Il derby della Madonnina è il derby dei cinesi

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Anche il calcio va ai cinesi. Un altro esempio d colonizzazione al contrario?

Il derby Inter-Milan si giocherà sabato 15 aprile alle 12:30 per assecondare il pubblico televisivo asiatico, visto che la proprietà dell’Inter è cinese e lo sarà con grandissima probabilità anche quella del Milan.
Prima considerazione, dalla parte dei tifosi che vanno allo stadio. L’orario è scomodo per quanti, quelli veri, quelli che gioiscono e soffrono, che intonano cori, protestano. In nome dei soldi e della globalizzazione i club calcistici vogliono giocare con gli spalti vuoti e con gli asiatici che li guardano in televisione nelle abitazioni di Giacarta, Nuova Delhie Pechino? Se servisse un orario favorevole diverso, giocherebbero anche alle 6:45? Bene. Facciano pure. I tifosi che non sono d’accordo hanno a disposizione una forma di protesta democratica: il 15 aprile nessuno entri al “Meazza”. Non vadano neppure nei piazzali antistanti. Inter e Milan giochino senza tifosi veri.
Seconda considerazione. Economica. Si guardi al centro sportivo “La Pinetina” di Appiano Gentile dove si allena l’Inter. All’ingresso campeggia la scritta “Suning”, anche e con caratteri cinesi. Ai lati del viale, bandiere blu col cubitale “Suning”. Fa una certa impressione (e se è vero che la cordata che sta acquistando il Milan è meno “seria”, chissà che insegne a “Milanello”). Sbaglia l’ex calciatore e commentatore televisivo Billy Costacurta quando dichiara: “Dobbiamo produrre ricchezza per portare in Italia qualche campione”. Sbagliato: a svendere ai cinesi, il Paese si impoverisce. Una società di calcio può essere venduta loro per 100/200/300 milioni. Ma qui finisce il guadagno della proprietà italiana. I cinesi quei 100/200/300 milioni li faranno diventare 200/400/600 e successivamente 400/800/1.200. Italia sempre più povera, Cina sempre più ricca. E ciò vale per tutti i settori economici.
Sia chiaro: non è (ovviamente) una questione di razzismo, e con tutto il rispetto per il singolo individuo cinese, ma la Cina è una dittatura, non una democrazia, che per giunta adotta la concorrenza del libero mercato, una sorta di assurdo (la proprietà privata e il liberismo sono due fondamenti della democrazia). Certo gli italiani conoscono poco i principi della democrazia (si pensi al federalismo, a partire da quello fiscale, la cosa più naturale, pragmatica e giusta, per cui ben venga intanto il referendum sull’autonomia di Lombardia e Veneto in ottobre). Come sempre ci vorrebbe il solito pragmatico Trump: “Il lavoro agli americani, basta la globalizzazione che ci impoverisce”. Non a caso il presidente cinese Xi Jinping (vero “imperatore” poiché è capo dello Stato, dell’Esercito e del Partito, unico e comunista) è un fautore della globalizzazione. E Trump, così pragmatico, è in grado di accordarsi con la sola Cina (oltre che con la Russia di Putin e il Regno Unito che ha “tradito” l’Ue).

di Ernesto Vergani

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