Migrazioni di massa: le ragioni di chi vive a Est

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del gaudio
Le motivazioni del rifiuto all’accoglienza dei profughi da parte dei Paesi dell’Est Europa visto e spiegato da uno di questi Paesi

Sulla via di Kiev alcune compagnie aree costringono a soffermarsi, per ragioni logistiche, a Budapest. Due capitali, per certi versi, paesaggisticamente simili, due mondi separati dalla cortina di ferro America-Europa-Russia e con problemi completamente diversi.
Mentre la zona della stazione Keleti era “occupata” dai rifugiati siriani, mi sono intrattenuto a discorrere con un professore dell’università di Budapest. Ebbene, sembra proprio che la tratteggiatura proposta dai media italiani circa la non-volontà di accogliere i siriani corrisponda al vero.
L’esimio professore, anche senza sbilanciarsi eccessivamente sulla questione, mi ha dato ad intendere che condivide il fatto che “sia la Germania a farsene carico”. Non si è però dimostrato particolarmente avverso al transito attraverso il territorio ungherese.
Sorge dunque l’interrogativo: perché l’Ungheria erige muri contro gli esodi? Perché i paesi dell’Europa centro-orientale sono contrari a questi esodi di massa?
Il fatto che l’Ungheria e, più in generale, i paesi dell’ex blocco socialista temono di accogliere i migranti è legato, secondo il nostro modesto parere, a una serie di concause.
In realtà la prima motivazione è la coesistenza di due Europe:l’una “progressista” e del politicamente corretto a tutti i costi in cui ogni forma di valore tradizionale appare come un disvalore aggiunto; l’altra, invece, ricomposta come un puzzle ad hoc, per soddisfare in primo istanza, la lungimiranza geo-politica e militare di chi ci governa da oltreoceano, unita alle legittime ambizioni interne di crescita economica ed affrancamento dalla sfera di influenza russa, conserva una caratterizzazione sociale per certi aspetti più tradizionale e legata a schemi tipici del novecento.
Tralasciando il fatto fondamentale che l’errore sia stato commesso a monte dell’allargamento europeo in un agglomerato di stati e nazioni con gravi disparità di maturità storico-sociale e politica, la mancanza di una costituzione paneuropea precedentemente approvata dall’originale nucleo dei dodici, nella quale si sarebbe dovuto tutelare il ruolo politico-culturale (e linguistico!) dei paesi fondatori tra cui l’Italia, alcuni timori espressi dai cosiddetti paesi dell’est nei confronti degli esodi di massa sono comprensibili.
Bisogna innanzitutto considerare che il tenore di vita del cittadino medio ungherese, slovacco, ceco, polacco ecc., rimane a tutt’oggi nettamente inferiore a quello dell’europeo occidentale medio. Anche se alcuni strati della popolazione hanno raggiunto da qualche decennio un certo benessere sociale e non esistono disparità vistose come in Russia e in Ucraina tra oligarcato e gente comune. Ciononostante Bruxelles è vista come fonte a cui possibilmente attingere per migliorare lo stato sociale interno. Insomma una sorta di limone da spremere. Questo vale attualmente per l’Ungheria di Orban ma non solo!
A questo quadro d’insieme si aggiungono timori e paure del diverso, dell’altro, del mussulmano! Paure ancestrali ricorrenti finanche in stereotipi storico-letterari, alcuni dei quali sorti in conseguenza dell’espansione ottomana nel continente europeo. Eppure tali angosce sono giustificabili da una costante incertezza dell’ordine mondiale, su cui incombono minacce intraeuropee di terrorismo efferato (Parigi) e la fiacchezza dell’Europa nel fronteggiare l’avanzata di uno pseudo-califfato islamico (ISIS) che distrugge ogni traccia di civiltà precedenti e, per molti aspetti, mentalmente molto più avanzate del credo che essi impongono con la forza della propaganda delle teste che cadono. Se a questo si associa lo stato precario di diversi strati delle popolazioni: pensionati, laureati disoccupati, operai precari assillati da una concorrenza di manodopera a un costo ancor più infimo, allora si comincia a comprendere il senso profondo di certe decisioni che intendono arginare intere masse in fuga.
Forse la preoccupazione espressa dal governo polacco, condivisa anche da un largo strato dell’opinione pubblica ucraina, che questi esodi di massa da Africa, Asia e vicino oriente si possano tramutare in un “cavallo di Troia” con il crollo definitiva dell’idea che si ha ancora oggi di Europa, considerata come sistema culturale e di valori, a qualcuno pare eccessiva, infondata o addirittura anacronistica; eppure le premonizioni cassandriane danno adito a dubbi nella parte di popolazione pensante e affezionata allo status quo!
Per motivi simili a quello appena espresso, una larga fetta della società italiana condivide gli stessi timori. I politici al governo agirebbero in maniera saggia se ascoltassero con più attenzione i disagi degli italiani derivati dalle migrazioni di massa. Un conto è il senso sacro dell’ospitalità allo straniero, l’aiuto e l’integrazione di alcuni gruppi di rifugiati, fossero anche migranti economici; tutt’altra cosa sono gli esodi di massa!
Sarebbe giunta l’ora di bandire le chiacchiere e i dibattiti sterili di cui si nutrono tutti le reti televisive principali e proporre soluzioni pratiche che non si limitino semplicemente alla ripartizione per quote nei vari stati membri dell’Unione.
Fermo restando il fatto che l’aiuto umanitario e di ACCOGLIENZA TEMPORANEA (con permessi altrettanto temporanei) a chi è veramente in difficoltà, così come nel caso dei siriani che scappano da una situazione bellica prolungata, è un atto doveroso, l’Europa deve avere il coraggio di trasmettere un messaggio chiaro: “L’Europa non può e non deve accogliere in maniera indiscriminata tutti i clandestini, in particolare i cosiddetti ‘migranti economici’ e tutti gli uomini che anziché di fronteggiare e difendere la propria patria dall’avanzata dell’ISIS sono alla disperata ricerca di un reddito di cittadinanza e uno status sociale o, welfare che dir si voglia, tedesco o scandinavo a cui molti altri europei non hanno diritto.
La situazione è seria. Né va delle stesse radici culturali e identitarie del vecchio continente – preoccupazione sovente espressa da numerosi politologi, storici e sociologi di rilievo internazionale.
Chi nella globalizzazione accelerata e sregolata vede il futuro ordine mondiale delle cose, stante la nostra visione del mondo attuale, erra in modo eclatante.

Salvatore Del Gaudio

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