Non c’è dubbio che a Milano negli ultimi anni siano stati commessi abusi edilizi. Forse non propriamente reati penali, ma comportamenti lesivi degli interessi pubblici e politicamente scorretti senz’altro.
Quando si costruisce senza tener conto della situazione e degli interessi del quartiere; quando si fanno pressioni per far approvare indebitamente un proprio progetto, quando i progetti presentati da un architetto amico passano senza problemi al contrario di quelli presentati da un altro professionista, forse più abile, ma meno ammanicato; quando chi decide l’approvazione dei progetti è una commissione con poteri consultivi anziché i funzionari comunali a ciò deputati; quando gli oneri di urbanizzazione vengono calcolati guardando l’interesse dei costruttori e non della comunità, allora non si può negare che vi siano situazioni non consone ad una gestione corretta della cosa pubblica.
Ma c’è anche un ma: se si vuole avere uno sviluppo quale ha avuto Milano in questi ultimi anni, uno sviluppo che nessun’altra città italiana ha avuto e che l’ha portata ad essere una metropoli a livello europeo, occorre superare tutta una serie di ostacoli burocratici: norme che risalgono agli anni della guerra, complesse, confuse e contradditorie, che richiedono procedure di anni per giungere a termine con infiniti controlli spesso solo formali, contrasti di competenze tra enti e uffici diversi.
E allora chi vuole fare ( e ha interesse a farlo) deve ricorrere a ogni mezzo, corretto o no, per poter procedere, aggirare regole, superare impasse.
Occorre quindi non solo punire chi ha sbagliato e poi continuare come prima, ma fare anche in questo campo quella riforma della burocrazia ormai ineludibile: semplificare norme e competenze, renderle chiare ed efficienti, dare agli uffici competenti maggior potere discrezionale, togliere i vincoli burocratici e formali, colpendo in maniera inesorabile chi se ne approfitta.
Solo così potremmo trarre insegnamenti e stimoli da una brutta vicenda e non accantonarla come un semplice episodio di malaffare.
di Libertates