Parlare di dazi in questo periodo è quantomeno stucchevole: tutti (o quasi) concordano sul fatto che i ì dazi rallentano l’economia, creano inflazione e, alla fine, sono un danno per tutti.
Ma anche il contrario, cioè la globalizzazione senza limiti può portare a risultati perversi.
Infatti la globalizzazione funziona in un mercato unico e aperto in cui la libera concorrenza e circolazione di merci favoriscono l’ottimizzazione delle risorse: ogni bene viene prodotto al meglio.
Ma se la globalizzazione è solo parziale, ovvero esistono Paesi che l’applicano e altri che restano un mercato chiuso i risultati possono essere perversi.
Ne è un esempio la Cina: è entrata nel Wto e in un mondo di liberi scambi pur rimanendo con la classificazione di Paese in via di sviluppo, che le ha permesso di non sottostare a determinati vincoli come inquinamento, anche se è diventata la seconda potenza industriale del pianeta; ha posto vincoli di ogni tipo a chi voleva entrare nel suo mercato, obbligando gli investitori stranieri a condividere il proprio know-how se volevano aprire fabbriche in loco; ha applicato politiche aggressive di dumping; ha una magistratura totalmente asservita al potere politico e così di seguito.
Tutto ciò ha portato a uno sviluppo distorto rispetto a quella libera concorrenza che garantirebbe un progresso a tutti: alcune economie si sono sviluppate in modo abnorme e “drogato” (vedi Cina) mentre altre hanno visto desertificarsi interi settori sottoposti a una concorrenza sleale e impossibile da contrastare (vedi i paesi occidentali).
C’è quindi da auspicare di continuare sulla strada della globalizzazione, che ci ha portato a risultati mai raggiunti nella storia dell’umanità, ma di una globalizzazione uguale per tutti e controllata in modo da evitare ingiusti privilegi e concorrenza sleale, altrimenti si corre il rischio di ripiombare in una guerra di dazi foriera di danni e problemi per tutti.
di Angelo Gazzaniga