LA SINDROME DI HYBRIS AFFLIGGE EMMANUEL MACRON: YOU CAN’T HAVE THE CAKE AND EAT IT Enfant prodige o imbroglione? Pensioni o ghigliottina?

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“… La manchevolezza di Macron sta nel fatto di non aver mai dovuto superare alcuna difficoltà, nella vita. Qualcuno ha detto “non avremmo dovuto votare per un uomo che non è diventato padre”. E’ un’osservazione dura, ma significa che il Presidente non ha davvero vissuto, non sa cosa sia la perdita o il tracollo…”
Tahar Ben Jelloun, “Se Macron sfida la Francia”

“… Jean-Luc Melénchon, leader di France Insoumise, sinistra radicale, ha denunciato il “disprezzo” di Macron per chi manifesta: “Quest’uomo vive al di fuori della realtà”…”.
Luana De Micco, “Macron show tv, i sindacati: “Ci prende tutti per cretini”

Sembra di essere sulla soglia di un’implosione dell’Europa intera.
“Fino a che punto si spingerà il mutamento degli equilibri politici in Europa, non è dato sapere. E’ tuttavia evidente che sia in atto un processo rilevante, in parte conseguenza della guerra nelle terre orientali, in parte figlio dell’incertezza sociale…” ha scritto l’elegante analista Stefano Folli nel suo editoriale “Il rischio del suicidio collettivo” su “la Repubblica”.
Emmanuel Macron come Charles De Gaulle, definito da Jfk alla moglie Jacqueline Lee Bouvier un “egomaniaco fuori dalla realtà?” Pare proprio di sì. Un uomo afflitto dalla sindrome dell’onnipotenza – che non è il delirio di grandezza! – o, per essere garantisti con lo stesso Macron che ha pregi e difetti, dalla “sindrome della visione” che è un altro modo di dire: sindrome di hybris, categoria psicodiagnostica inventata dal raffinato psichiatra e politico inglese David Owen, che nella maggior parte dei casi finisce in tragedia. Cioè la hybris si rovescia nella “tragedia di Archimede” di cui narrava Plutarco, da Archimede fino a Giacomo Matteotti per arrivare a Neville Chamberlain, ecc… Daniela Ranieri ha divulgativamente tradotto la “diagnosi dall’esterno” del geniale David Owen su Il Fatto Quotidiano in due analisi distinte che sono meritevoli di nota: rispettivamente nell’agosto del 2019, quando con l’irrazionalità che gli è propria il successore di Umberto Bossi – quel Lenin padano finanziato da Leoluca Bagarella che con la mediazione del Trozkij italiano Gianfranco Miglio agognava la “secessione modello Singapore” dell’Italia (come emerge dalla richiesta di archiviazione del proc. pen. n.2566/98 R.G.N.R nei confronti di Licio Gelli) – toglieva la spina al governo Conte e tentava di incassare 65 milioni di euro da Vladimir Putin all’Hotel Metropol a Mosca attraverso il “trait d’union” Gianluca Savoini, Salvini e Savoini; poi, la Ranieri torna a parlare del “disturbo della hybris” ancorchè sub-clinico nella vicenda di Matteo Renzi il 22 febbraio 2020: tuttavia grazie al gambling dello spaccone un po’ Steve Jobs, un po’ Ghino di Tacco del Partito Democratico che tolse la spina al quasi Professore, il governo Conte che rifiutava i fondi del Mes è stato rovesciato da Mr Wolf, che ha reinventato il DEFICIT SPENDING rifiutando di attuarlo nella sua versione rooseveltiana: le “imprese zombie” note come zombie firms moriranno per consunzione, e le “big corporations” verranno ricapitalizzate con il debito pubblico (quindi a guidare la transizione sarà il mercato, non lo Stato); l’illusione di Super Mario, a sua volta accecato dalla “sindrome di hybris” il 14 dicembre 2020 nel suo discorso davanti al Gruppo dei Trenta che è un equivalente della Società degli Apostoli, era quella di allacciare la spesa in disavanzo al “laissez faire” del Pnrr, così da passare alla Storia come superiore allo stesso John Maynard Keynes! Una “presunzione fatale” per dirla alla Friedrich Hayek, che ha portato Draghi a opporre il diniego senza se e senza ma all’approvazione “keynesiana” del salario minimo legale, un vulnus intollerabile alla sua visione narcisistica del deficit spending come appendice del laissez faire, quando in realtà – e la realtà fa male! – il debito pubblico inteso nell’accezione keynesiana del termine è di fatto legato al mercato. Ma non è legato tout court al mercato. Non puoi avere la torta e mangiartela.
Per non parlare poi della velleitaria Liz Truss che ha tentato – senza successo! – di tradurre in realtà la “curva di Laffer”! Ecco a voi la sindrome di hybris, vero giano bifronte… Motore potentissimo, ma non è gratis per chi ha il privilegio atroce di esserne toccato.
Veniamo così al caso di Emmanuel Macron, enfant prodige prestato alla politica e arrivato all’Eliseo con l’appoggio di una donna mediocre ed eccezionale insieme come Jean Marie Claude Brigitte Trogneaux, un po’ mamma un po’ dama di compagnia.
La Francia – chi lo avrebbe mai detto – è sull’orlo di una rivoluzione, ma Macron che ha i difetti delle sue stesse qualità fa lo stesso errore di Mario Draghi: tenta di agganciare la spesa in disavanzo incipiente ma non ancora inaugurata al mercato. E si è innamorato della sua riforma delle pensioni.
E non ha fatto solo questo, al prezzo di una “crisi di rigetto”: ha dialogato eccessivamente con Vladimir Putin… Mi capite veramente? E qualcuno, al Dipartimento di Stato lo ha scoperto così da mettere in atto il “Piano Condor”: portare alle estreme conseguenze le rivolte in atto in tutta la Francia, che se si radicalizzassero “au de la de cette limite” sotto la leadership carismatica di Jean Luc Melénchon potrebbero portare ad un rovesciamnento insurrezionale (sic!); insomma, l’opzione “extra-ordinem” della ghigliottina e/o del golpe nella nazione che ha dato i natali a Charles Sécondat de la Brede di Montesquieu.
A dispetto di tutte le previsioni.
Chi lo avrebbe mai detto… Nel 2023 facciamo un salto indietro di due secoli? Un fatto è certo: l’emergenza ha sospeso la normalità dalla fine di febbraio del 2020.
Da un vecchio reportage della corrispondente de “la Repubblica” Anais Ginori del 24 novembre 2022 titolato “Macron nel mirino dei giudici per finanziamento illecito”, si apprende: “Emmanuel Macron nel mirino dei magistrati per il finanziamento delle sue campagne elettorali e i legami con Mc Kinsey. La procura finanziaria ha annunciato di aver allargato l’inchiesta già in corso su presunte frodi fiscali con la società di consulenza americana. I magistrati d’Oltralpe indagano anche su presunti favoritismi di cui avrebbe goduto Mc Kinsey nell’assegnazione da parte del governo: contratti milionari per ministri e strutture dello Stato per un totale stimato a 1 miliardo di euro di denaro pubblico (tra Mc Kinney e altri adsvisor), secondo una commissione d’inchiesta del Senato che aveva reso pubbliche le sue conclusioni nel marzo scorso…”.
Naturalmente, anche per Macron vale la presunzione d’innocenza, ma se le accuse fossero fondate si parlerebbe della Tangentopoli francese che è incompatibile per sua natura con la spesa in disavanzo socialisticamente connotata… Macron scende al livello di Bottino Craxi? Troppe ambiguità cominciano ad accumularsi, e tanti indizi diventano una prova.
Aveva scritto George Soros nel 1999 nel capitolo 9 del suo libro “La crisi del capitalismo globale”, “verso una società aperta globale” che la corruzione della politica francese è una conseguenza dell’Illuminismo, e chi scrive la trova una spiegazione decisamente convincente: “… Il presidente di un paese dell’Europa dell’Est che io conosco è rimasto esterrefatto perché, in un incontro con il presidente francese Jacques Chirac, quest’ultimo aveva dedicato gran parte del tempo a convincerlo a favorire un compratore francese in un’operazione di privatizzazione (forse era Vincent Bollorè, ndr). Per non parlare del commercio di armi.
Da che mondo è mondo esiste la corruzione, ma un tempo la gente se ne vergognava e cercava di nasconderla. Ora che la motivazione del profitto è assurta a principio morale, i politici di alcuni paesi si vergognano quando non riescono a trarre vantaggio dalla propria carica. E’ un fenomeno che ho riscontrato personalmente nei paesi dove hanno sede le mie fondazioni. L’Ucraina, in particolare, si è fatta una pessima reputazione in tal senso. Ho condotto uno studio anche sui paesi africani, e ho scoperto che i paesi ricchi e quelli poveri di risorse sono tutti poveri allo stesso modo: l’unica differenza sta nel fatto che i governi dei primi sono molto più corrotti.
Ma liquidare il sistema decisionale collettivo solo perché è inefficiente e corrotto sarebbe come liquidare il sistema del mercato soltanto perché è instabile o ingiusto. In entrambi i casi, l’impulso proviene dalla stessa fonte:
l’incapacità di accettare che tutte le costruzioni umane sono imperfette e vanno migliorate.
Le teorie vigenti sul meccanismo del mercato e sulla democrazia rappresentativa sono state elaborate sotto l’influsso dell’Illuminismo e, senza neanche rendersene conto, considerano la realtà indipendente dal pensiero dei partecipanti: i mercati finanziari dovrebbero andare incontro a un futuro che non dipende dalle valutazioni presenti; i candidati che vengono eletti dovrebbero rappresentare i valori in cui credono, a prescindere dal desiderio di essere eletti. Ma le cose non stanno così. Né il sistema del mercato né la democrazia rappresentativa soddisfano le aspettative di cui vengono caricati. Non per questo, però, vanno liquidati. Al contrario, dobbiamo riconoscere che la perfezione è irraggiungibile e adoperarci per correggere le carenze delle istituzioni esistenti…”.
Era il 1999 quando Soros scriveva queste considerazioni, con la razionalità ebraica di Sigmund Freud.
C’è un film che fotografa in modo originale la decadenza criminogena di Parigi e verrà ricordato, “La donna di nessuno” di Vincenzo Marano: quanto si somigliano Francia e Italia…

Nella sua lucida analisi “Se Macron sfida la Francia” pubblicata su “la Repubblica” per la traduzione di Monica Rita Bedana, il pirandelliano ed equilibrato insieme Tahar Ben Jelloun mi ha davvero colpito facendo riflessioni inconsuete sulla personalità di Emmanuel Macron, che, a suo dire, vivrebbe in una gigantesca “campana di vetro” per usare la metafora della poetessa Silvia Plath morta suicida a trent’anni, dopo aver rifiutato di vivere bruciando le tappe con un curriculum vitae da “ragazza prodigio”: a volte non resta che sognare, quando è troppo difficile scendere a patti con la cruda realtà.
“… Alla fine Macron si è cacciato in una situazione di cui ha tutta la responsabilità. Lo scompiglio e il lato imprevedibile della politica agiscono così. Cosa dovremmo fare? Sciogliere il Parlamento? Cambiare governo? Qualsiasi opzione è rischiosa, tanto che un osservatore politico ha affermato che esiste la possibilità “che Macron non concluda il mandato”.
Come riconciliarsi con i cittadini? E i cittadini, dal canto loro, sono disposti a riconciliarsi con il Presidente? Non c’è nulla di meno sicuro, adesso.
La manchevolezza di Macron sta nel fatto di non aver mai dovuto superare alcuna difficoltà, nella vita. Qualcuno ha detto “non avremmo dovuto votare per un uomo che non è diventato padre”. E’ un’osservazione dura, ma significa che il Presidente non ha davvero vissuto, non sa cosa sia la perdita o il tracollo…”.

Frasi che fanno riflettere: l’inquilino dell’Eliseo – chiuso nel suo cupo sogno di gloria – identifica se stesso con una riforma delle pensioni che agisce dal lato dell’offerta, e dunque non è in linea con lo Zeitgeist: quando si deve agire dal lato delle politiche passive di bilancio (sic!). E lo Spirito dei Tempi, si sa, si vendica contro chi non lo rispetta… Vediamo Ben Jelloun:

“La legge sulla riforma delle pensioni alla fine è stata approvata. Per il rotto della cuffia, ma approvata. Il governo non è caduto, eppure questa vittoria è una disfatta in piena regola, per Macron: la società la rifiuta e lo fa attraverso manifestazioni di piazza che oltrepassano il contenuto della legge in sé. Il Paese sembra essere sulla soglia di un’implosione.
Si tratta di una legge che se fosse stata semplicemente spiegata, forse non avrebbe dato problemi: quasi tutti i Paesi europei hanno fissato a 67 anni l’inizio dell’età pensionabile.
Macron voleva soltanto che nel suo Paese quell’età passasse dai 62 ai 64 anni. Il rifiuto, però, è stato immediato e categorico. In blocco, senza alcuna eccezione, dai più radicali ai più moderati, i sindacati si sono opposti a questa legge. Da settimane le manifestazioni si susseguono in ogni città della Francia. La collera si esprime in tutte le varianti possibili.
Violenza ovunque, auto incendiate, vetrine infrante, strade bloccate… E mentre ciò accade,
Macron viaggia per l’Europa, va in Africa, e della crisi francese non dice una parola.”
Sposta l’oggetto dell’avversione, scappando? Il “diniego” è parte del genio; a volte si manifesta nel successo, altre volte in rovinosi insuccessi.
L’11/05/2017, Carlo De Benedetti intervistato da Corrado Formigli a “Piazza Pulita” abbozzava questo profilo di Macron: “… Macron è un personaggio assolutamente particolare, è uno di quei personaggi che nascono ogni tanto nel mondo, perché a 13 anni suonava Beethoven come un grande pianista, a 14 anni recitava in teatro con pezzi teatrali di tragedie, è stato tra i primi del corso all’Enat che è la scuola dell’amministrazione pubblica francese, la più severa scuola francese, è stato consigliere di Hollande, ministro di Hollande, consigliere di Rotschild… bè, voglio dire, questo a 38 anni; per cui francamente ci troviamo di fronte a una persona che, comunque la si giudichi, e lo si giudicherà soprattutto su quello che sarà capace di fare, è una persona fuori dal normale…”.
A fregare Emmanuel è il narcisismo, la malattia del genio. Un genio fortunato, che nella vita è stato abituato a vincere sempre, e – mi ha detto Luisa Pace – avversa epidermicamente i poveri.
Non solo Macron vive al di fuori della realtà, ma anche Jean Luc Mélenchon.
Continua Jelloun, con la cronaca d’uno psichiatra potremmo dire: “Si sente forte e rifiuta di prestare ascolto al clamore popolare, che non accenna a smorzarsi. Il fatto di aver forzato l’approvazione della legge, facendo ricorso all’articolo 49 comma 3, ha messo in imbarazzo l’intero ambiente politico e innescato il rifiuto generale. Proprio quando il Presidente avrebbe dovuto accettare il risultato della votazione in Parlamento, prendere atto del diniego, ecco che invece si serve di quell’articolo inserito nella Costituzione dal generale De Gaulle.
Per stamattina ha dato appuntamento ai leader dei partiti politici e al presidente del Senato, per analizzare insieme a loro la situazione. Poi, alle 13, parlerà al resto dei cittadini dai canali televisivi. (il discorso di Macron ha un precedente: quello di Charles De Gaulle sullo sfondo della Contestazione del ’68 che fu analizzato dallo psichiatra dell’Ecole Normale di Parigi Louis Bertagna, ndr). Tuttavia, già sappiamo che la piazza non sarà d’accordo, qualsiasi cosa dica Macron. I sindacati sono stati chiari: la legge va ritirata, nonostante la forzatura per approvarla. Nel 2006 de Villepin ritirò la legge sul contratto di primo impiego (Cpe) dopo due mesi di manifestazioni che la rifiutavano. In quell’occasione il dietro front aveva calmato il Paese.
Macron non ha il temperamento di Villepin. E’ orgoglioso, rigido e non ascolta nessuno.
Eppure quel che sta succedendo in Francia ha la portata di una “rivoluzione” che rischia di rafforzare l’estrema destra e di propiziare l’elezione di Marine Le Pen. I francesi vivono male. Sono arrabbiati a tutto tondo: per il potere d’acquisto perduto, per l’inflazione, per i salari bassi, perché il presidente della Repubblica non li prende minimamente in considerazione. E soprattutto perché sentono che lo Stato non c’è più.”
Credo di non essere piccolo-borghese (fino a prova contraria), ma vorrei proporre un’interpretazione dietrologica dell’ultima frase di Tahar Ben Jelloun: la mia impressione è che l’autore dell’analisi cerchi di nascondere la sua simpatia per Mélenchon, con una “covert action” dal quarto potere… In ogni caso l’analisi di Jelloun, già autore del bestseller “Il razzismo spiegato a mia figlia”, è veramente interessante. Se lo Stato non c’è più, è perché Macron “finanzcapitalista” non accetta l’exit strategy del DEFICIT SPENDING proprio come Mario Draghi; il primo è troppo amico di Putin, il secondo ha salvato Giuseppe Mussari autorizzando la scalata di Mps a Banca Antonveneta in violazione delle due diligence. “I migliori sono i peggiori”, come dice Luc Besson. Due enfant prodige alla Ghino di Tacco. Infine, veniamo al caso Italia che è egualmente drammatico; se la Francia è la prima tessera del mosaico a cadere, la Iron Lady nel bene e nel male Giorgia Meloni commette un rovinoso errore politico a respingere di fatto la requisitoria ineccepibile del competente Carlo Cottarelli – un Draghi in pectore? – dal titolo “Otto buone ragioni per riformare il Mes”.
Le ombre dell’Hotel Metropol diventano sempre più minacciose, mentre la imminente turbolenza dei mercati con il prossimo probabile crollo della Deutsche Bank obbligherà Giorgia ad accettare quei finanziamenti “plutocratici” promessi dalla Christine Lagarde, che però ella non accetterà “finchè sarò io presidente del Consiglio”.

di Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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