Ucraina chiama Italia: come si fa una nazione

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del gaudio
All’Ucraina di oggi si applica perfettamente la massima di D’Azeglio: fatta l’Ucraina dobbiamo fare gli ucraini!

L’Ucraina è una società frammentata al suo interno, in parte conseguenza del vuoto di ‘valori’ lasciati dall’eredità post-sovietica, in parte dovuta al suo retaggio storico-culturale di frammentazione statale tra diverse potenze europee e all’atavico rispetto del più forte e del più ricco, quindi in grado di acquistarti in qualsiasi momento. Il fatto, poi, di essere uno stato giovanissimo (1991), composto da una nazione non ancora amalgamata rende più complesso il mosaico di culture, lingue e minoranze etniche che lo sorreggono. Certamente l’etnos (nazione) dominante rimane quello storicamente definito ucraino.
Attualmente nel binomio di stampo romantico: lingua e cultura ucraine = nazione si riconoscono la maggioranza dei CITTADINI ucraini. La rivoluzione di Majdan, l’annessione della Crimea, la guerra sottaciuta nelle regioni di Donec’k e Luhans’k hanno finalmente spinto numerosi ucraini a chiedersi non solo da che parte schierarsi – come in Italia al tempo della repubblica di Salò – ma anche con quale nazione, lingua e cultura identificarsi.
La sensazione che se ne ricava è che la maggior parte della popolazione giovanile in gran parte delle regioni centro-occidentali, settentrionali e sud-occidentali (semplificando in maniera eccessiva la realtà delle cose) abbia optato per il senso di ucrainità. Fin’ anche gli ucraini con un bagaglio linguistico-culturale di impronta russa o di origine prettamente russa paiono aderire all’idea di uno sviluppo di un’Ucraina politicamente indipendente dalle intrusioni moscovite e si dichiarano favorevoli a un processo di euro-integrazione. Eppure questa è solo una delle realtà che emerge del Paese, quella considerata con favore dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti. Esistono una miriadi di microcosmi sociopolitici, ove anche un’indagine sociologica rigorosa – che difetta a chi scrive – faticherebbe a evidenziare le diverse sfaccettature della mentalità, senso dello stato e visioni politiche. Tuttavia, discorrendo con dei ‘rifugiati’ dalle area di guerra – si intende, ovviamente, coloro che non hanno scelto come patria adottiva la Federazione Russa – emergono una serie di perplessità, per usare un blando eufemismo, sulle scelte politiche pro europee e pan americane. Numerosi CITTADINI ucraini delle regioni di Donec’k ecc., non considerano affatto l’integrazione europea come una panacea ai mali che affliggono l’Ucraina. D’altronde, se il processo di integrazione europeo deve essere interpretato solo come un modo di sfruttare le poche risorse sociali, lavorative e di benessere rimaste in Europa e inficiarla del morbo della corruzione e del clientelismo lavorativo, senza nulla offrire in cambio, allora, pur sostenendo la questione ucraina e la sua integrità territoriale, è preferibile concordare con gli anti-europeisti.
Nei fatti, l’Ucraina, malgrado gli sforzi compiuti dal neo-presidente e dal nuovo esecutivo (sicuramente notevolmente più preparato culturalmente e tecnicamente rispetto ai governi precedenti) non è ancora pronta per un’ euro-integrazione di breve periodo, così come non lo erano la Bulgaria, la Romania ecc. Complessi sono i dissidi interni da risolvere, oltre ad un’auspicabile risoluzione pacifica del conflitto armato.
Le ultime elezioni parlamentari hanno evidenziato una predilezione per il senso di moderazione. Forze più oltranziste, quali Svoboda (libertà), uno dei partiti leader nella rivoluzione di Majdan, a dispetto di un programma politico ben articolato e condivisibile, per uno scarto percentuale irrisorio non ha raggiunto la quota del 5% per sedere in parlamento. Per quanto possa apparire strano, gli eredi dell’ex partito delle regioni, cioè quello dell’ex presidente fuggitivo, hanno, contrariamente ai pronostici, raggiunto circa il 10% dei voti. Volens, nolens, bisogna tenere conto della volontà popolare nel suo complesso.
Come accennato in un precedente articolo, il problema della corruzione, del nepotismo e favoritismo smodato e spudorato – piaga che accomuna l’Ucraina all’Italia, anche se con tonalità più fosche e meschine – affligge e rallenta l’ascesa del paese poiché le tanti menti brillanti e sobrie di questo giovane stato non trovano una collocazione adeguata. I posti chiave e quelli ministeriali sono detenuti sempre dagli stessi. La famosa “ljustracija” (ripulitura) dai pubblici uffici della vecchia classe dirigente non ha avuto luogo, per ora, in modo efficace e radicale. Se il poliziotto per strada non accetta più i due, tre euro di mancia per evitare di controllarti il passaporto, questo non significa che il problema sia stato risolto nelle fila di chi conta veramente.
Inoltre, la situazione di instabilità attuale, l’improvvisa ed eccessiva inflazione, ha spinto coloro i quali si identificano con una nazione ‘russa’ latusensu a guardare con sospetto alle infiltrazioni occidentali e a discriminare larvatamente gli operatori e lavoratori occidentali presenti sul territorio ucraino.
Trovare una risoluzione a tutte queste questioni interrelate non è affar semplice. Certamente, se il Paese si fosse schierato fin da subito e nella sua totalità a favore dei fautori di Majdan, così come gli studenti di Kiev o L’viv, se avessero tutti optato per la bandiera giallo-blu e per il senso di appartenenza ad un’unica ‘nazione’, lingua e cultura ucraina, probabilmente le cose si sarebbero evolute in maniera molto diversa. Se a Donec’k, così come in Crimea, la popolazione locale, come è stato fatto a Mariupol’ e altrove, si fosse schierata a favore del governo centrale, manifestando pacificamente in strada con le bandiere in spalla, sarebbe stato indubbiamente più difficile trovare un pretesto per un intervento armato a sostegno dei diritti dei “russofoni” e della popolazione “russa”. Purtroppo, sic non est!
Senza cadere nella retorica dei sé e dei ma storici, si potrebbe auspicare un referendum, una federalizzazione…l’Ucraina è stata fatta, ora bisogna fare gli ucraini! La massima di D’Azeglio, ricorrente nei circoli accademici ucraini, perfettamente si adatta alla situazione ucraina e, negli ultimi, tempi ritorna di attualità anche in Italia!

Kiev, 15.11.2014
Salvatore Del Gaudio

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