TIM e i disastri del “campione nazionale”

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Quella del “campione nazionale” è un ritornello che si sente spesso quando si parla di grandi aziende che hanno importanza vitale nell’economia.
Però spesso, troppo spesso, in Italia questo concetto, del tutto valido e condivisibile, sottende qualcosa di ben diverso: l’aspirazione ad avere un’unica impresa a controllo statale e, possibilmente, monopolista.
Un’aspirazione, quella dell’impresa monopolista e statalista in cui vengono garantiti costi e prebende al di fuori di ogni legge di mercato e che finisce per essere fonte inesauribile di perdite per tutto lo Stato, cioè per i cittadini tutti.

Un primo esempio potrebbe essere quello di Alitalia: quando si sarebbe potuta vendere a Air France ci fu una levata di scudi per la difesa dell’”italianità” e della necessità di avere un “campione nazionale” nei trasporti aerei. Risultato: vittoria elettorale e consenso unanime pagato con tre fallimenti, decine di miliardi buttati e alla fine una mini compagnia (ITA) che non ha quasi nessun collegamento intercontinentale e meno del 30% dei passeggeri nazionali.

Altro esempio quello del Montepaschi: quando gli olandesi di Abn Ambro si offrirono di entrare nella banca assegnandole il compito di gestire il private equity del gruppo a livello europeo (il che avrebbe significato lo spostamento di tutto il ramo a Siena e la notorietà europea della banca) compatta fu la risposta negativa. Sempre in nome dell’”italianità” e della necessità di rimanere “banca dei territori”: giustificazioni che nascondevano il desiderio di mantenere il controllo da parte della politica e dei potentati locali che si servivano del Banco per le loro esigenze elettorali e di gestione del potere. Risultato: dopo decine di miliardi gettati al vento ci si ritrova con una banca in tali condizioni che nessuno che si è fatto avanti per acquistarla, tranne Unicredit che chiedeva addirittura una decina di miliardi per intervenire.

Sulla stessa strada sembra che si stia avviando ora la Tim: di fronte all’offerta di Kkr si è alzato un fronte compatto che invoca non solo la realizzazione di quella rete unica che già la UE vede non di buon occhio, ma che questa rete unica sia di proprietà e gestione statale per preservare l’”italianità” e l’”interesse nazionale”: riecco il rischio di un carrozzone statale ricco di perdite e sprechi, oggetto di appetiti di politici e lobby varie.

Questo non significa auspicare un mercato selvaggio dove impera la legge del “vinca il migliore”, ove vince il più furbo e, spesso, il più scorretto a scapito dell’interesse di tutti; per noi compito di uno Stato davvero moderno dovrebbe essere quello di porre regole e vincoli nell’interesse della comunità, controllare che queste regole siano rispettate, e punire ogni deviazione da esse e non fare l’imprenditore, meglio se monopolista.
Di esempi catastrofici ne abbiamo avuti, ne cerchiamo di altri?

di Angelo Gazzaniga

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Angelo Gazzaniga
Presidente del Comitato Esecutivo di Libertates. Imprenditore nel campo della stampa e dell’editoria. Da sempre liberale, in lotta per la libertà e contro ogni totalitarismo e integralismo.

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