Lo scopo dell’attività politica è la felicità dei cittadini. Affinché i cittadini siano felici è necessario che lo Stato sia efficiente e, in uno Stato efficiente, chi governa lavora nell’interesse della collettività.
Ho scritto questa premessa consapevole di affermare qualcosa di molto lontano dalla realtà in cui vivo, ma proprio per questo ritengo di aver raggiunto il mio obiettivo: dimostrare che la politica italiana è un’aberrazione. Tuttavia, anche noi cittadini, siamo corresponsabili di questa anomalia. Sì, perché avalliamo attraverso il voto la situazione in cui siamo invischiati. Avremmo tutto il diritto di pretendere di più dal momento che la scelta di chi ci governerà è nelle nostre mani. Per esempio, a me non piace pensare di dover scegliere tra un gruppo di privilegiati, quale di essi vivrà agiatamente a mie spese, fregandosene della mia felicità. A me non piace pensare di accordare la mia preferenza ad un tizio che grazie al fatto che io conduca una vita in salita, si assicuri un’esistenza così serena da non riuscire neppure ad immaginare quali possano essere i miei problemi quotidiani e, di conseguenza, è insensibile ad essi e non si preoccupa di risolverli. A me non sta bene che il sindaco di una città italiana, il quale riceve uno stipendio per ricoprire tale carica, metta da parte le responsabilità che competono ad un sindaco, andandosene in giro in camper perché ha subodorato che, così facendo, potrebbe aggiudicarsi l’agognato “avanzamento di carriera”. Adesso, non è che ce l’abbia proprio con Renzi, ma l’ho citato perché il suo è un comportamento emblematico. E lui potrà rassicurarci: “Credetemi, riesco a fare tutto, non è abbia trascurato la mia città per diventare Primo Ministro!” Ma io, che per far tutto nel mio piccolo avrei bisogno di giornate di 48 ore, non posso dare per buona un’affermazione del genere.
Nella mia Repubblica ideale, il politico è un cittadino incensurato che si senta onorato di lavorare per una società migliore, che lo faccia per un periodo di tempo limitato, ricevendo una (e solo una) retribuzione ragionevole e che, al termine del mandato ritorni a fare il suo mestiere (il geometra, l’impiegato, l’avvocato, il professore), senza beneficiare di privilegi aggiuntivi. Buon Dio, non ci vuole molto a capire che se conquistare una determinata posizione significa arricchire, farai di tutto per arrivarci e metterai da parte tutte le eventuali altre motivazioni!. E a che condizioni poi! Non importa quale risultato tu riesca a conseguire, comunque avrai accesso ad un mondo di ricchezza, privilegi e comodità, indipendentemente dai tuoi meriti e dalla qualità del tuo operato, dal fatto che tu sia un mariuolo o una persona onesta. È un gigantesco calderone delle meraviglie da cui non si esce più.
Quando ci sono di mezzo simili interessi, a chi volete che importi la felicità dei cittadini? Ma noi, noi che siamo chiamati a decidere, possiamo opporci a questo stato di cose, possiamo chiedere che vengano messi dei paletti ed aboliti i privilegi. Basterebbe ridare ai cittadini il diritto di scegliere i propri candidati, votare chi presenta il programma migliore, giudicare i propri rappresentati alla fine del mandato. Come ottenere questo? Attraverso un sistema maggioritario uninominale con primarie obbligatorie e garantite (vedi il libro della Bibliotheca Albatros “Maledetta proporzionale”). In questo modo, si limiterebbero i furti e gli sprechi e non dovremmo pagare di tasca nostra il costo di tanta inefficienza. Noi Comitati per le Libertà possiamo chiedere che vengano rimescolate le carte in tavola e che la politica ritorni ad essere una cosa seria.
Anna Rita Chitera