Libertà o “Dea ragione”? Francia e Italia vicine e lontane

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Mola

“Per Albatros Aldo Mola affronta il tema del rapporto tra libertà e ragione: tra Italia e Francia così vicine e così lontane”.


L’Italia ha avuto e ha tanti guai. Però non ha mai vissuto, se non di riflesso, la tragedia delle guerre di religione che per secoli hanno devastato tanti altri paesi. L’antico retaggio pagano, completo di culto delle immagini, l’ha tenuta al riparo dagli eccessi. E’ una terra di fazioni (guelfi e ghibellini, guelfi bianchi e guelfi neri, schermaglie di quartiere, risse eterodirette spacciate per “guerre civili”), ma non da “guerre di religione”, perché (lo scrisse Machiavelli) proprio dai preti gli italiani vennero vaccinati, divenendo: “sanza religione e cattivi”. Refrattari al sublime e all’abissale, tra Inferno e Paradiso l’italico preferisce il Purgatorio. Al di là delle Alpi è diverso. Mai come in queste settimane balzano evidenti le differenze profonde tra la via italiana alla libertà e quella francese alla religione di Stato. Là, infatti, il ministro dell’Istruzione Vincent Peillon affigge nelle scuole i “precetti” della devozione alla “repubblica indivisibile, laica, democratica e sociale”. Al di qua, invece, Eugenio Scalfari, uno dei capiscuola del laicismo cisalpino, va orgoglioso dell’attenzione riservata da Papa Francesco ai suoi interrogativi su fede e ragione, incipit di una celebre enciclica di papa Giovanni Paolo II. Lo segue a ruota Umberto Veronesi. In Italia anche molti atei, spesso ex chierichetti, amano predicare e ascoltare sermoni. Ma il piacere di “stare in pace”, cioè la vera libertà di coscienza, è meglio tutelato in Francia, già “nazione primogenita della chiesa”, o al di qua delle Alpi? Le distanze tra i due paesi sono davvero grandi. La terra di Clodoveo, Carlo Magno, Napoleone (che si autoincoronò, sì, ma volle che alla cerimonia presenziasse papa Pio VII) è anche quella delle feroci guerre tra cattolici e ugonotti, della sanguinosa Notte di San Bartolomeo, degli orrori del Cinque-Seicento. In quello stesso secolo in Italia la Riforma cattolica venne invece corroborata da ordini ecclesiastici antichi e nuovi impegnati nel “sociale”: accanto a cappuccini e frati minori, dilagarono Filippini, Teatini, Calasanziani, o Scolopi, alla cui scuola crebbero i massoni Giosue Carducci e Giovanni Pascoli. Lo documenta Fabio Flego in “Cecco Frate”. Poeta, letterato e filologo, amico di Carducci (Ed. Brigata del Leoncino). Tre anni dopo la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789) la Rivoluzione francese partorì il culto della Dea Ragione e il mezzo milione di morti nella guerra franco-francese in Vandea, a Marsiglia, a Lione. Ghigliottinò Luigi XVI e Maria Antonietta ed eliminò il principe ereditario, ma poi si rifugiò sotto il manto di Napoleone I. Più pacata, tra il 1848 e il 1870 l’ Italia affermò l’uguaglianza dei cittadini a prescindere dalla confessione religiosa. Eliminò il potere temporale dei Papi e le ingerenze del clero nel diritto pubblico ma non scese la china di leggi antireligiose. Il termine “laico” (un francesismo offensivo, perché che significa “ignorante di cose sacre”) rimase estraneo ai lessico dei liberali italiani, che non pretesero mai di imporre una dottrina di Stato come surrogato dei vangeli. Preferirono la tolleranza ai fideismo.
In La Santa Sede e il fascismo in conflitto per l’Azione Cattolica (Libreria Editrice Vaticana, eccellente finalista al Premio Acqui Storia 2013) il teologo Piero Pennacchini documenta il duro scontro tra Mussolini e Pio XI per l’egemonia sulla formazione dei giovani: da un canto il regime voleva il pieno controllo del cittadino (Figlio della Lupa, Balilla, Avanguardista, Giovane del Littorio…); dall’altra l’Azione Cattolica rivendicava il monopolio delle anime (fiamme bianche, verdi, rosse ma in sacrestia). Mussolini, mai dimentico di aver scritto in carcere la biografia di “Hus il veridico”, dopo il Concordato dovette arginare la Chiesa, che mirava a recuperare il terreno perso nell’età da Cavour a Giolitti. Al Federale di Cuneo del Partito nazionale fascista, Attilio Bonino, già militante nel partito popolare, Mussolini confidò: “Quando il prete dice delle messe o fa delle processioni, noi fascisti siamo con lui. Ma quando il prete esorbita dal suo ministero e vuole distribuire tessere, il Fascismo farà applicare i poteri di polizia in materia di associazione”: come contro la Massoneria. Non era lontano da Giovanni Gentile, stratega dell’Enciclopedia Italiana, monumento insuperato, e dallo stesso Benedetto Croce, che lo rese più gradito al Vaticano votando contro i Patti Lateranensi.
Quando nel 1905 la Francia soffocò le Congregazioni cattoliche, circa centomila suoi membri migrarono e l’Italia ne venne invasa. Il Grande Oriente di Francia abolì il Grande Architetto e adottò il busto di Marianna. La Francia aveva alle spalle l’affaire Dreyfus. Crebbe per “pilastri” separati e sconnessi: tardo-ugonotti, socialisti, ebrei, clericali. Oggi sta anche peggio. In Italia invece, caso unico nel mondo, nel 1908 il pastore protestante Saverio Fera creò la Gran Loggia proprio per affermare la piena libertà “di coscienza”, comprendente anche quella di “credere”, nell’ambito della legge comune. Perciò l’Italia non sente bisogno di andare a lezione da Vincent Peillon. Gli bastano i suoi filosofi (anzitutto i martirizzati, perseguitati o “messi all’indice” dalla chiesa di Roma, come Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Giambattista Vico, Pietro Giannone…). Non confonde l’editto di tolleranza di Costantino, con quello di Teodosio, che impose l’obbligo della confessione cristiana, dopo la rimozione dell’Altare della Vittoria dall’Aula del Senato: presagio di sventura. Con quasi 850 “religioni” o “culti” o “credenze”, con annesse costumanze, l’Italia odierna è in pace con se stessa, politeista di ritorno. Giunone e Venere vi precedono di molte lunghezze Atena. Perciò, mentre urge la riforma della Costituzione, non ha alcuna ansia di un “catechismo di Stato”.

Aldo A. Mola

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Aldo Mola
Aldo Alessandro Mola (Cuneo, 1943) dal 1967 ha pubblicato saggi e volumi sulla storia del Partito d'Azione e di Giustizia e Libertà, della massoneria e della monarchia in Italia. Direttore del Centro Giovanni Giolitti (Dronero- Cavour) ha coordinato Il Parlamento italiano, 1861-1994 ( Nuova Cei, 24 voll.). Il suo Giolitti, lo statista della Nuova Italia è nei “Classici della Storia Mondadori”. Tra le opere recenti, Italia, un paese speciale (4 voll.)

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