È dai tempi di Einaudi che i veri liberali lo chiedono
Sotto il “renzismo” niente. Un tempo il liberale-liberista Luigi Einaudi, monarchico eletto primo presidente effettivo di questa affannata Repubblica, chiese l’abolizione del valore legale del titolo di studio, proprio per evitare discriminazioni aprioristiche nei pubblici concorsi. Proposta “non ricevuta”, una “Predica Inutile” in un paese che nei pubblici concorsi assegna e nega vantaggi per i trascorsi più opinabili. E’ uno Stato più equino che equo, ma è così. Dopo decenni di vagiti inascoltati, nel 1994, una vita fa, l’abolizione del valore legale dei titoli di studio venne pomposamente rilanciata dal centro-destra. Era tutt’uno con la diminuzione della pressione fiscale. Risultati? Zero. Nel frattempo le Università “fai da te”, complete di succursali, dépendences, gazebo… si moltiplicarono. Non per creare centri di ricerca ma a beneficio di chi ristrutturò edifici storici, rimasti privi di parcheggi, servizi decenti, biblioteche (ormai c’è internet!). Speculazioni di ordinaria amministrazione, da un capo all’altro d’Italia. Come certi aeroporti…
Ora questo governo di buontemponi vorrebbe tarare i titoli rilasciati dalle Università, premiandone alcune e declassandone altre. Su quali basi? Ferve ad hoc il lievito nella màdia del Ministero per la Pubblica Amministrazione. Vedremo che pizza ne verrà fuori. Nell’attesa ricordiamo che la mente migliore del Novecento italiano, Benedetto Croce, non conseguì una laurea né ebbe alcuna cattedra. Però Giolitti lo volle ministro della Pubblica Istruzione. Gettò le basi della Riforma Gentile, che previde solo Università di prima classe, perché lo Stato o c’è o non c’è. Non può esserci l’ Università “per finta”. Ma Gentile morì ammazzato. Da partigiani duri e puri.
La proposta del governo Renzi-Boschi-Madia anticipa il declassamento delle scuole pubbliche di ogni ordine e grado non abbastanza titolate: non per i titoli che dispensano ma per quello degli sponsor (bevande, dolciumi, cozze pelose, care a un Emiliano…).
I titoli di studio avranno valore legale, secondo i paralleli e i meridiani o le tabelle di “istituti” di valutazione che non meritano menzione ma inchieste, come del resto il grosso dei concorsi a cattedra: la cosa “più camorristica e ridicola”, secondo il già citato Luigi Einaudi.
Conclusione? Se non è morto, lo Stato sta morendo. Sentiamo suonare mattarelle a stormo. Lugubri.
Aldo A. Mola