Meglio lo Shutdown americano che la “stabilita” di Letta

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Persino quando combina pasticci, il sistema politico americano ha parecchio da insegnare all’Europa, e all’Italia in particolare.
Pensate un po’: nelle condizioni peggiori possibili, cioè con un’ala del Congresso (il Senato) a maggioranza repubblicana, fieramente avversa a Obama, presidente democratico, è stato possibile raggiungere un accordo in extremis per impedire lo shutdown. Che, tradotto in italiano, significa una serrata come conseguenza dell’impossibilità di approvare un innalzamento del tetto del debito pubblico. Orrore, disastro, default, fallimento: l’intera economia mondiale, dipendente dagli Usa, ha tremato e paventato nei giorni scorsi una catastrofe. Ma diciamo la verità: era di fatto impossibile che il Tesoro americano si trovasse nell’impossibilità di prendere denaro in prestito e onorare i suoi pagamenti, mandando in tilt l’intero sistema federale. Impossibile, perché ciò avrebbe rappresentato un suicidio politico anzitutto per i senatori repubblicani, che sarebbero stati accusati di affossare l’economia a stelle e strisce; e poi anche per Obama, che si è rifiutato di mettere mano al suo sistema sanitario costoso e poco efficiente (il cosiddetto “Obamacare”) per motivi di principio.
Inevitabile insomma, benché provvisorio, l’accordo.
Ma che cosa insegna a noi tutta la vicenda? Che un sistema presidenziale compiuto, in cui il Capo dello Stato e il Parlamento rappresentano due poteri rigidamente separati (esecutivo e legislativo), è davvero il più aperto e democratico. L’uno e l’altro potere, infatti, difendono anche ferocemente le loro prerogative, senza condizionamenti tattici e ricatti di partito: perché il Presidente non può essere sfiduciato, e i parlamentari (anche quelli del suo partito) sono davvero liberi dal “vincolo di mandato”, cioè liberi di comportarsi secondo coscienza e tenendo conto del mandato affidato loro dagli elettori dei loro collegi.
Inoltre: tutto il dibattito si è svolto intorno ai contenuti, e alla opportunità di conservare o tagliare certi settori della spesa pubblica; mentre le furbizie partitocratiche, gli agguati in aula, le false indiscrezioni, gli accordi sottobanco sono risultati impossibili: tutto si è svolto insomma alla luce del sole. E la posizione più rigidamente ideologica, quella del Tea Party, non ha ottenuto i risultati sperati.
Questo vuol dire una cosa semplice e importante: più i poteri sono separati, ma forti per investitura popolare, più il sistema è libero di funzionare al meglio. In Europa, invece, una simile vicenda sarebbe sfociata quasi certamente in una crisi di governo, con maggioranze trasformiste, piazzate delle opposizioni, rimpasti e severi moniti di Napolitano che tutti si sarebbero affrettati ad applaudire e disattendere.
Per questo i Comitati, e il sito di Libertates, appoggiano una riforma presidenzialista dello Stato sul modello americano.

Gaston Beuk

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Gaston Beuk
Gaston Beuk è lo pseudonimo di un noto giornalista e scrittore dalmata. Si definisce liberale in economia, conservatore nei valori, riformista nel metodo, democratico nei rapporti fra cittadino e politica, federalista nella concezione dello Stato e libertario dal punto di vista dei diritti individuali.

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