La fantasia al potere

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Noi italiani stiamo forse chiedendo allo Stato di darci la libertà dai vincoli economici attraverso la servitù?

Se i produttori sardi del latte lamentano che il prezzo si sta abbassando troppo e protestano in piazza (sprecando litri e litri di latte rovesciato sulle strade), il vicepremier Salvini ha la risposta pronta: si istituisca subito una commissione per stabilire il giusto prezzo. Se Alitalia non riesce ad uscire in modo dignitoso dalla sua crisi pluri-decennale, il vicepremier Di Maio ha già la risposta pronta: la compra lo Stato. Se la disoccupazione resta alta e non c’è verso di ridurla, neppure dopo il “Decreto dignità” sul lavoro, è ancora Di Maio che ha la risposta pronta: si introduce il reddito di cittadinanza, che all’atto pratico è un sussidio universale di disoccupazione. Se il piccolo commercio al dettaglio stenta a reggere la competizione, non solo dei grandi centri commerciali di periferia, ma anche del commercio online, il governo ha una risposta ancora più pronta: chiusure domenicali obbligatorie, per permettere ai piccoli commercianti di onorare le feste come Dio comanda e impedire agli “squali” di far profitti in loro assenza. E il commercio online? Semplice: si introduce un altro pacchetto di divieti.
Dopo l’era della “fantasia al potere”, chiesta ma non ottenuta dai contestatori sessantottini, per la prima volta pare essere andata al potere una classe dirigente convinta che la fantasia possa essere un metodo di gestione del potere. Basta volerlo, si fa. Tanto basta pagarlo e i soldi, a quanto pare, sono illimitati: arrivano dal contribuente, che è obbligato a pagare. Dopo trent’anni di disillusioni sull’efficacia degli interventi statali in economia, pare che questo governo faccia marcia indietro tutta e ripeschi teorie ormai cadute in disuso. Ci faccia ritornare, insomma, ai fasti del centro-sinistra, ma senza avere il boom economico e con un debito che non è più il 30% del Pil (come era allora, negli anni 60), bensì del 130%, uno dei più alti del mondo.
Il problema è che questa classe dirigente, ha alle spalle una classe intellettuale convinta che il debito non sia un problema, o addirittura “non esista”. Con ragionamenti che sono sin troppo contorti e confusi per poterli riassumere in questa sede, economisti come Bagnai, filosofi hegeliano-marxisti come Diego Fusaro, economiste “pentite” come Ilaria Bifarini, polemisti economici come Borghi, teorici della cospirazione molto attivi sul Web e nei talk show, hanno creato un vero e proprio humus culturale nuovo, nel corso dell’ultimo decennio. Con questo humus è cresciuta una foresta fittissima di semplici utenti del web ed elettori che ormai hanno due certezze: lo Stato può e deve creare benessere, se non lo fa è perché “qualcuno” lo impedisce. Questo “qualcuno” è sempre identificato in un nemico esterno che non si può combattere (Germania, Francia, Ue, la grande finanza intenzionale, i “poteri forti”, l’Onu, il Fmi, il Wto, ecc…) e con i suoi “servi” italiani. Secondo questa mentalità, il ruolo dello Stato è dunque liberatore e salvifico. Dunque, più lo Stato interviene, più i membri e simpatizzanti dell’attuale maggioranza si sentono liberi e indipendenti.
È dunque tornata l’esaltazione del potere politico, senza più limiti. I limiti sono visti come ostacoli. La libertà come un falso pretesto per giustificare i sabotatori: il liberalismo, anzi “neoliberismo”, è tornato ad essere il peggior nemico. L’Italia è la grande proletaria, il suo Stato la deve riscattare. Chi si oppone è anti-patriottico, sta dalla parte degli oppressori. Lo Stato viene investito del compito di curare gli italiani, educarli, stampare soldi, creare ricchezza, elargire sussidi, garantire il riposo domenicale, far volare aerei, distribuire posti di lavoro, fissare il giusto prezzo. Se dici che tutto questo “non funziona”, sei semplicemente pedante. Se dici che è sbagliato, sei evidentemente un traditore.
Questa è la cultura che alimenta il governo, dal basso. Ed è un capolavoro di ribaltamento della realtà. Perché è lo Stato, con le sue tasse e le sue spese esorbitanti clientelari che riduce fino ai minimi termini la libertà degli italiani. E’ lo Stato che sta bruciando ricchezza. E’ sempre lo Stato che sta azzoppando le imprese italiane, con tasse, regole e una burocrazia asfissiante, permettendo alla concorrenti straniere di vincere la competizione. In questo periodo di massima confusione, noi italiani stiamo chiedendo allo Stato di darci la libertà, tramite la servitù. Nemmeno Orwell era arrivato a immaginare una menzogna così colossale.

di Stefano Magni

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