La foto tratta dal servizio della Gabanelli che riguarda la situazione della procura di Milano è significativa: pretendere una magistratura efficiente quando gli uffici sono in queste condizioni è pura follia.
Adesso si sta discutendo da anni sulla divisione delle carriere (da sempre auspicata da Libertates, vedi la nostra serie “la riforma della magistratura”): un passo avanti verso una magistratura più efficiente, ma che non risolve certo i problemi. Atteso poi che è una riforma di cui si parla da decenni e che deve passare anche un referendum.
Ma il vero problema della magistratura italiana è l’inefficienza: avere una sentenza definitiva per un processo di fallimento dopo 16/18 anni è un segno del fallimento della magistratura. Un fallimento che, ripetiamo, riguarda tutti noi cittadini perché una magistratura che funziona (!) così mette in difficoltà le imprese, genera costi insostenibili per seguire un processo, allontana investimenti stranieri (siamo in una classifica mondiale dopo il Kenya).
Che fare?
Occorrerebbe una riforma drastica che riguardi l’informatizzazione (non è accettabile che anche un piccolo salumiere abbia tutto informatizzato e non le procure), la semplificazione delle procedure, migliori stipendi per i collaboratori e, soprattutto, introdurre la meritocrazia nelle carriere: avanza chi lavora meglio e non chi ha un’anzianità maggiore.
Certamente non è semplice introdurre queste regole: non sarebbe giusto valutare un giudice dal numero delle sentenze (si favorirebbero coloro che privilegiano la velocità allo studio della causa), ma si potrebbe far riferimento a quante sentenze vengano accettate a livello superiore (un giudice che vede confermate le proprie sentenze, o inchieste, si presume lavori meglio di chi se le vede respingere in appello).
Sono riforme necessarie e urgenti, ma non trovano molto ascolto perché, come sempre, trovano forti ostacoli nella casta dei magistrati e non hanno riscontro politico immediato.
Ecco, comunque, il link al servizio della Gabanelli
di Angelo Gazzaniga