificio, Piano chiese a Beppe come era andata la serata, lui rispose : “Mica male, quel Clinton, simpatico, gentile, mi ha abbracciato, ho mangiato bene e gratis”, poi continuò: “per ricordo, guardate”, si chinò a strappare una manciata
d’erba dal prato della Casa Bianca per mettersela in tasca da riportare in Italia . La foto che Piano e il suo studio mi mandarono dell’evento ci ritrae in fila in un angolo qualsiasi del salone al primo piano, davanti a un camino insulso, potremmo essere in una qualsiasi villa della Brianza. Quanti altri ricordi pure con Fernanda Pivano, infine mi sono commossa nell’ammirare lo Shard a Londra, più che una scheggia mi è sembrato il pinnacolo d’una chiesa gotica.
Mi manca purtroppo Trento, spero nell’Waterfront di Genova. Insomma un’amicizia lunga quasi una vita, ho esultato quando Grillo mesi fa lo voleva Presidente della Repubblica, sarebbe stato perfetto: onesto, per bene, intelligente, oculato, abituato a costruire e ricostruire città’, saprebbe ricomporre l’Italia, è sempre rimasto fedele se stesso, disponibile, generoso, ostile a mondanità e falsi onori.
Avrei voluto dirglielo. Questa volta non sono riuscita neppure a salutarlo un attimo al telefono. Oggi forse parla con Obama, con Napolitano, magari con Grillo, ci riproverò il prossimo 14 settembre per il suo compleanno. Auguri, caro Renzo.

Fiorella Minervino
Critica d’arte, giornalista de “La Stampa”

Nella foto pubblicata: Santa Margherita Ligure 2003. Fernanda Pivano con Angelo Bottino, Renzo Piano e Fiorella Minervino (foto Harari)

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