Un futuro con due soli quotidiani nazionali

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forbile
Quale futuro per i quotidiani dopo la fusione “Stampa” “Repubblica”. Ma ci sarà ancora un futuro?

Di sicuro c’è che Marchionne-Elkann e De Benedetti hanno rovinato la festa dei 140 anni del “Corriere della Sera”. E come ha scritto Giampaolo Pansa (che è stato inviato nei tre grandi giornali interessati), “Tra Repubblica e Stampa non sono nozze, ma un funerale”. Effettivamente c’è molta reticenza, imbarazzo a parlarne. Solo un “comunicato sindacale”, senza titolo, di quello che un tempo era un agguerritissimo Comitato di redazione del Cdr del “Corrierone”, polemizza con l’editore, denunciandone gli errori di gestione degli ultimi anni (dagli investimenti sbagliati in Spagna, definite “scelte industriali disastrose”, sino alla vendita della sede storica di via Solferino) per concludere: “La famiglia Agnelli saluta e se ne va a rafforzare il principale concorrente del Corriere della Sera”. E aggiunge: “Come se la squadra degli ingegneri di una scuderia di Formula 1 alla vigilia della prima gara di campionato passasse con le idee e i progetti elaborati alla guida del team rivale”.
Parole sferzanti cadute però nel vuoto. Non vi è stata alcuna replica degli editori, quelli vecchi e quelli “nuovi” e nessun commento né degli esperti di comunicazione (a parte quelli che hanno benedetto “la concentrazione”) e neppure, almeno sino al momento in cui scriviamo, della Federazione della stampa. Quest’ultima ha chiesto solo un incontro con la controparte per avere la garanzia che gli organici dei giornalisti non subiranno “ritocchi”.
Credo che gli editori si propongano di risparmiare sui costi complessivi, lasciando immutate le redazioni, cominciando da quelli di distribuzione, di stampa e degli apparati amministrativi. Poi però, in seguito si metterà mano al taglio (o “razionalizzazione” , come sicuramente si chiamerà questa operazione) dei costi redazionali, con la certezza che i redattori che andranno in pensione non saranno sostituiti e non saranno più consentiti organici, come quelli di oggi, anche se l’integrazione carta stampata-digitale sarà sempre più ferrea.
Fra i giornalisti anziani il più coraggioso nei commenti è stato Ernesto Auci (é stato direttore de “Il Sole-24 Ore”, ma anche l’ultimo amministratore della Itedi e de La Stampa nominato dall’avv. Agnelli). Già nel 2002 – ha scritto – si intravvedevano i segnali di crisi per i giornali e si capiva che non era più possibile mantenere le posizioni restando da soli, in un panorama editoriale che comprendeva due grandi gruppi, come il Corriere della Sera e la Repubblica “e soprattutto vedeva uno strapotere della televisione che drenava la maggior parte della pubblicità”. Auci propose allora all’avvocato la fusione di Stampa e Secolo XIX , che poteva estendersi anche al Gazzettino di Venezia (prima che venisse comprato da Caltagirone). Non se ne fece nulla per la scomparsa di Umberto Agnelli (che era succeduto al fratello alla guida della Fiat).
I progetti sono dunque vecchi, anche se nessuno ne ha mai parlato in modo esplicito . Ora la crisi dell’editoria ne ha favorito e accelerato le prime tappe, a cui sicuramente ne seguiranno altre, anche più consistenti. E non riguarderanno solo il “Corriere”, che potrebbe fondersi con “Il Sole-24 Ore “ e altri giornali regionali. Un’operazione che, per il momento,viene smentita: ma quale intesa industriale o editoriale non è stata smentita prima di essere portata a compimento ?
Il problema che si troverà ad affrontare l’Autorità per le comunicazioni sarà quello di come garantire il pluralismo nell’editoria quotidiana. E come potrà riuscirvi se il colosso che nascerà interesserà almeno il 40 per cento della diffusione su carta e online ? Come si potrà assicurare una autentica libertà di stampa, già fortemente compromessa nel nostro paese? Ricordiamo a questo proposito i dati principali della diffusione (cartacea, più digitali) nei principali quotidiani interessati relativi al 2015: Corriere, 4 milioni 672 mila; Repubblica, 4 milioni e 244; Il Sole-24 Ore, 4 milioni e 533 mila; La Stampa, 2 milioni e 569. Senza avventurarci in complicate operazioni matematiche è facile rendersi conto che la carta stampata, più i siti e giornali online, rappresentano una grande forza nel campo dell’informazione per la ricerca del consenso dell’opinione pubblica: un interesse fortissimo per ogni movimento e partito politico.
Se l’operazione sarà formalizzata, con l’approvazione dell’Agicom, in pratica i quotidiani nazionali si ridurrebbero sostanzialmente a tre e, in prospettiva (se il “Corriere” dovesse fondersi col giornale della Confindustria) appena a due.
Questo problema – il vero nodo da sciogliere – dovrebbe impegnare attivamente anche la Fnsi (al di là della mera difesa degli attuali livelli di occupazione e delle retribuzioni), visto che si tratta di salvaguardare la libertà di stampa, con la garanzia di un autentico pluralismo dell’informazione, senza tuttavia ricercare nuove provvidenze e sostegni finanziari pubblici per l’editoria.
Ci ha provato anche Giampaolo Pansa, in un articolo su “Libero”, ma con scarsi risultati. Si è limitato a riportare rimasticature di vecchi ricordi professionali nelle testate dove ha lavorato, già raccontate nel suo ultimo libro di 400 pagine ,”Il Rompiscatole” (Rizzoli). Il notissimo e stimato collega ha rivelato, con la sua proverbiale franchezza, di non sapere nulla degli sviluppi futuri dell’editoria, anche se questa “concentrazione dell’informazione” lo preoccupa molto. Io però penso (ma potrei anche sbagliarmi) che lui, amico di Scalfari e De Benedetti, non abbia voluto gettare ombre e non turbare la “grandi manovre “, in corso nel mondo dell’editoria, con una sua sferzante condanna. Anche i “rompiscatole” sono fedeli alle amicizie e, si sa, gli amici si rispettano ed è meglio ignorarli quando compiono malefatte.
Da “L’Avanti”

Aldo Forbice

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