La verità sulla Pirelli ai cinesi

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angelo
Pirelli: un’altra storia di “capitalismo all’italiana”

La storia pluricentenaria della Pirelli è una storia tipica di capitalismo all’italiana.
Nata nell’800 a Milano per iniziativa di uno dei grandi esponenti della borghesia illuminata lombarda si è sempre più sviluppata nel campo dei prodotti in gomma.
Nel secondo dopoguerra dopo aver fallito la fusione con la Dunlop e l’incorporazione della Continental (fallite ambedue perché la famiglia, secondo uno degli schemi tipici degli imprenditori italiani non voleva lasciare il controllo assoluto della ditta) la Pirelli è stata guidata da Tronchetti Provera per ben 25 anni.
Tipico esponente di quel capitalismo “all’italiana” fatto di rapporti familiari (è arrivato al comando dopo aver sposato la figlia di Leopoldo Pirelli), di intrecci tra i soliti “salotti buoni” intessuti di partecipazioni incrociate e di sindacati di controllo (non c’è “salotto buono” in cui non sia presente), di controllo societario realizzato mediante la solita cascata di società finanziarie (le cosiddette “scatole cinesi” che permettono di controllare la società pur possedendone solo il 6% delle azioni) in tutti questi anni ha fatto si che la Pirelli:

  • dismettesse tutte le produzioni diverse in gomma che l’avevano resa famosa
  • vendesse la divisione cavi (poi diventata come Prysmian leader mondiale del settore)
  • affrontasse una perdita di 3 miliardi di euro dovuta all’avventura in Telecom
  • si caricasse delle perdite di tutta una serie di società della Camfin (la finanziaria di famiglia)

Ora l’atto finale: lo scorporo della divisione pneumatici pesanti e la cessione dl resto ai cinesi con una domanda: perché non si è andati sul mercato e si è conclusa una trattativa diretta e triangolare tra italiani russi e cinesi?

L’affermare che comunque la direzione e il settore ricerca restano in Italia non significa poi molto: i cinesi manterranno Pirelli italiana finché l’essere un’azienda italiana avrà un riflesso positivo sull’immagine, poi si comporteranno come tutti i proprietari di azienda: la collocheranno ove sarà più conveniente per loro: non saranno certo dei patti parasociali a fermarli.

L’unico che sicuramente trova un guadagno in tutto questo è Tronchetti Provera: resta per 5 anni al comando e poi potrà uscirne realizzando una buona plusvalenza cedendo il suo pacchetto di azioni.

Una prova ulteriore di quello che Libertates sostiene da sempre: il capitalismo e il liberalismo quando scadono in liberismo perdono quelle che sono le loro caratteristiche vincenti: occorre sempre un autentico libero mercato, trasparenza, concorrenza e regole certe e valide per tutti: altrimenti si scade nella giungla economica in cui prevale non tanto il migliore, quanto il più forte, il più furbo o addirittura il più disonesto.

Guidoriccio da Fogliano

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