“La Giustizia è uguale per tutti” è la scritta che campeggia in ogni aula di tribunale.
Ma purtroppo rischia di essere solo un esercizio di retorica.
Lo dimostra, ultimo di una serie lunghissima, il caso Santanché.
Accusata di aver truffato l’Inps (e quindi di aver causato un danno a tutti i cittadini onesti) ha dichiarato di voler dimostrare in aula la propria innocenza.
Ma, come spesso capita, tra le parole e i fatti c’è di mezzo il mare: il processo dopo un anno è ancora fermo alle battute iniziali a causa dei continui impedimenti frapposti dagli avvocati.
Adesso, ultima in ordine di tempo, arriva l’impugnazione delle testimonianze dei dipendenti che vengono assimilate a delle intercettazioni, e quindi soggette all’approvazione del tribunale dei ministri.
Scontata l’approvazione del tribunale e l’opposizione della Procura, il tutto passerà alla Cassazione che impiegherà almeno un anno per la decisione: un altro anno di stasi del processo: e intanto la prescrizione si avvicina.
Una prova ulteriore di come soldi e potere politico possano rinviare una sentenza sino alla morte del processo per prescrizione.
Inutile osservare come, invece, la giustizia sia spesso inesorabile per chi non può permettersi un certo comportamento.
Purtroppo è un’altra prova dell’inefficienza della magistratura: ci si difende dal processo e non nel processo; e tutto ciò non rinsalda certo la fiducia nella magistratura.
di Guidoriccio da Fogliano