Elena Ferrante, il segreto di Pulcinella

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Una campagna di stampa per capire chi fosse l’autrice nascosta di un candidato al premio Strega: ma cosa si nasconde dietro?

L’AdnKronos ha lanciato un concorso con il quale si chiedeva ai lettori chi fosse l’autrice (o l’autore) senza volto che si nasconde dietro al nome di Elena Ferrante. Sei i candidati: Linda Ferri; Guido Ceronetti; la coppia Domenico Starnone-Anita Raja; Anita Raja da sola; Goffredo Fofi; Mario Martone. Già questo lascia capire come dietro all’ignoto ci si aspetta un noto conosciuto (che so, non un Brambilla salumiere a Lodi).
La scelta del popolo di Internet, guarda caso però, è caduta su Anita Raja per il 48%; se si aggiunge il 28% ottenuto dalla Raja in coppia col marito Starnone si arriva a un 76%. Compatibile, come si dice oggi. Bene: risolto uno dei tanti segreti di Pulcinella.
Ma il problema non è o non è tanto chi sia Elena Ferrante Pulcinella, bensì perché i “soliti nomi” (Saviano, Battista…) dei soliti “grandi” quotidiani propongano Elena Ferrante (forse senza averne sfogliato nemmeno un libro, come consuetudine) al Premio Strega, da dove nasca la campagna di stampa a suo favore e cosa rappresenti per la letteratura quel che scrive Elena Ferrante.
Anita Raja (1953) non ha dato molto alla letteratura sul piano sperimentale o teorico. Pur non venendo da una formazione strettamente di germanista, è stata un’ottima traduttrice di Christa Wolf. Come riportato in una nota relativa a un convegno, Anita Raja, una delle poche dove si parla di lei, “trova nella letteratura tedesco-orientale e nella figura intellettuale della Wolf un tramite privilegiato per recuperare il rapporto con la lingua materna (la madre ebrea originaria della Prussia orientale, scontava la sopravvivenza alla shoah con un silenzio pressoché completo sugli anni della propria giovinezza e la scelta di non parlare più il tedesco)”. L’idea di partecipare a un premio nascosto ha precedenti analoghi: Romain Gary si è aggiudicato due volte il Goncourt, prima a nome Gary con Le radici del cielo, poi vent’anni dopo firmandosi Émile Ajar, con La vita davanti a sé. Nessuno dei due nomi era reale: all’anagrafe era Roman Kacew, ebreo-russo nato a Vilnius nel 1914.
Il pedigrée, dunque, la lega a un’élite e questa la fa piacere ai soliti noti e la rende adatta a uno dei premi meno meritocratici d’Italia. Ciò che appare nascosto non è lo scrittore, ma il contenuto letterario dei libri. E viene da chiedersi: cosa resterà della letteratura delle varie Ferrante, Mazzantini e consimili? Cosa resterà di queste doppie coppie con sguardo a sinistra dove lei scrive (Mazzantini) e lui (Castellitto, il marito) fa il film; dove lei scrive (Raja) e il suo amico Martone fa il film ecc ecc… Quello di Elena Ferrante è il solito giro delle appartenenze. Ciò che manca non è lo scrittore ma la scrittura. L’amore molesto è molto diverso da Non ti muovere? E come mai la Ferrante ha ottenuto successo proprio negli Stati Uniti con un libro come Storia della bambina perduta? E come mai negli States credevano che dietro alla Ferrante si celasse la sua traduttrice, Ann Goldstein? La quale, in una recente intervista, ha detto di escludere che dietro alla misteriosa scrittrice possa celarsi un uomo, perché non potrebbe capire i rapporti tra le donne e le loro emozioni, “con l’intensità e la profondità con cui li racconta Ferrante”. Sì, buonanotte.

Adam Brux

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