ITALIAN TABLOID: EMANUELA ORLANDI, SEX-GATE NELLE STANZE DI PAPA WOJTYLA


“Come fossimo al cinema anche qui andrebbe posta una dicitura, “vietato ai deboli di cuore e alle
persone facilmente impressionabili. Perché la finestra che stiamo per aprire va oltre
l’immaginazione, è una folle sceneggiatura.”
Nicola Biondo, “Il Riformista”

“Sono stato tradito da chi ho servito”
Ercole Orlandi a Pietro, prima di morire

Siamo di fronte a un cambio di Zeitsteil: prima con la morte dell’“aurea mediocritas” Joseph Ratzinger, poi l’arresto di Matteo Messina Denaro e occorre molta umiltà; non è il caso di montarsi la testa, come direbbe il raffinato politologo Dino Cofrancesco severissimo verso se stesso (innanzitutto). E’ ormai tempo di sostituire l’era della Ragione con quella della Fallibilità, all’interno dell’ideale della Opening Society: la Società Aperta di Karl Popper reinventata da George Soros nella “teoria della riflessività”: la realtà esiste e le realtà soggettive ne fanno parte intrinsecamente limitate dalla realtà oggettiva che soverchia il Ego cogito, ergo sum, sive existo.
Sì, ripetiamolo: occorre molta umiltà e non farsi risucchiare dalla “grandiosa semplificazione” del complottismo che pure monta alla grande in questi giorni.
Per chi scrive – all’exitus di 9 anni di psicanalisi – costituisce non da persona colta ma realista sì, un imprescindibile punto di riferimento James Ellroy, autore del capolavoro “American Tabloid”.
Orbene, così esordisce l’ultra-realista Ellroy nel saggio che – consacrandolo allo star system – sparge le ceneri di Oswald Spengler: la decadenza della civiltà occidentale, la fine dell’impero americano e la perdita dell’innocenza.
Perché la crisi dell’Occidente nello spegnimento del suo “èlan vital”, è eziologicamente legata alla sparizione, tra il maggio e il giugno del 1983, delle due ragazzine Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi; scusatemi il periodare alla Aldo Moro, così scrive Ellroy ne “Parte prima – RICATTI – Novembre – Dicembre 1958 (Beverly Hills, 22/11/58) – Si faceva sempre alla luce del televisore.
Alcuni latinoamericani agitavano armi da fuoco. Il capo del gruppo si piluccava insetti dalla barba e fomentava i suoi. Immagini in bianco e nero: tecnici della Cbs in divisa mimetica. Cuba, brutta storia, disse un annunciatore. I ribelli di Fidel Castro contro l’esercito regolare di Fulgencio Batista.
Howard Hughes trovò la vena e si iniettò la codeina.
Pete lo osservò di soppiatto: Hughes aveva lasciato la porta della camera socchiusa.
La droga giunse a destinazione. Il volto di Big Howard si fece vacuo.
Dall’esterno giunse lo sferragliare dei carrelli del servizio in camera. Hughes si tolse la siringa dal braccio e prese a scanalare. Howdy Doody rimpiazzò il telegiornale: perfetto per il Beverly Hills Hotel.
Pete uscì sulla veranda: vista sulla piscina, punto ottimale per la ricognizione. Pessimo tempo, oggi: nessuna stellina in bikini. Controllò l’ora, teso.
A mezzogiorno doveva procurare un divorzio: il marito si scolava i suoi pranzi da solo e adorava la passera in erba. Procurarsi flash di qualità: le fotografie sfocate facevano credere che a scopare fossero due ragni.
Per conto di Hughes: scoprire chi si occupa di consegnare i mandati di comparizione per l’indagine dell’antitrust sulla Twa e convincerli a suon di dollari a riferire che Big Howard è partito per Marte.
Howard il Furbacchione l’aveva messa così: – Non voglio combattere questa causa, Pete. Me ne starò segregato a tempo indefinito e farò salire i prezzi finchè non dovrò vendere.
Sono stufo della Twa, ma non la venderò finchè non potrò tirarci fuori almeno 500 milioni di dollari…”.
Ecco a voi il Tramonto dell’Occidente, che non è un’entità metafisica ma è una realtà che tutti ci riguarda più o meno con tanti saluti all’Illuminismo “egoistico” di Adam Smith: droga, corruzione,
manipolazione corruttiva della concorrenza, Baia dei Porci al limite della III guerra mondiale, poi la crisi missilistica di Cuba, il rapimento di Paul Getty a Roma sullo sfondo della crisi del Kippur e infine – udite udite – il rapimento di Emanuela Orlandi, anni 15 dopo la povera Mirella Gregori.
Howard Hughes in America, Paul Casimir Marcinkus in Italia: da noi, la decadenza dell’Occidente arriva con 20 anni di ritardo (sic!), poiché siamo la provincia dell’impero anche in negativo.

Orbene, ci sono robusti indizi probanti che San Giovanni Paolo II faceva cose inconfessabili con la povera Emanuela, la figlia del suo messo pontificio, o esercitava indebite molestie nei suoi confronti; lo avevo già intuito sotto forma di “intuizione a-probatoria” dopo aver visionato la lucida docuserie, “Vatican Girl” messa in onda su Netflix con tutta la tensione anglosassone del suo regista, Mark Lewis. Ma questa è materia da cold case nel senso psicologico-psichiatrico del termine; si tratta cioè dell’“autopsia psicologica” nell’ambito dell’open verdict, verdetto aperto.
Ma non è pratica diffusa dalle nostre parti.
Cominciamo nell’ordine, a smantellare le matrioske russe di uno dei più difficili cold case del xx secolo; Italian Tabloid, e a tal riguardo – con tutta l’umiltà del caso di chi ha rinunciato da tempo a credere nell’Illuminismo quale verità suprema, ma al contrario è un principio genericamente valido purchè non sia portato al “punto di equilibrio” – sarebbe il caso di aggiungere con le parole magnifiche dell’“anti-illuminista” Ellroy nell’introduzione potente del suo libro: “… Soltanto una verosomiglianza senza scrupoli è in grado di rimettere tutto in prospettiva”.

Appunto.
Karol Wojtyla, fisico palestrato innamorato della sua Polonia, venne fotografato nudo nella tenuta papale di Castel Gandolfo in tutta la prestanza del suo èlan vital da playboy alla Ronald Wilson Reagan mentre faceva il bagno in piscina.
E il Gran Maestro della Loggia P2 Licio Gelli entrò in possesso delle fotografie scabrose con la tecnica del ricatto alla J. Edgar Hoover, mai più ritrovate. Chissà cosa contenevano queste foto.
Un potere basato sul ricatto: tanto Hoover quanto Gelli, prodotti escrementizi del crepuscolo dell’Occidente; Wojtyla salvo, l’icona protegge la persona con il trucco: “looking good, feeling bad” dalla locuzione di Friedman.
Veniamo così all’articolo chiarissimo di Nicola Biondo per “Il Riformista” “Scomparsa Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, sex-gate nelle stanze di Papa Wojtyla: l’audio inedito dell’ex-socio del boss De Pedis”; repetita iuvant, lo dico da cronista consumato che ha una curiosità demoniaca per le penne del giornalismo senza riuscire a scrivere bene: l’analisi di Nicola Biondo è ottima nell’“overdose” di articoli usciti sul cold case di Emanuela Orlandi:

“… Il plot è quello della scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, le due adolescenti svanite nel nulla a poche settimane di distanza l’una dall’altra nella tarda primavera del 1983. L’ultima incredibile verità viene fuori da alcuni nastri, parte di una lunga intervista, in cui è incisa la voce di un malavitoso romano di spicco, socio in affari del boss della Banda della Magliana Renato De Pedis che in Vaticano aveva (eufemismo) non pochi appigli.
Secondo C.U – le iniziali sono di fantasia, il Riformista conosce la sua vera identità – le due ragazze frequentavano gli appartamenti più riservati del Vaticano dove avrebbero subito molestie e rapporti sessuali con alti prelati. E’ per questo che dovevano scomparire.
Ad avere avuto l’incarico sarebbe stato proprio De Pedis.
“Quando la cosa era diventata una schifezza il Segretario di Stato Casaroli ha deciso di intervenire”, questa è l’esatta trascrizione di uno dei passaggi più importanti di una intervista datata 2009 in cui l’ex-socio di De Pedis rivela il movente della doppia sparizione.
“Con questa verità non ci fate niente” lascia inciso il malavitoso all’autore dell’intervista Alessandro Ambrosini. E c’è un particolare ancora più agghiacciante, importanti uomini di Stato sapevano tutto, informati dallo stesso sodale del boss. (Oscar Luigi Scalfaro e Sandro Pertini?, ndr)
“Nando (nome di un esponente dei Servizi che sarebbe stato a conoscenza di tutti i particolari) (mi
chiedo se sia il nome in codice di Giulio Gangi, ndr) m’ammazzano”, dice raccontando di un incontro avuto con esponenti degli apparati di sicurezza e aggiunge chiosando, “questo è uno strano Paese, la verità non interessa a nessuno”. (perché è il paese del cattolicesimo, non del protestantesimo, ndr)
Criminali comuni o terroristi? Se questa fin dall’inizio del mistero è stata la domanda – chi ha rapito Mirella ed Emanuela – la questione vera è sempre stata il movente: perché? Per quale motivo due adolescenti dovevano essere rapite, perché nelle trattative intercorse sono entrambi emissari del Vaticano, perché Papa Wojtyla pochi giorni dopo fece un appello per la Orlandi, caso non raro ma unico nella storia del papato?

E perché mai nel corso di queste “trattative” non è mai stata chiesta una prova dell’esistenza in vita delle ragazze sparite?

Oggi questi nastri, testimonianza parziale di oltre quattro ore di intervista proveniente dagli interna corporis del vertice della Magliana, svelano il più incredibile dei moventi: le due ragazze sarebbero state fatte scomparire perché testimoni e protagoniste di un sexgate nelle stanze più riservate del Vaticano, in quel momento abitate da Papa Wojtyla che non sarebbe stato – sempre secondo il “magliaro” C.U. – all’oscuro della vicenda cd. Emanuela Orlandi”: ci sono due passaggi nella docufiction “Vatican Girl” veramente meritevoli di attenzione; 1) la testimonianza inedita di una ex compagna di scuola di Emanuela Orlandi, che per anni non ha parlato, e per la prima volta lo fa, 2) l’interpretazione dell’accorato appello lanciato da Giovanni Paolo II dal balcone di piazza San Pietro nel giorno dell’Angelus, il 3 luglio 1983 da parte di Andrea Purgatori si allaccia direttamente al dossier da me curato per Libertates alla voce “Operazione Piazza delle Cinque Lune: il caso Emanuela Orlandi” nel giugno del 2021.
Osservava Purgatori che, mentre gli inquirenti dello Stato Italiano brancolavano nel buio e battevano con insistenza la pista dell’allontanamento volontario della ragazza da Piazza delle Cinque Lune, Karol Wojtyla fa un intervento troppo bene informato davanti a migliaia di fedeli accorsi ad ascoltarlo: vediamo subito i passaggi, analizzati nel dettaglio da un Purgatori più preciso che mai.
Vediamo come; siamo al 25esimo minuto, il giornalista americano della Cbs Richard Roth che partecipava a “Telefono giallo” diretto da Corrado Augias e Donatella Raffai osserva: “… Quel giorno il Papa spese qualche parola su Emanuela”: “Desidero esprimere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi, la quale è nell’afflizione per la figlia Emanuela di 15 anni che da mercoledì 22 giugno non ha fatto ritorno a casa.”

“Là c’era il Papa”, commenta nel montaggio di Mark Lewis Pietro Orlandi; “Condivido le ansie e l’angosciosa trepidazione dei genitori, non perdendo la speranza nel senso di umanità, di chi abbia responsabilità di questo caso.”
Mark Lewis osserva: “Era curioso perché non aveva motivo di parlarne. Stava intervenendo o stava semplicemente esprimendo compassione per una sua cittadina? Era un mistero, o l’inizio di un mistero.” Entra in scena Andrea Purgatori, che con puntualità nota da ex cronista del Corriere della Sera: “La trovai una cosa strana. Il Papa disse: “Mi rivolgo a coloro i quali hanno la responsabilità di questo caso.”
Purgatori nota sempre avvalendosi del fermo immagine: “Allo stesso tempo, la polizia stava investigando su una pista completamente diversa, secondo cui Emanuela stava vendendo dei cosmetici a Campo dei Fiori (i prodotti della AVON, ndr). E si era allontanata dalla famiglia volontariamente. Ma non aveva alcun senso. Come faceva a saperlo? Chi gli aveva dato questa informazione?”.

Era stato Paul Casimir Marcinkus, segretario dello Ior a dare questa informazione a Giovanni Paolo II con i suoi contatti; Pippo Calò, Flavio Carboni ed Enrico De Pedis erano in rapporti
finanziari con Marcinkus, e secondo l’informatissimo Pino Nicotri anche Ercole Orlandi era in liaisons dangereuses con Banca Antonveneta.
Questo è veramente il punctum dolens della intera vicenda. Ma facciamo un passo indietro.
In quei giorni, curiosamente, Mehmet Ali Agca – che è il “secondo Oswald” – si sta pentendo nelle carceri italiane dove è “aristocraticamente” detenuto dal 13 maggio 1981 per l’attentato al Papa in Piazza San Pietro; comincia a rivelare i suoi complici, e a parlare della “pista bulgara” ben nota all’allora giudice istruttore Ferdinando Imposimato.
Agca faceva parte fino all’81 dei Lupi Grigi che – a parere di chi scrive – hanno avuto un ruolo tanto nelle vicende di Mirella ed Emanuela, (almeno al primo livello); la pista dei servizi segreti bulgari, in accordo con i Lupi Grigi di Ankara, avrebbe forse ricondotto quale “primum movens” della tentata azione omicidiaria in piazza San Pietro ad Agostino Casaroli: operazione Ostpolitik.
Il nemico n.1 di Giovanni Paolo II – “l’altro papa”, e cioè il segretario di Stato della Città del Vaticano – potrebbe essere smascherato, ed è questo l’auspicio segretamente nutrito dal grintosissimo Wojtyla quando chiede di conversare riservatamente con il suo attentatore all’interno del carcere romano dove è recluso; anni dopo, Agca rivelerà che Wojtyla era ansioso di sapere dal turco che aveva armato la mano contro di lui in piazza San Pietro del coinvolgimento dell’Urss: con la quale era in “liaison dangereuses” Casaroli che aveva addirittura fatto infiltrare le spie del KGB dentro le sacre mura leonine: un Vaticano “bipolare” in piena guerra fredda, spaccato in due tra la mafia di Casaroli e Silvestrini da una parte e quella di Wojtyla+Marcinkus dall’altra.
Così entrano in scena i famigerati “Lupi Grigi” di Ankara – che come ricordava il giudice istruttore del caso Moro Ferdinando Imposimato non sono un’entità metafisica – rapendo il 7 maggio dell’83 Mirella Gregori e poi Emanuela Orlandi, la figlia del messo pontificio Ercole del Papa: rivogliono indietro Ali Agca, che contestualmente ritratta le sue dichiarazioni rinunziando all’opzione di diventare un collaboratore di giustizia.

I Lupi Grigi, che oggettivamente hanno rapito Mirella – e spiace che l’attuale filone “revisionista” dell’informazione ne rimuova l’esistenza dal panorama criminale – chiedono una linea telefonica riservata con l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini che la instaura mettendola a disposizione della straziata famiglia Gregori.
Ma – come spiega molto bene l’avvocatessa Laura Sgrò che al Vaticano, dai tempi di Vatileaks, dà fastidio nella sua eccessiva indipendenza – “inspiegabilmente Pertini interrompe la trattativa”, e la mia opinione è che i terroristi di Ankara l’abbiano eliminata subito dopo; la cattura di Emanuela con l’imbroglio dei prodotti AVON all’uscita della Basilica di Sant’Apollinare è conseguente al cambio di strategia operato dai Lupi Grigi.
Prima domanda: perché Pertini interrompe la trattativa, a costo di produrre conseguenze potenzialmente mortali per la povera Mirella?
La gente ignora purtroppo un elemento decisivo, nella fede spropositata che ripone nel principio dell’“autos nomos”: “le idee hanno conseguenze” per citare il raffinato Friedrich Hayek; forse il cattivissimo Pertini, che ebbe anche un comportamento ambiguo alla “Cossiga ante-litteram” con il bambino precipitato dentro un pozzo artesiano (Alfredo Rampi) in coincidenza con lo scandalo della pubblicazione degli elenchi della loggia P2 il 13 giugno 1981, temeva ora 2 anni dopo che dal buon exitus della trattativa con i Turchi la “mafia di Casaroli” sarebbe uscita potenziata; Casaroli notoriamente a Pertini, fautore della “questione morale” al Quirinale, non piaceva.
“Una guerra per bande avveniva all’interno del Vaticano”, fu la brillante sintesi dell’elegante 007 che se ne intendeva bene: Francesco Pazienza.
Ma anche tra il Vaticano e la Repubblica Italiana.
A questo punto, viene rapita la cittadina dello Stato del Vaticano Emanuela Orlandi, la quale – una settimana prima di essere sequestrata in Piazza delle Cinque Lune all’uscita della scuola di musica nota come BASILICA DI SANT’APOLLINARE dove è tumulato il boss Enrico De Pedis dal 1990 – era stata molestata da un “VIP” all’interno dei giardini vaticani e lo aveva confidato a una sua compagna di classe. FINE PRIMA PARTE

di Alexander Bush

Sull'Autore

Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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