Cambogia eVietnam, due passi nel terrore

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Alcuni ricordi personali mentre si avvicina il centenario della Rivoluzione d’Ottobre bolscevica….

Dovete sapere che nel dicembre 2009 organizzai con alcuni amici, non utilizzando uno dei soliti pacchetti proposti dalle nostre agenzie, un viaggio “personalizzato” in Cambogia e Laos .
Orbene, al termine del tour ritornammo a Phnom Penh per rientrare in Italia e, seguendo le indicazioni di un nostro amico da tempo residente in quel paese, ci recammo a visitare il “ Former Office S.21 – Kampuchea Democratic” , una ex scuola divenuta tristemente famosa per essere stata trasformata dai Knmer Rossi di Pol Pot , come scritto su una targa murata ora all’ingresso , in un luogo di “… detention , interrogation , inhuman torture , and killing after confession …”
Di quella visita/pellegrinaggio non dimenticherò mai il filo spinato con il quale erano state “sigillate” le balaustre dei balconi esterni che davano sul cortile della scuola …. per evitare che i detenuti , per porre fine alla loro esistenza , si gettassero di sotto , nonché le numerose foto segnaletiche attaccate sulle pareti delle celle , dalle quali era possibile rilevare come lo stesso numero di matricola assegnato a quei poveri disgraziati si ripetesse decine e decine di volte su foto sempre diverse di uomini , donne ed adolescenti , a conferma del pazzesco avvicendamento che si verificava in quel luogo ( secondo dati ufficiali nel solo 1975 vi transitarono ben 5.765 detenuti ! ) .
Ci sono poi altre due situazioni “particolari” che ho avuto modo di provare a quelle latitudini , che hanno un comune denominatore : il terrore.
Il primo episodio mi è capitato sempre durante il viaggio in Cambogia
Durante la visita al sito archeologico di Angkor, mentre stavo commentando con gli amici l’unicità di quei templi ormai fagocitati dalla foresta , si è avvicinato al nostro piccolo gruppo , con aria quasi furtiva (pensavo volesse vendermi una patacca locale) , un contadino cambogiano di circa 50 anni che , attratto dalla nostra lingua , ci ha chiesto di poter parlare con noi …. in francese. Stupiti da questa strana richiesta , gli abbiamo risposto affermativamente in quanto eravamo molto incuriositi sia dall’approccio ( solitamente si comunicava con la guida in italiano o in inglese) che dal suo comportamento molto circospetto . Premesso che durante il colloquio il nostro interlocutore parlava sempre con un tono di voce molto basso e si guardava attorno come se temesse che altri ci ascoltassero , abbiamo scoperto che si era avvicinato a noi per poter scambiare quattro parole in francese , una lingua che aveva imparato ad amare da piccolo e che durante il precedente regime era stata bandita.
Poiché durante il colloquio ci ha voluto raccontare del genocidio che si era consumato a fine anni 70 e della popolazione costretta ad abbandonare le città per essere deportata nelle campagne …. per la “necessaria” rieducazione, sono rimasto molto meravigliato dall’atteggiamento guardingo, quasi timoroso , già riscontrato negli approcci con le guide locali, come pure mi ha sorpreso la diffidenza , quasi fosse paura , mostrata allorquando abbiamo avuto modo di parlare dei loro “liberatori” vietnamiti , grazie ai quali venne abbattuto il regime di Pol Pot , ricevendo l’impressione che potessero ancora condizionare la loro vita .
Ho poi avuto modo di riscontrare un comportamento molto simile qualche anno dopo in occasione di un trekking a Sapa , nella regione montagnosa di Lao Cai ( Vietnam ) posta al confine con la Cina .
In quelle terre , alle quali “sembra” non possano accedere cittadini cinesi , i locali quando parlano dei loro confinanti ne parlano con terrore , quasi fossero i nuovi terribili invasori che intendevano , dopo l’aiuto fornito loro durante la guerra con gli americani , annettersi il Paese .
Qualcosa di vero ci deve essere , in quanto ho potuto vedere di persona come in alcune mappe il Vietnam venisse rappresentato già come una provincia cinese.
Inoltre mi venne riferito che oltre confine, a causa della vecchia politica demografica cinese che consentiva la nascita di soli figli maschi , la popolazione femminile è molto scarsa e quindi, come avvenne da noi con il ratto delle Sabine, non sono rari “sconfinamenti” per rapire delle ragazze .
Dobbiamo crederci ?

di Loreno Bardelli

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