L’incendio nella discoteca romena: il lato oscuro della piazza

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Ma le manifestazioni si fanno per difendere diritti o per ottenere potere? Il caso Bucarest

Nella notte fra il 30 e il 31 ottobre, a Bucarest, è scoppiato un incendio in un club durante un concerto rock. Il bilancio delle vittime sale, ad oggi, a 47 morti e si contano più di un centinaio di feriti. Un settimana dopo, in seguito alle manifestazioni di strada, nate come dimostrazioni di solidarietà con le vittime e le loro famiglie, il Primo ministro si è dimesso ed insieme a lui il governo. Vengono richieste, inoltre, le dimissioni del presidente della Repubblica e del patriarca della Chiesa Ortodossa Rumena.
Viviamo in una società nella quale, ormai, tutto si può comprare online: generi alimentari, vestiti, elettronica e, ultimamente, anche le rivolte popolari si organizzano sui social network.
Il popolo di facebok, come i suoi aderenti si fanno chiamare, istigato online da persone che si nascondono dietro a vari profili e pagine, è sceso in piazza nella capitale e nelle varie città della Romania e della Diaspora per chiedere le suddette dimissioni. Al di là della forza e dell’energia sproporzionate che sono state impiegate in queste manifestazioni, segno di un generazione delusa, ,,senza santi né eroi”, stupisce che nessuno si sia posto tre domande fondamentali.
Quali sono i veri colpevoli di questa tragedia?
In che modo primo ministro, presidente della Repubblica e Patriarca possono essere ritenuti responsabili dell’accaduto?
E, la più basilare, cui bono? Ovvero: chi trae benefici dai poveri delusi, convinti a urlare a scuarciagola nelle piazze?
Una rivoluzione fatta contro qualcosa o qualcuno, e non per una causa è destinata a fallire, creando solo, per un attimo, un vuoto di potere che sarà riempito da colui che l’ha architettata. Cui bono?….
Cosi, quello che una volta era un esercizio democratico, oggi è diventato strumento di presa di potere. Il tempo mi darà ragione, anche se spero con tutto me stesso di aver torto, ma non dobbiamo perdere di vista l’essenziale, ovvero, che nell’incendio di Colectiv sono morte delle persone, che ci sono delle famiglie in lutto ed è il nostro dovere da cristiani, innanzitutto, stare vicino a loro in preghiera.

Pr. Claudio Cocan

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