L’autocritica del si

cofrancesco
Sarebbe bastato poco per avere un referendum davvero benfatto, invece così…

Mi considero un “vinto del 4 dicembre” e non chiedo sconti di pena. Però occorre riconoscere lucidamente gli errori commessi da Renzi, a cominciare dalla rottura del Patto del Nazareno -giustificata  dalla assurda illusione di recuperare la  sinistra PD ,cattolica e postcomunista, facendo l’asso pigliatutto con le tre più alte cariche dello Stato (Montecitorio, Palazzo Madama, Quirinale) –per finire ai pasticciati punti referendari.
Per me ,sarebbero bastate la soppressione del Titolo V, una vergogna per quanti conservano ancora nel loro cuore i valori del Risorgimento e dell’unità nazionale, come prima pietra per smantellare quella cosa assurda che sono le regioni italiane (semenzai di corruzione e di sperpero di denaro pubblico) e la fine del  bicameralismo perfetto, per indurmi a votare sì. E’ stato un errore gravissimo non aver scorporato i quesiti referendari e, oltre tutto, il voto en bloc  non m’è parso rispettoso per il cittadino che democraticamente vuole sapere per cosa vota e non firmare assegni in bianco sulla scheda elettorale.(Lanchester e Onida su questo punto avevano ragione e Dio solo sa quanto mi dispiaccia dover dare ragione a…Valerio Onida!)
L’incubo di ritrovarci nella palude più fetida, con la vittoria del no, è stato il motivo principale che mi ha fatto aderire al Manifesto Pera-Urbani. L’Italia di Grillo, di Salvini, di La Russa,  di Rodotà, di Zagrebelsky, della sinistra PD, di Sel,  dell’Anpi, della Camusso, di ‘MicroMega’ e del ‘Fatto quotidiano’ è il peggio del peggio che ci potesse capitare ma se vogliamo liberarcene e ricominciare da capo dobbiamo ripartire da una diagnosi lucida e realistica che non faccia sconti a nessuno. Neppure a noi…

di Dino Cofrancesco

Sull'Autore

Dino Cofrancesco è uno dei più importanti intellettuali italiani nel campo della storia delle dottrine politiche e della filosofia. E' autore di innumerevoli saggi e tra i fondatori dei Comitati per le Libertà. Allergico all'ideologia dell'impegno, agli "intellettuali militanti", ai profeti e ai salvatori del mondo, ai mistici dell'antifascismo e dell'anticomunismo, ha sempre visto nel "lavoro intellettuale" una professione come un'altra, da esercitarsi con umiltà e, nella misura del possibile, "senza prendere partito". Per questo continua, oggi più che mai, a ritenere Raymond Aron, Isaiah Berlin e Max Weber gli autori più formativi del '900; per questo, al tempo dell'Intervista sul fascismo di Renzo De Felice, si schierò, senza esitazione, dalla parte della storiografia revisionista, senza timore di venir accusato di filofascismo.

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