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Il sovranismo: un politica pericolosa per l’Italia

È il sogno, neppure tanto velato, di Salvini: essere il leader di una coalizione sovranista destinata a diventare asse portante della politica europea.
Ma c’è, e lo vediamo già da ora, una contraddizione in termini: essere sovranisti significa anteporre gli interessi del proprio Paese a quelli degli altri o a quelli di un’entità sovranazionale quale l’Europa, agire con il “sacro egoismo” degli interessi particolari e settoriali; ma questi interessi sono necessariamente divergenti e spesso in contrasto tra Stato e Stato.
Portiamo ad esempio alcuni dei temi preferiti dai sovranisti italiani:

  • il tema migranti. Molti Paesi europei (tra cui soprattutto gli altri sovranisti) adottano la linea dura del respingimento tout court alle loro frontiere; resteranno quindi in carico ai Paesi di arrivo che, necessariamente, saranno quelli della frontiera sud: Italia, Grecia e Spagna. Con buona pace dell’amicizia tra Salvini e Orban
  • il tema economia. La speranza, neppure tanto velata, è quella di avere per l’Italia un trattamento ben diverso (nel senso più favorevole) una volta conquistato il potere a Bruxelles. Ma sono proprio i Paesi più vicini ai nostri sovranisti ad essere i più accaniti nell’accusare l’Italia di essere lo scandalo dell’Europa, la nazione cicala che spende e fa debiti senza alcun freno. Basti vedere quali Paesi hanno invocato la procedura d’infrazione (Austria e Olanda) e quali partiti hanno come programma il più rigido controllo degli sforamenti di bilancio (l’Afd tedesco)
  • il tema banche. L’Italia vorrebbe la costituzione di un fondo comune europeo per intervenire in caso di crisi bancarie. Quali sono i Paesi che respingono con maggior fermezza l’idea, sostenendo che non vogliono che i loro risparmi vengano messi a rischio? I Paesi dell’Est e (more solito) Austria e Ungheria.

Temiamo che sia una politica senza sbocchi che ci porterà a essere non un membro importante di una potenza economica mondiale, ma uno dei polli di Renzo che si beccavano mentre venivano portati al mercato. Fuor di metafora, un Paese senza alcun peso internazionale che litiga con i vicini e finisce inevitabilmente ad appoggiarsi a un Putin qualunque, o peggio ai cinesi, pur di ottenere un aiuto, tanto più per un Paese come l’Italia che è uno dei principali mercati di trasformazione e che vive di esportazione.

Questo non significa che si debba accettare una UE così com’è adesso, ma che occorrerebbe un serio approfondimento su quelle che sono i possibili scenari futuri per un Paese come l’Italia tendenzialmente fragile e collocato in una posizione geografica difficile. Altrimenti rischiamo di anteporre, ancora una volta, gli interessi elettorali di un partito agli interessi di una nazione tutta; o peggio di fare come i nazionalisti del XX secolo che, a furia di proclamare l’interesse della nazione come interesse assoluto, ci hanno precipitato nella guerra mondiale del 1914-18, che ha segnato il principio della fine dell’Europa

<em>di Angelo Gazzaniga</em>

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