Napolitano, il Csm e la casta dei magistrati

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Possiamo chiedere tanto a Napolitano, ma non che si comporti come un primus super partes del CSM, divenendo così facile bersaglio della corporazione dei magistrati

C’è un fantasma che si aggira per l’Italia: il feticismo dell’obbligatorietà divinatoria dell’azione penale, una sorta di tirannia mentale dello status quo per cui l’art.112 della Costituzione eleva a paradigma costituzionale lo status di “untouchable”-intoccabile-del pm.
Come diceva Victor Hugo, “il diavolo si nasconde nei dettagli”.
E nei dettagli si nascondono le iperboli giuridiche del professor Bruno Tinti, ex sostituto procuratore aggiunto di Torino che ha un sogno nel cassetto: che il Capo dello Stato Giorgio Napolitano diventi il “legibus solutus” del Consiglio Superiore della Magistratura, per avere il “bersaglio perfetto” da colpire (l’eterna fissazione dell’intellighencia di sinistra gramsciana e togliattiana), e portare avanti con la penna -finora- il fascismo di sinistra all’assalto delle istituzioni democratiche repubblicane. Valga il vero. Scrive Tinti sul Fatto Quotidiano, house organ dell’attivismo procuratorio portato sino alle sue estreme conseguenze-la rivendicata “overdose di Montesquieu” che giustifica ideologicamente la chiamata alle armi del corporativismo togato versus “la responsabilità civile dei magistrati”:“Il vicepresidente del Csm Vietti (il presidente è, lo dice la Costituzione, il presidente della Repubblica) interviene nel dibattito:“Sappiate che Napolitano mi ha inviato una lettera in cui mi ricorda che nel 2006 c’è stata una riforma dell’Ordinamento giudiziario a seguito della quale le prerogative e i poteri del Procuratore capo sono stati ampliati. Ora egli è gerarchicamente sovraordinato ad Aggiunti e Sostituti. Non vi dico di più perché la lettera è riservata. Sconcerto tra i componenti del Csm…”:è la corporazione, bellezza!
Con presunzione narcisistica di auto-governo, essi hanno esclamato: “Noi conosciamo benissimo l’ordinamento giudiziario, la riforma del 2006 e quali sono i poteri dei Procuratori…Perché (Napolitano, ndr) non viene qui, non ci legge per intero la lettera, consentendoci di conoscere le preziose opinioni dell’illustre presidente?”.
E’ stata data però una motivazione granitica alla scelta compiuta dal Presidente Napolitano, nonché al suo stesso obbligo costituzionalmente prescrittogli dalla mera osservanza della Carta di dover respingere “obtorto collo” l’istanza di azione disciplinare proposta contro il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano Bruti. Aveva un’alternativa, come suggerisce con la consueta perentorietà il battagliero Bruno Tinti nel suo “battage mediatico” versus il Quirinale? Sì, apprezzare favorevolmente la suddetta istanza di azione disciplinare intralciando il principio di esecutività della nuova riforma dell’Ordinamento giudiziario “a seguito della quale le prerogative e i poteri del Procuratore capo sono stati ampliati” in un’ottica-purtroppo-di iper-gerarchizzazione dello stesso. Tutto vero, per carità, riforma pessima, bisogna dirlo, anticostituzionale e financo dall’ispirazione vagamente gelliana. Tuttavia il Presidente Napolitano non può trasformarsi, come vorrebbero Tinti e company, in un “primus super pares” del Csm che non fa entrare effettivamente in vigore il nuovo ordinamento giudiziario licenziato dal Parlamento sovrano, soprattutto alla luce del “non intervento” della Corte Costituzionale che non ne ha rilevato la manifesta incostituzionalità. Anche perché sarebbe un precedente pericoloso.

Alex Bush

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