Essere come tutti? Caro Piccolo, grazie no

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Così il premio Strega esalta la mediocrità

Francesco Piccolo ha vinto – meritatamente secondo gran parte della critica – il Premio Strega 2014 con l’opera “Il desiderio di essere come tutti” (Einaudi). Piccolo è notoriamente uno dei maggiori scrittori italiani. Il libro è originale ed è notevole la capacità di sovrapporre la vicenda personale a quelle storiche. Storia orgogliosamente comunista.
Ciò che colpisce è quel TUTTI sulla copertina. Scritto in maiuscolo, così grande che la prima parte del titolo (Il desiderio di essere come) quasi scompare. Conosciamo bene l’importanza dei titoli nella vendita di un libro. E questo titolo è ottimo. Positivo, pieno di energia. Sappiamo anche che i cosiddetti “lettori forti” hanno prevalentemente una connotazione politica di sinistra. Quel “tutti” ricorda il concetto di uguaglianza.
Cionondimeno elude il principio di verosimiglianza, che pure è relativo in un romanzo, a differenza per esempio del rispetto della grammatica,. Verosimile è la frase: “In quella classe tutti gli alunni sono stati sottoposti a profilassi”. Difficilmente verosimile “essere come tutti”. Ciò perché l’uomo, antropologicamente, economicamente e storicamente, è un individuo irripetibile e unico.
Personalmente, quando qualcuno esprime un’idea propria di “tutti”, mi sento prevaricato nella mia individualità. Come sai che cosa penso? Puoi equiparare il mio pensiero a quello di altri? D’altra parte evito di parlare in nome degli altri – a meno di essere autorizzato. Ciò perché rispetto la libertà e gli individui che la pensano diversamente. In ultima istanza parlare per tutti significa sminuire le persone, che nella loro maggioranza sanno di essere singoli individui.
Il titolo di questo libro riflette un modo di pensare che, prendendo spunto dal linguaggio dell’antropologia, si potrebbe definire “disordinato, incerto e sentimentale”. Dall’altra parte è sorprendente come questo sentimentalismo a tutti i costi ignori altri aspetti. Piccolo cita la DDR, il regime che raggiunse i livelli più alti nella caratteristica maggiormente vile del comunismo: la delazione. Come conciliare la prassi della delazione col “tutti”? L’insieme basato sull’ipocrisia?
Questa produzione di libri – ma anche di testi di canzoni- che ammicca a tale noi indifferenziato, è legittima perché ha una finalità giustamente commerciale. Tuttavia scalfisce nelle convinzioni delle persone i giusti, l’importanza e il ruolo dell’individuo. Quest’ultimo è il protagonista del successo della democrazia. In più ambiti. A livello di benessere del singolo e della collettività.
Il rischio è abbassare pericolosamente l’asticella del merito e determinare una società classista. Si pensi alla scuola italiana, alle riforme che hanno ridotto la difficoltà e la severità. La cosiddetta Prima Repubblica (che pure ha lasciato macerie, ma questo è un altro discorso) è stata fatta da politici, molto spesso figli di gente comune. Erano bravissimi, la scuola da loro esigeva moltissimo, così hanno spesso raggiunto e superato la preparazione dei cosiddetti borghesi. Oggi se la scuola chiede poco, i figli di gente comune difficilmente conseguiranno la bravura di coloro che hanno una famiglia istruita alle spalle.
C’è questo grandissimo equivoco in una certa cultura italiana di sinistra, che sa bene che cosa sia la fama (e i suoi meccanismi e privilegi), ma ignora una cosa fondamentale. Gli antichi greci, che hanno concepito la democrazia, erano dei grandissimi individualisti perché conoscevano perfettamente che essa è fondata sulla libertà e l’affermazione dell’individuo. Achille preferisce avere una vita breve e gloriosa piuttosto che lunga e oscura.

Ernesto Vergani

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