Il Pnrr è nato con un intento più che condivisibile: finanziare una serie di riforme necessarie e indispensabili per far ripartire un paese fermo da anni come l’Italia.
Non va dimenticato che i finanziamenti UE erano di due tipi diversi: un finanziamento a fondo perduto (che hanno accettato tutti gli stati dell’unione) e un finanziamento a debito (cioè che va ripagato anche se a tassi più bassi) che ha accettato integralmente solo l’Italia.
Ma sin dall’inizio c’è stato un problema di fondo perché per ogni tipo di finanziamento la procedura è scontata: prima si studia il progetto, poi se ne prepara l’attuazione studiando costi e raccolta di fondi e infine si cercano i fondi.
Invece con il pnrr si è seguita una procedura opposta: prima i finanziamenti legati a programmi generici e spesso fumosi, poi la “messa a terra” con l’attuazione pratica affidata spesso a enti (i comuni spesso privi di capacità tecniche e risorse tanto complesse).
Risultato: tanti fondi avuti ma non spesi, affannosi tentativi dei spostare capitoli di spesa e procrastinare il termine finale per l’attuazione, ma, soprattutto, un fiume di denaro speso in iniziative inutili e costose.
Era tutto purtroppo prevedibile: avendo a disposizione denaro da spendere e progetti generici la tentazione di finanziare iniziative frammentarie e locali utili soprattutto a creare consenso è stata troppo forte.
D’altronde siamo in un paese in cui ogni anno si assiste alla corsa alla legge di bilancio trasformata in una “legge omnibus” con finanziamenti a pioggia per tutto e per tutti: come non farlo con una disponibilità tanto più grande.
Una prova l’abbiamo avuta in questi giorni con l’inchiesta della Guardia di Finanza di Roma che ha scoperto tutta una massa di finanziamenti a eventi e piccole manifestazioni, spesso truffaldina, fatti utilizzando fondi del pnrr: sono tutte spese che non aumentano per nulla l’efficienza la produttività del paese.
Cosa si sarebbe potuto fare?
Innanzitutto affidare l’attuazione dei piani a centri di spesa efficienti e collaudati (come, ad esempio, è stato per le ferrovie) e non a enti come i comuni di cui era ben conosciuta l’incapacità di programmazione e di spesa .
In seconda battuta, quando si sono percepiti chiaramente difficoltà e ritardi, si sarebbe potuto semplicemente rinunciare ai finanziamenti da restituire, evitando di caricare ulteriormente il debito pubblico.
In questo modo il pnrr da leva per risollevare l’Italia si è ridotto a un a super legge di bilancio a pioggia.
di Angelo Gazzaniga