KEYNES FA SCACCO MATTO A NORDIO

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“Preferisco avere all’incirca ragione, che precisamente torto”
John Maynard Keynes

Il Guardasigilli Carlo Nordio e il segretario dell’Anm Cesare Parodi rivaleggiano in parità nella Fiera della Vanità senza verità. Non esiste l’accesso alla verità ultima, ma per parafrasare Piero Ostellino “Soltanto il moralista frustrato sogna la città di Dio”.
“Io ho ragione!”, è il grande fallimento dell’Illuminismo. La ragione non è universalmente valida, e questa è una fissazione per chi scrive. A proposito della riforma in atto della giustizia, vorrei fare una riflessione inconsueta. A dispetto di quello che ritiene il “one track mind” Nino Di Matteo, il maggiore avversario dell’Open Society Fund di George Soros, non si può ridurre la Giustizia alla ragione (farlo è un grave errore), anche perché la mafia e l’antimafia rivaleggiano in parità nelle “realtà oggettive” – come Salvatore Baiardo ha ben compreso – e una visione feticistica dell’obbligatorietà dell’azione penale non regge il passo con la realtà. Non solo: se si porta l’assunto dell’art. 112 Costituzione al “punto di equilibrio”, si favorisce il crimine. Mi piacerebbe parlare della questione con il “gius-filosofo” Otello Lupacchini. Soros ha scritto in relazione a questo sfondo – cioè la realtà è ambigua e complessa – a proposito del “sexgate” di Bill Clinton che per poco non costò la presidenza a Clinton, nel suo libro filosofico “La crisi del capitalismo globale”: “… La persecuzione contro il presidente Bill Clinton, e il possibile atto d’accusa nei suoi confronti appaiono, in questo contesto (cioè l’ambiguità delle “realtà oggettive”, ndr), reazioni altrettanto violente nella direzione opposta. Secondo me, sia Clinton sia il procuratore indipendente Kenneth W. Starr sono in torto, salvo che il comportamento di Starr è molto più pericoloso per la Costituzione di quello di Clinton.” E questo è vero anche di Dominique Strauss Khan e la cameriera del Sofitel Nafissitau Diallo, salvo che il comportamento anti-sociale di Nikolas Sarkozy è molto più pericoloso per la Costituzione di quello di DSK.
Un ragionamento tecnicamente identico si applica alla polemica in corso tra Cesare Parodi e Carlo Nordio: il primo non ha “ragione” in senso kantiano – nel respingere il disegno governativo che punta alla separazione delle carriere tra pm e giudici, ma ha qualche ragione – e il secondo non ha ragione tout court, ma la separazione delle carriere va fatta per aggredire la “tirannia dello status quo”. Chi scrive, tenta di ragionare in termini “riflessivi” sulla falsa riga delle fondazioni per la Società Aperta. Ragione non è realtà. Una parola è chiave nella bella analisi di Gian Domenico Caiazza del 18 settembre 2025 per Il Riformista “Separazione delle carriere, il sistema “PM-centrico” che la magistratura non vuole mollare”, con una impostazione simile a quella di Calogero Mannino: realtà. “La complessità del mondo eccede la nostra capacità di comprenderlo”, ha detto Soros. Scrive Caiazza: “L’approvazione in terza lettura della riforma dell’ordinamento giudiziario è ovviamente una buona notizia per chi attende da essa l’allineamento dell’Italia a tutte le più importanti democrazie occidentali. Gli avversari di questa riforma sono abili nel caricarla di significati ideologici che, semplicemente, non le appartengono. Sono piuttosto loro che dovrebbero spiegare ai cittadini la ragione per la quale l’Italia dovrebbe rimanere pressoché l’unico Paese del mondo democratico con un processo penale di tipo accusatorio e un ordinamento giudiziario a reti unificate. Siamo nella mesta compagnia di Romania, Turchia e Bulgaria; perché la Francia ha sì le carriere unificate, ma in perfetta coerenza con il suo sistema processuale di tipo inquisitorio: l’eccezione che conferma la regola.
La cultura inquisitoria
Processo inquisitorio come era il nostro, d’altronde, quando fu scritta la Costituzione, che per conseguenza immaginò le carriere unificate di giudici e pubblici ministeri. Per l’ANM e l’intero fronte del NO, la Costituzione è ferma al 1945, mentre la riforma dell’art. 111 – con l’affermazione del giusto processo, appunto di rito accusatorio – sembra non riguardarli (il “padre putativo” del 111 Cost. è Cesare Previti, ndr). Di qui l’ossessiva ripetizione di un altro sproposito, e cioè che questa riforma sarebbe un “attentato alla Costituzione”; e cioè per la semplice ragione che la magistratura italiana ha subìto la riforma dell’art. 111 come un oltraggio, rispetto al quale operano dunque una vera e propria rimozione freudiana. E perché questo? Ma è molto semplice. La magistratura italiana, in netta prevalenza, coltiva una cultura inquisitoria; quella per la quale la prova si forma nella fase delle indagini, con il solo vaglio da parte di quella figura ibrida che era il giudice istruttore, senza soverchie, fastidiose interlocuzioni del difensore. Chiuse le indagini, il grosso è fatto, mentre al dibattimento è riservato un compito residuale e limitato di verifica del buon lavoro fatto dagli inquirenti.
Un sistema pm-centrico
Non è un certo un caso, d’altronde, che la magistratura italiana sia rappresentata associativamente, culturalmente e mediaticamente dalla figura del PM, non certo da quella del giudice. E’ dunque un solido assetto culturale e di potere, questo “PM-centrico” e non “Giudice-centrico”, che la magistratura italiana – o per meglio dire, la sua rappresentanza politica e associativa – non vuole mollare; ecco perché strepita – mentendo – di attentato all’indipendenza del PM. In realtà, la riforma afferma solennemente l’indipendenza del PM “da ogni altro potere” (art. 104 Cost), e loro lo sanno bene. Ma con questo ossessivo allarme, il fronte del NO mostra in realtà di cogliere ciò che la riforma certamente ha come obiettivo: porre fine a quell’assetto di potere, riequilibrando il peso specifico della magistratura inquirente rispetto al potere (e dunque alla “indipendenza interna”) della magistratura giudicante. Noi non vogliamo altro che il cittadino sia garantito nei suoi diritti da un giudice più forte; da un giudice certamente indipendente dalla politica, non meno però che indipendente dalle Procure della Repubblica.”
Assunto, questo, condiviso anche da Antonio Di Pietro – genio assoluto della comunicazione – in un’analisi magistrale del febbraio 2024 a “Omnibus”; intelligenza e cultura, sia detto di passata, sono due cose diverse. Non è forse vero che l’insabbiamento del report “Mafia-appalti” che è all’origine delle stragi mafiose del 1992- ’93, con connessa mancata celebrazione dello stesso processo, è un effetto collaterale delle “carriere unificate” all’interno dello strapotere dei singoli sostituti, persino più forti del Procuratore capo alla guida degli uffici giudiziari?

Ecco, adesso, le argomentazioni a favore di Parodi e dei suoi “amici” nella critica al comportamento del Guardasigilli, che – sia detto fuori d’ogni polemica pretestuosa – appare francamente “l’uomo senza inconscio”: agito cioè da una spinta idiosincrasica nei confronti degli ex colleghi di Magistratura che sfugge al suo stesso controllo. Sul punto vedi lo splendido numero di Peter Gomez “Fq Millennium” nella primavera del 2023 sullo strano caso di Nordio, un De Gaulle infelice e risucchiato dalla “presunzione fatale” di avere ragione, che pagherà a caro prezzo.
D’altra parte, però, sul caso Almasri qualche “ragione” ce l’ha…
Leggendo il bellissimo articolo per “il Fatto Quotidiano.it”, che chi scrive ha inviato per conoscenza a Raffaella Fanelli su Whatsapp, “Giustizia, i conti Pnrr sono in crisi ma il ministero di Nordio dà il benservito alla dirigente-chiave per la rendicontazione”, a cura di Liana Milella – già confidente di Mario Mori – torna alla mente l’osservazione di Massimo Giannini e Massimo Fini fatta mesi fa: ma a tradire Carlo Nordio è un “inferiority complex” verso gli ex colleghi magistrati?
“Non siamo padroni a casa nostra”, è uno dei più celebri aforismi di Sigmund Freud. Tuttavia – ammesso che si possa parlare di “invidia” nella testa di Nordio –, il comportamento invidioso è un’istanza inconsapevolmente agita in quanto tale. Viene in mente Irving Stone, “Le passioni della mente. Il romanzo di Sigmund Freud”: una ragione in più, Nordio me lo consentirà, per affermare che dobbiamo abbracciare il programma della Open Society, cioè sostituire la Ragione con la Fallibilità in senso radicale.
Leggo nel bell’articolo “Lavoratori precari della giustizia: a rischio la metà dei 100 assunti con il Pnrr” di Raffaele Calcabrina su “Ciociaria editoriale oggi” dell’11 settembre 2025, “La metà dei lavoratori precari della giustizia rischia di andare a casa, appello della Fp Cgil al prefetto, ai presidenti dei tribunali di Frosinone e Cassino, ai sindaci e ai parlamentari eletti in Ciociaria. Per la Funzione pubblica della Cgil la “stabilizzazione del personale Pnrr della giustizia è una battaglia per il futuro del Paese”. Il segretario generale della Fp Cgil Frosinone e Latina Vittorio Simeone spiega: “Tra pochi mesi, la metà delle risorse oggi impegnate nelle cancellerie giudiziarie, grazie ai fondi europei, rischia di uscire dal sistema, con gravi conseguenze sull’efficienza degli uffici.
Parliamo di addetti Upp (i collaboratori dei magistrati, ndr), funzionari tecnici e operatori data entry, figure che hanno reso possibile la riduzione dei tempi dei procedimenti e che rappresentano la vera leva di innovazione introdotta con il Pnrr”.
A livello numerico si tratta di 50 addetti in servizio al tribunale di Frosinone, altrettanti a quello di Cassino più altri 60 a Latina.
“La stabilizzazione di queste professionalità – prosegue Vittorio Simeone – non è una rivendicazione sindacale fine a se stessa, ma un atto di responsabilità verso i cittadini e il sistema giustizia. Senza di loro, torneremmo indietro di anni, vanificando investimenti e risultati”. Simeone parla di una “rivoluzione copernicana che ha posto al centro il magistrato con collaboratori laureati al suo servizio sul modello delle procure e di quelli anglosassone e americano. Parliamo anche di figure tecniche che stanno informatizzando il settore penale”. La Fp Cgil nazionale ha indetto per il 16 settembre 2025 lo sciopero nazionale di tutto il personale Pnrr della giustizia.
L’obiettivo è stabilizzare “tutti i giovani e le giovani assunti nel ministero della Giustizia con i fondi europei. La giustizia è un servizio essenziale per il Paese”… “.

Orbene, come ho già scritto il Pnrr è la saldatura perfetta tra Friedman e Keynes, contenendo l’incubazione della spesa in disavanzo: i due giganti rivaleggiano in parità nella Fiera della Vanità: un po’ di ragione ce l’hanno entrambi; entrambi sono in torto.
Sono costretto obtorto collo ad autocitarmi; nel pezzo “Pnrr senza giustizia, Inps senza Keynes, M come Mussolini”, avevo scritto: “… C’è una bellissima intervista di Paolo Frosina a Marcello Basilico, giudice del lavoro a Genova e membro del Consiglio Superiore della Magistratura per “Area”, per il Fatto Quotidiano. “E’ solo colpa del ministro se falliamo i target Pnrr”: “… Al Fatto denuncia le responsabilità del ministro della Giustizia Carlo Nordio per il ritardo nell’abbattimento della durata dei processi civili, che dovrebbe calare del 40% entro il 30 giugno 2026 per centrare il target del Pnrr. Di fronte al rischio di perdere miliardi di fondi europei, il ministero sta lavorando su una serie di misure d’emergenza suggerite dal Csm, tra cui il rientro in servizio di centinaia di giudici in pensione o i “prestiti” di magistrati da remoto dagli uffici virtuosi a quelli più in difficoltà (è un ingolfamento della macchina, ndr)
“Lei è critico su questo tipo di soluzioni, ma il governo le sta studiando in accordo con il Csm di cui fa parte.”
“Non è un accordo: è il ministero che ha chiesto aiuto al Consiglio, noi abbiamo indicato i possibili interventi. Alcuni di questi obiettivamente stravolgono le regole dei processi: ad esempio, i giudici applicati da remoto interverrebbero solo nella fase di decisione di cause fino a quel momento affidate a un altro magistrato. Sono misure giustificate dall’eccezionalità della situazione, ma che devono essere temporanee.”
“Cosa avrebbe dovuto fare il governo per non ridursi a questo punto?”
“Intanto confermare a suo tempo l’impegno di assumere 16.500 addetti all’Ufficio per il processo, gli ausiliari dei giudici che contribuiscono allo studio dei fascicoli. Il target è stato dimezzato e oggi siamo a soli 8.592 funzionari in servizio, inquadrati con contratti a termine, che si dimettono appena trovano un altro impiego a tempo indeterminato. Dare loro garanzie di stabilità sarebbe servito a trattenerli e motivarli.”… “
“Qualcuno potrebbe dire invece che il Pnrr è a rischio perché i magistrati non lavorano abbastanza.”
“Al contrario, abbiamo fatto uno sforzo enorme. E infatti sono stati già raggiunti tre obiettivi su quattro: l’abbattimento del 95% dell’arretrato civile in primo e in secondo grado e la riduzione del 25% della durata dei processi penali. Manca il quarto: per centrarlo sarebbe bastato adottare in tempo utile le misure di cui ho parlato. Ma in sei mesi è complicato fare ciò che non si è fatto in tre anni.”
Avevo scritto: “Se non si applica la spesa in disavanzo ai Tribunali senza soldi che non è comparsa minimamente all’orizzonte del “one track mind” Nordio, la Giustizia esplode come una bomba atomica… “.
Ma non immaginavo che la situazione fosse così grave: cioè, tanto per esser chiaro, un Guardasigilli che si muove esattamente nella direzione opposta a come dovrebbe agire. Eccone la prova; su “Osservatorio Recovery” del 4 agosto 2025, esce un interessantissimo articolo sempre a firma di Paolo Frosina “Un bonus da 10mila euro per smaltire 50 cause “a cottimo”: ora Nordio offre soldi ai magistrati per non fallire il Pnrr”; sembra proprio di essere nell’instant book di Soros “Per una riforma del capitalismo globale”:

“Fino a cinquecento magistrati volontari “prestati” a distanza ai Tribunali più in difficoltà, per smaltire pacchetti da almeno cinquanta sentenze in nove mesi in aggiunta al livello ordinario. In cambio, un compenso extra di quasi diecimila euro netti (il triplo dello stipendio base di entrata).
Ecco il sistema di giustizia “a cottimo” inaugurato dal governo per velocizzare i tempi dei processi civili, nel tentativo disperato di raggiungere l’obiettivo Pnrr che impone di abbattere del 40%, entro il 30 giugno 2026, la durata media delle cause rispetto al 2019 (portandola da sette a quattro anni circa). Gli ultimi dati resi noti sono sconfortanti: alla fine dell’anno scorso la riduzione era ferma al 20,1%, la metà esatta del necessario. Il rischio di perdere miliardi di fondi europei, quindi, è ormai molto più che concreto. Così, accogliendo i suggerimenti arrivati dal Consiglio Superiore della Magistratura, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha predisposto un decreto legge con una serie di misure d’emergenza per provare in extremis a recuperare il ritardo. La più importante è proprio l’applicazione da remoto dei giudici, un inedito assoluto nel nostro ordinamento… Nel provvedimento, approvato lunedì in Consiglio dei ministri, non è invece entrata un’altra delle soluzioni ipotizzate dal Csm, quella di richiamare in servizio fino a 550 togati in pensione: il governo non ha voluto creare un precedente che avrebbe aperto le porte a rivendicazioni simili da parte di altre categorie di dipendenti pubblici… “. Nordio miope come Gorbaciov; il secondo sbagliò a bocciare il Piano Shatalin, il primo a respingere al mittente la soluzione del Csm.

E’ stato un errore macroscopico del Guardasigilli, non l’unico.
Richiamando in servizio fino a 550 togati in pensione, il governo avrebbe iniziato un provvedimento di “deficit spending” per gli uffici giudiziari, che peraltro la realtà impone.
E dalla realtà non c’è via d’uscita. Con l’errore di Nordio, si rischia di mandare al collasso l’intero funzionamento del sistema giudiziario, invece che cogliere l’opportunità storica di applicare Keynes alla Giustizia (sic!). E infatti, su Il Dubbio, dall’articolo di Giovanni Maria Jacobazzi “Non bastano gli incentivi: le toghe snobbano la task-force anti arretrato”, apprendo un ulteriore elemento per ragionare in termini “post-illuministi”: “… Incentivi economici che, evidentemente, non sono stati sufficienti per convincere le toghe a presentare la domanda. Va detto che la procedura per il reclutamento di questi 500 giudici si è rivelata alquanto farraginosa. Il presidente di tribunale o di corte d’appello “cedente”, ad esempio, deve verificare, prima di dare il via libera, che la produttiva del magistrato applicato non sia inferiore a quella media del suo ufficio…”. La realtà esiste!
E lo Stato deve intervenire, spendendo ciò che non ha! Con il Fondo Sociale Europeo, il problema sarebbe già risolto, senza fare un centesimo di debito (sic!).
Per citare Federico Caffè, “La Storia ha sempre una carta di riserva”.
Stiamo già diventando Fallibili, mentre è iniziata la III guerra.

di Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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