I Bitcoin saranno la moneta del futuro?

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anna rita
Un esperto ci illustra il funzionamento e i vantaggi della valuta digitale

 

La percezione generale è che i governi tutelino maggiormente il sistema bancario rispetto agli interessi dei risparmiatori. La scusa che rende leciti provvedimenti penalizzanti per i cittadini risiede nella necessità di arginare il dissesto economico. In molti, però, cominciano a credere che esista un’alternativa in grado di condurre ad un cambiamento radicale. Forse, ad una nuova forma di civiltà, fondata sul bitcoin.

Al di là di tutti gli scenari possibili ed immaginabili, trovo l’argomento molto interessante. Purtroppo, però, non sono un tecnico e per me è stato difficile riuscire a capire e, di conseguenza a spiegare, di cosa si tratti. Così ho pensato di rivolgermi alla persona che per prima, circa due anni fa, mi ha introdotta all’argomento. Per questo ho chiesto a Massimo Tristano, ingegnere informatico in fuga all’estero, di fornirmi una definizione di bitcoin alla portata di tutti.

 

Possiamo dire – mi ha risposto – che il bitcoin sia la prima valuta digitale anonima e completamente decentralizzata. Per essere più preciso lo definirei una “criptovaluta” (crypto-currency), cioè una valuta crittografata.

Posso chiederti di spiegare a noi comuni mortali come si genera e come funziona?

Sì, certo, ma lasciami prima un po’ di spazio per un breve preambolo storico. Il bitcoin, infatti, non è la prima valuta digitale che sia mai stata creata. Semplicemente tutti gli esperimenti precedenti sono falliti.

E perché?

Il problema alla base di questi insuccessi è che tutte le altre valute digitali si affidavano a un organo centrale di controllo delle transazioni. Questa specie di banca centrale aveva il potere di accertare o negare la validità di una transazione. Si trattava dunque di sistemi centralizzati; pertanto i governi ostili alla circolazione di una nuova valuta (in primis quello americano), ne hanno facilmente colpito il centro di controllo, riuscendo così a distruggerla.

Cos’ha di diverso, allora, il bitcoin?

L’idea geniale alla base del bitcoin è stata quella di creare un sistema altrettanto sicuro (se non addirittura più sicuro), ma completamente PeerToPeer (P2P): decentralizzato.

Alt! Definisci PeerToPeer per i non addetti ai lavori.

Un sistema puramente P2P è l’opposto di un sistema client-server.

Cioè?

Nei sistemi client-server un “nodo” funge da “servente” (eroga un servizio ed ha su di esso controllo totale), mentre tutti gli altri nodi sono clienti di questo servizio: si connettono al servente solo per usufruire del servizio. In pratica è quello che succede quando fai una ricerca con Google. La tua richiesta arriva ai server di Google, che la processano e ti inviano il risultato. Tu non offri un servizio a Google. È Google che lo offre a te.

Ok. Fin qui tutto chiaro. Passiamo alla definizione di sistema P2P.

L’architettura P2P non prevede un organismo di controllo centrale perché, in questo caso, il programma che usi funge sia da client che da server.

Un esempio?

Prendiamo, ad esempio, il programma di file-sharing eMule: l’applicazione svolge sia un ruolo di client che di server. Quando fai partire eMule, il programma si connette a dei peer noti, ma solo per chiedere loro una lista di altri peer a cui connetterti. Ogni peer funge sia da client, cioè usa un servizio (scaricare file altrui), che da server, cioè fornisce il servizio (condividere i propri file).

I peer, nel caso di eMule, sarebbero gli utenti che mettono in condivisione i loro file?

Quando usi eMule scarichi delle porzioni di un file e, contemporaneamente, invii le porzioni di file che hai già acquisito anche agli altri. Tutti gli utenti condividono mentre scaricano. Capisci la differenza?

Credo di sì: quando scarico non mi limito ad acquisire, ma condivido anche ciò che acquisisco. Giusto?

Giusto. Tutti i peer della rete hanno stessa e identica importanza. Per questo nessun governo è riuscito a demolire il bitcoin: è praticamente impossibile “spegnerlo” perché sarebbe necessario spegnere una grande quantità di “peer” e non è affatto semplice realizzare una cosa del genere. Soprattutto il concetto chiave è che nessun peer è “più uguale” degli altri. Sono tutti identici. Con una metafora politica possiamo associare il sistema client-server ad una dittatura ed il P2P a un’idea di pura democrazia ed uguaglianza.

Interessante. Sono sempre più curiosa di capire, nello specifico, come funzioni un bitcoin.

Il bitcoin si basa sulla crittografia asimmetrica, che è usata oggi dappertutto. Funziona grossomodo così: tu sei Alice e vuoi inviare dei bitcoin a Bob. I bitcoin sono associati a un indirizzo, una sorta di conto corrente, contenuto in un “wallet” (portafoglio n.d.r.), che ha lo scopo di contenere un qualunque numero di indirizzi. Ogni indirizzo è costituito da una coppia di chiavi, l’una pubblica e l’altra privata. Una persona può avere tutti gli indirizzi che vuole nel proprio wallet, e crearne uno è immediato e gratuito. Clicchi su un pulsante e hai un nuovo indirizzo. Una nota importante è che gli indirizzi sono anonimi, perché non sono altro che una sequenza di caratteri alfanumerici.

Torniamo alla transazione tra Alice e Bob.

Supponi che Alice abbia 10 bitcoin associati ad un suo determinato indirizzo e ne voglia inviare uno a Bob. Quello che fa è sostanzialmente preparare, in un formato standard e aperto, un modulo che specifica i dettagli della transazione, mittente, destinatario, ammontare e, facoltativamente, una donazione per eseguire la transazione (transaction fee). Grazie al suo “indirizzo”, costituito dalla una coppia di chiavi pubblica/privata, usa la chiave privata per firmare la transazione (renderla autentica) e la invia ai peer con il quale è connessa (la connessione ai peer è automatica).

A questo punto cosa succede?

La transazione si diffonde tra i peer, ma ancora non è stata convalidata. Ed è qui il cuore del sistema: la convalida di una transazione. Alcuni peer chiamati “miner” fanno un grosso lavoro. Raccolgono quante più transazioni possibili da confermare e le collezionano in un blocco, un gruppo di transazioni. Supponi quindi che la transazione di Alice finisca nel blocco di un miner. Considera i blocchi essenzialmente come collezione di transazioni + un numero intero “magico”.

Magico???

Numero magico vuol dire, in gergo, un numero a caso inventato da te. È magico perché apparentemente il suo valore non ha significato. Ti spiego a cosa serve. L’idea centrale dei bitcoin sta nel fatto che per convalidare un bloco di transizioni, occorre risolvere un problema per costruzione molto complesso. Sai cos’è una funzione di hash?

“Hash” in inglese significa “pasticcio”…

Esatto! In informatica una funzione di hash è una funzione che prende in input un qualunque agglomerato di dati e restituisce un numero che in un certo senso lo “riassume”. Una buona funzione di hash gode di una proprietà tale per cui risulti praticamente impossibile risalire ai dati originali, a partire da un certo numero di hash. Inoltre un’ altra proprietà apprezzata consiste nel fatto che una piccolissima variazione dei dati in ingresso comporta un totale cambiamento del numero di hash ottenuto.

Quindi come si collega il numero magico alla funzione di hash?

Dicevo, per convalidare un blocco di transazioni occorre risolvere un problema molto difficile: fare in modo che il blocco di dati contenente le transizioni da convalidare, unito al numero magico risulti in un valore di hash che cominci con un certo numero noto di zeri. Per le proprietà che ti ho elencato prima, non si può calcolare il valore del numero magico a partire da un numero di hash. L’unico modo per far ottenere quel numero di hash particolare è provando e riprovando, cambiando ogni volta il numero magico in un altro casualmente. Questo modo di procedere si chiama in gergo “brute force”, e funziona esattamente come una lotteria.

Quindi il ruolo dei miner è quello di fare i conti…

Sì. Applicano milioni di volte al secondo questa funzione di hash, variando leggermente l’input in modo da ottenere un numero di hash con un certo numero di zeri all’inizio. Il numero di zeri da ottenere è variabile e influenza la difficoltà della ricerca. In breve, serve per rendere più difficile il mining, in presenza di più miner.

Stando così le cose, capisco che i bitcoin hanno il vantaggio di non essere legati ad una banca centrale e di assicurare transazioni sicure. Tutto qui?

Non solo. L’idea è che i Bitcoin sono per costruzione una valuta soggetta a deflazione, ma non ad inflazione. Il numero totale di bitcoin che mai ci potranno essere in circolazione è fisso ed è impossibile, per costruzione, andare oltre. Questo significa che è impossibile replicare il modello degli istituti bancari, che creano denaro dal nulla quando chiedi un prestito.

E allora come si genera il valore?

Quando un miner riesce a risolvere il calcolo per pura fortuna, quello che fa è collezionare tutti i transaction fee opzionali di ciascuna transazione nel blocco (ecco a cosa servono) e in più, per convenzione, si aggiunge al proprio indirizzo un tot di bitcoin fissi, che dovrebbero essere 25. Così vengono generati i bitcoin. Quindi il miner propaga la sua soluzione agli altri peer, che la controllano e attaccano quindi il blocco risolto a una catena lunghissima di blocchi, distribuita nella rete, che rappresenta lo storico di tutte le transazioni mai eseguite. I transaction fee servono per verificare la tua transazione più in fretta, perché i miner ordinano le transazioni da verificare in ordine decrescente di transaction fee. Quindi se vuoi che la transazione venga confermata immediatamente è consigliabile indicare un transaction fee elevato.

Ma sono proprio sicuri?

Sicurissimi. È dimostrato matematicamente che se il numero di peer onesti è maggiore del numero di peer disonesti, questi non faranno mai in tempo a confermare una transazione fasulla tale de essere convalidata anche dagli altri. Inoltre poiché il sistema è progettato per premiare il comportamento onesto, è semplicemente più redditizio essere peer onesti che disonesti.

Per concludere: ma il bitcoin qualche difetto ce l’ha?

Una commissione Americana per lo studio del sistema ha concluso dicendo che il sistema è tecnologicamente solido e corretto. Direi che dal punto di vista tecnologico, i bitcoin sono un sistema senza difetti. Eppure posso immaginare qualche difetto: il primo è che il sistema prevede che il wallet, il portafoglio contenente i tuoi bitcoin, sia salvato in un file sul computer. Il wallet, pur essendo digitale, si comporta esattamente come un portafogli vero: se qualcuno dovesse rubarti quel file, ti ha rubato anche tutti i bitcoin in esso contenuto e non c’è più niente da fare. Analogamente se dovessi perdere quel file o cancellarlo per sbaglio, perderesti tutti i bitcoin contenuti e non potrai appellarti a nessuno. Quindi un corretto uso dei bitcoin richiede che l’utente sappia mantenere sicuro il proprio wallet da furti e perdite (ulteriore livello di crittazione, copie di backup, ecc.). Un altro problema, ma non intrinsecamente connesso ai bitcoin, è che essendo una valuta completamente anonima, rende possibile nuove frontiere di mercato nero. Esiste un sito web chiamato “Silk Road” che vende ogni genere di droga e arma e accetta solo bitcoin per il pagamento. Credo che però non siano i bitcoin da biasimare: non è uno strumento buono o cattivo, ma soltanto l’uso che se ne fa.

Anna Rita Chitera

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