In vista di una possibile modifica della legge elettorale si moltiplicano ipotesi e proposte.
Ma poche, o meglio nessuna, propone il maggioritario. Un sistema da sempre proposto la Libertates e che è applicato nella più vecchia democrazia: quella inglese.
Certo, ogni legge elettorale è una specie di quadratura del cerchio: o si privilegia la rappresentatività (al limite con un proporzionale puro) oppure la governabilità e la chiarezza.
E questi sono proprio i pregi del maggioritario: prima si scelgono i candidati attraverso primarie garantite (mezzo per permettere ai cittadini di scegliere nomi e programmi preferiti nell’ambito del proprio partito) e poi “vinca il migliore”.
Il candidato che ottiene il maggior numero di voti va in parlamento e gli altri, gli sconfitti, si preparano all’opposizione e alle prossime elezioni.
Ma il sistema maggioritario ha un altro grosso pregio alla luce del sempre maggiore distacco degli elettori dalla politica: ormai non va a votare neppure la metà dei cittadini.
Infatti con il sistema attuale nessuno di noi cittadini sa per quale candidato ha votato e chi lo rappresenta in parlamento. Si è sciolto il rapporto tra cittadini e deputati che rispondono solo ed esclusivamente al partito (o ancora peggio al leader) che li ha messi in lista e che li obbliga ad una obbedienza cieca, pena l’esclusione dalle prossime liste.
Nel sistema maggioritario invece il cittadino conosce il proprio rappresentante perché lo ha scelto con le primarie e lo ha votato: l’eletto deve rispondere direttamente ai cittadini su cosa ha promesso e su cosa ha mantenuto, pena la mancata elezione al prossimo giro.
Un modo semplice per riavvicinare i cittadini alla politica perché per una democrazia non c’è niente di peggio che la disaffezione e la lontananza dei cittadini dalla gestione della cosa pubblica.
di Angelo Gazzaniga


