IL BUCO NERO DEGLI ENTI LOCALI

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Una spending review a costo zero e con tanti benefici

La Corte dei Conti ha certificato anche quest’anno la malagestione degli enti locali.
Infatti da anni ormai esiste un’ente statale, la Consip, delegata a fungere da centrale d’acquisto per tutti gli enti pubblici: in questo modo, è evidente, si possono ottenere economie di scala notevoli e contratti più favorevoli, specie per i prodotti di più largo consumo.
Ebbene qual è il risultato? Su 95 miliardi che vengono spesi in acquisto di beni dagli enti pubblici solo una piccola parte (una decina di miliardi) passa attraverso la Consip. Il resto continua a essere acquistato in modo autonomo e spesso addirittura con trattativa privata.
Leggi e decreti che lo prescrivono restano lettera morta: molti centri di spesa le ignorano, molti altri (la maggior parte) non comunica neppure quanto viene speso.
Un calcolo, approssimato per difetto, indica tra i tre e quattro miliardi il risparmio che si potrebbe ottenere in questo modo: e va notato che si tratterebbe di un risparmio strutturale, cioè che si ripeterebbe ogni anno.
Un’operazione che non danneggerebbe né i cittadini (i beni acquistati sarebbero gli stessi), né gli enti (che risparmierebbero tempi e costi di ricerche di mercato); danneggerebbe esclusivamente, è evidente, quel sottobosco grigio che prospera proprio grazie a questi affari.
Come porre rimedio a tutto questo? Non certo dilatando la burocrazia dedicata al controllo di questi acquisti, come si chiede da più parti: i centri di spesa in Italia sono circa 35000! Ci immaginiamo quanto personale sarebbe necessario per controllare davvero il tutto?
Sarebbe perciò necessario ridurre drasticamente il numero dei centri di spesa (cioè degli enti che hanno possibilità di fare acquisti in autonomia): in Germania, Paese più grande del nostro, essi sono circa 7000, cinque volte meno! Quindi una drastica riduzione porterebbe a una ben diversa possibilità di controllo.
Anche questa sarebbe una riforma a costo zero; forse per questo ancora più difficile?

di Angelo Gazzaniga