Laurea per tutti vuol dire per nessuno

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del gaudio
Democratizzazione dell’università non vuol dire lauree per tutti, ma possibilità di accedere per tutti. Altrimenti continuiamo a vedere il progressivo decadimento dei titoli di studio: ormai in Italia una laurea vale some un diploma dei nostri genitori

Qualche anno fa si soleva scherzare a proposito dell’inflazione dei titoli di studio e del numero dei laureati. Spesso si udiva che tra qualche tempo, anche per svolgere una banale attività, in cui prima era richiesta la licenza elementare, sarebbe presto servita una laurea. Ebbene, quello che appariva come una facezia si è tramutata in realtà!

Confesso che sono rimasto particolarmente colpito nel leggere i requisiti del nuovo concorso bandito dalle poste italiane in cui si selezionano “addetti allo smistamento” con i seguenti requisiti: “diploma di scuola media superiore con votazione minima 70/100 o diploma di laurea, anche triennale, con votazione minima 102/110”. E’ indubbiamente apprezzabile che si bandiscano dei posti di lavoro in un frangente di disoccupazione tale come quello attuale. Altrettanto comprensibile che si richiedano candidati con conoscenza di arabo e cinese per delle mansioni specifiche e che queste persone siano da ricercare tra i laureati in lingue piuttosto che tra persone che abbiano terminato un corso di lingue serale o per adulti come accade in altri paesi. Anche se credo che una laurea breve in cinese o in arabo sia decisamente più qualificante rispetto alla semplice decifrazione della posta indirizzata in queste lingue. Tuttavia, dietro questo pur nobile tentativo di creare lavoro, viene da interrogarsi sul messaggio effettivo che viene proposto ai giovani: PER SVOLGERE UN’ATTIVITA IMPIEGATIZIA CHE ANCORA I NOSTRI GENITORI SVOLGEVANO CON UNA LICENZA MEDIA INFERIORE O, AL MASSIMO, SUPERIORE, ORA SI RICHIEDE UN TITOLO DI STUDIO UNIVERSITARIO!!! Ciò implica, se si riflette approfonditamente sul sistema di studio e, più in generale, sul sistema Italia, che è in atto uno svilimento e un vilipendio della nostra cultura e della nostra università, segno di un decadimento generale: o tempora, o mores, direbbe qualcuno!
Qui ci si ricollega al modello tedesco che tanto attrae Renzi e parte dei suoi novelli e inesperti politici (che le donne non me ne vogliano: “politiche” stonerebbe!!! Anche se di politiche lavorative e giovanili si tratta) i quali, contrariamente ad altri, non lo hanno mai vissuto in prima persona. Innanzitutto in Germania o, meglio, nelle maggior parte delle regioni federative (Länder) che la costituiscono, esiste una cosa che va sotto il nome di programmazione di medio termine per quello che riguarda le possibilità lavorative di chi consegue un titolo universitario. Se si pronostica un’immissione lavorativa problematica nel prossimo periodo, spesso si provvede a inserire il cosiddetto numerus clausus (sì i tedeschi per quanto riguarda la terminologia accademica sono più latinisti e meno anglicizzati di noi). Questo può riguardare le più svariate facoltà: da anglistica a giurisprudenza, da geologia a medicina.
Un’altra differenza sostanziale con l’Italia, riguarda le prove di ammissione. A queste si partecipa serenamente e, soprattutto, seriamente, senza raccomandazioni di sorta. Non conta essere figlio o parente di quello o dell’altro. Tali prove sono preparate ad hoc, ben calibrate e non come dei quiz televisivi o come degli impossibili rompicapo che gli stessi ideatori avrebbero difficoltà a svolgere.Il voto del diploma di scuola superiore non è l’unico criterio valido. Si cercano di carpire le reali motivazioni del futuro studente e le sue inclinazioni. Proprio quest’ultimo è il punto saliente che separa nettamente il mondo dell’istruzione – (oggi va detto formazione, sì perché essa esula dai concetti e dalle cognizioni fondamentali! L’importante sono i progetti e progettini vari, copiati e computerizzati) – tedesco da quello italiano.
Non esiste la corsa alla laurea a tutti i costi e a qualsiasi prezzo, la scuola seleziona i discenti in base alle loro naturali predisposizionie attitudini. Non esistono pregiudizi provinciali, velleità genitoriali o motteggiamenti amicali, se un giovane sceglie un indirizzo pratico-professionale: meccanico, parrucchiere, tecnico di laboratorio ecc., al posto di divenire uno studente negligente, inadatto e non idoneo di giurisprudenza, lettere, scienze motorie o scienze politiche non è pietra di scandalo o di giudizio. Fondamentale è che questi un domani sia una persona competente nel suo settore, un onesto cittadino con voglia di lavorare – provvisto, ovviamente, di dignitosa retribuzione. Tale impostazione ricorda l’insegnamento di don Bosco ai suoi.
Certamente, se la logica è quella di fornire a tutti un titolo di studio, come una sorta di benedizione a urbi et orbi, inteso solo come documento giuridico e di idoneità, alla stregua di una carta d’identità. Se la scuola di base: elementare e media è da tempo divenuta una filiera di passaggio per il libero scambio di merci, priva della sua funzione educativa e cognitiva. Se essa non si cura del raggiungimento e del pieno superamento delle cognizioni minime di aritmetica, quindi matematica, italiano, storia, geografia ecc., allora si verifica un paradosso, ormai logoro, per cui una studentessa all’esame di stato, con velleità universitarie indiscusse, figlia di noti e affermati professionisti, benché lievemente aiutata dai suoi membri interni, scriva l’avverbio “allora” come il suo omofono sostantivo: all’ora! Oppure liceali che sanno tutto dei mezzi informatici di comunicazione, conoscono tutte le funzioni sofisticate dei telefonini (ad esempio, i cosiddetti whatsApp che mia madre, dato la pronunzia napoletanizzata, aveva scambiato per la zapp(a)!) ma vanno in difficoltà per una tabellina, per una data storica fondamentale o per l’opera di un noto scrittore.
Con le affermazioni espresse, saremo, forse, giudicati retrogradi. Resta, tuttavia, nostra ferma convinzione che tali individui, prima di tentare un accesso all’università, siano indirizzati a corsi di preparazione propedeutica o vengano indirizzati a professioni pratiche. Riteniamo, infatti, ingiusto che nella mediocrità del nostro sistema scolastico e universitario tutti indistintamente siano spinti al conseguimento di una laurea, pur breve che dir si voglia, con il conseguente e catastrofico risultato del deprezzamento del titolo universitario, equiparato a una licenza elementare e/o media di un tempo!

 Salvatore Del Gaudio

 

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