Tutti noi ci aspettiamo dall’inflazione un’ancora di salvezza: ma il rischio è che rimanga una speranza perché per i tedeschi l’inflazione sarebbe una perdita secca
Una delle speranze più radicate in Italia (e in tutti gli altri Paesi dell’Europa mediterranea) è quella di una ripresa programmata e controllata dell’inflazione per poter uscire più facilmente dalla stagnazione: in altre parole se aumenta l’inflazione aumentano le esportazioni, cala in termini reali il debito pubblico, riparte il mercato degli immobili (intesi come bene-rifugio).
Lo auspicano e lo sperano un po’ tutti: europeisti e meno europeisti, euroscettici e no: se l’inflazione tornasse almeno al 2% ne trarremmo tutti giovamento.
Ma è una possibilità concreta oppure solo una speranza destinata a rimanere tale?
A questa speranza dell’Italia si contrappone la posizione della Germania, risolutamente contraria a qualsiasi inflazione.
E il motivo di questa opposizione è un motivo tutt’altro che ideologico o psicologico: è un motivo (purtroppo) basato su fatti concreti:
basta infatti guardare alle statistiche dei flussi monetari interstatali recentemente pubblicate.
In questi ultimi anni c’è stato un grandissimo movimento di capitali dai paesi “deboli” dell’Europa a quelli “forti”. In altre parole gli investitori (pubblici e privati) soprattutto tedeschi (ma anche austriaci, olandesi, svedesi) hanno ritirato i capitali investiti nei Paesi cosiddetti a rischio per reinvestirli in patria. Attualmente in Germania esistono quasi 5000 miliardi di euro investiti in Bund tedeschi o in altre forme di risparmio sicuro con un rendimento quasi sempre vicino allo 0%: meglio per loro investire senza guadagnare niente in economie sicure che rischiare di perdere molto con economie a rischio.
È evidente a questo punto che un’inflazione anche solo al 2% significherebbe per questi investitori una perdita del 2% del capitale (che varrà a fine anno il 2% meno senza aver dato interessi): una forma di patrimoniale neppure tanto nascosta.
Pensiamo davvero che i governanti di questi Paesi (non solo la Merkel, ma anche tutti gli altri politici tedeschi) siano disposti a sfidare l’ira dei loro investitori per aiutare Paesi considerati (non del tutto a torto, dobbiamo ammettere) allegri scialacquatori?
Se vogliamo realmente uscire dalla situazione difficile in cui ci troviamo non dobbiamo tanto aspettarci gli aiuti di quella UE che tanti criticano quanto fare quanto è in nostro potere fare:
- ridurre quel debito che è un fardello insostenibile (ogni anno spendiamo quasi 100 miliardi di euro in interessi)
- fare quelle riforme (mercato del lavoro, scuola, burocrazia, magistratura, fisco ecc) che da vent’anni promettiamo senza mai metterle in atto
- ridurre quella parte di spesa pubblica improduttiva che serve solo a mantenere privilegi, caste e ruberie varie
Proprio in questo caso sarebbe compito di tutti (politici, giornalisti, intellettuali) discutere e illustrare quelli che sono i problemi veri su cui i cittadini devono decidere e non cullarsi in discussioni vane, utili solo a perdere tempo, creare illusioni e far nascere aspettative inesistenti.
Libertates lo fa, e gli altri?
Angelo Gazzaniga