L’asse Obama-Francesco: Cuba, Prestidigitazione e Confusione

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Putroppo, le affermazioni, gli atti e i gesti di Francesco favoriscono l’oppressione del popolo cubano e la deriva a sinistra delle Americhe

It is extremely painful to say, but the boot with which Castro continues to crush Cubans on the island now has a high-ranking endorsement. Unfortunately, the statements, deeds and gestures of Francis favor the oppression of the Cuban people and a leftward shift in Latin America. In this regard we might be faced with a pontificate marked by confusion and even chaos, with disturbing consequences for the political, social and Christian future of the Americas.

MIAMI, Fla. Gennaio 2015 – Cuba, la mia terra, ha appena compiuto 56 anni di martirio sotto una nefasta rivoluzione comunista. Il 31 dicembre 2014 ha segnato il 56mo anniversario di tale rivoluzione, e avrebbe dovuto essere la celebrazione di un nuovo giorno, scaldato dal sole dei rapporti riannodati con gli Stati Uniti. Invece la polizia all’Avana ha scelto quello stesso giorno per reprimere l’opposizione che aveva semplicemente cercato di radunarsi in Piazza della rivoluzione. Non solo: fin dal 19 dicembre, appena due giorni dopo che Roma, Washington e l’Avana avevano annunciato in simultanea il ripristino dei rapporti diplomatici fra il governo USA e la dittatura cubana, una imbarcazione appartenente alla Guardia Costiera di Castro, presumibilmente in acque internazionali, si è messa a speronare una barca che stava fuggendo da Cuba, cercando di affondarla assieme ai 32 che si trovavano a bordo, fra cui sette donne e due bambini. Quei cubani stavano semplicemente cercando la libertà, per spezzare l’infame “embargo interno” che Castro impone da sempre, in modo tirannico, sul suo popolo.
Successivamente, una dei sopravvissuti, la signora Masiel Castilian González, il cui marito Leosbel Beoto Diaz nella traversata era morto annegato, ha raccontato al telefono: “Noi gridavamo, implorando aiuto perché la barca stava affondando. Ma non volevano sentirci. Continuavano a speronare la nostra barca. Alcuni di noi sono saltati in acqua ma gli altri sono rimasti nella barca che stava affondando.” “[Gli uomini della Guardia costiera ] sapevano che c’erano dei bambini a bordo ma non gliene importava nulla, continuavano lo stesso a spintonarci.”Questa azione brutale è stata compiuta da un regime che si sente ancora di poter contare su alleati potenti. Un’azione criminale così grave da parte del regime castrista dovrebbe suscitare le proteste e il rigetto da parte del mondo intero, eppure la stampa internazionale manco se ne è accorta. Né governi dell’occidente, né le organizzazioni per i “diritti umani” né (è duro doverlo dire!) gli uomini di chiesa, che ci si aspetta imitino il Buon Pastore nel essere disponibili a dare la vita per le loro pecore.
Davanti a questo gigantesco dramma e a questo anniversario tragico, non si è alzata voce alcuna sulla faccia della terra che esprimesse lo sdegno nei confronti di questa situazione che grida al cospetto di Dio. Molti dei governi che si strappano le vesti tutti gli anni all’Onu per condannare il cosiddetto “embargo” degli Usa hanno mandato messaggi di auguri ai dispotici Castro, ma non hanno detto una parola sull’implacabile “embargo interno” del regime, attuato nei confronti dei 12 milioni di abitanti dell’isola-carcere.
Stiamo assistendo a uno dei più grandi esempi di prestidigitazione dei media: un regime che per decenni ha guidato le rivoluzioni sanguinarie in America Latina ed Africa, e ha continuato ad diffondere i suoi tentacoli attraverso le tre Americhe, passa dalla meritatissima immagine di aggressori a quella di vittima.
Ci sono innumerevoli esempi di aiuti internazionali dati al regime cubano che lo hanno messo in grado di sopravvivere. Dopo che era terminato il sostegno finanziario gigantesco iniziato con l’Unione Sovietica e continuato fino alla sua disintegrazione, seguito dal sostegno del Brasile di Lula-Dilma, Cuba aveva finito per avere le casse sempre più vuote. Allora, in soccorso non dei prigionieri ma del regime, sorse l’inaspettato ”asse” Francesco-Obama: un’alleanza spiritual-politica sui generis che, a prescindere delle intenzioni altisonanti dei suoi augusti protagonisti, adesso fornirà all’apparato repressivo del regime cubano un fiume di denaro e di pubblicità favorevole. Negli Stati Uniti, molti specialisti hanno mostrato in modo molto ben documentato come l’approccio quasi incondizionato del governo USA favorisca il regime cubano e danneggi la causa della libertà sull’isola, i cui abitanti adesso sono ancor più di prima alla mercé dei tiranni. Di conseguenza, essi hanno aspramente criticato il Presidente Obama (cf. “Cuban dissidents blast Obama’s betrayal,” Marc A. Thiessen, Washington Post, 29 dicembre 2014. “Obama gives the Castro regime in Cuba an undeserved rescue,” Washington Post, 17 dicembre 2014).
Tuttavia, pochissimi analisti hanno rilevato l’aspetto più grave e tragico di questo accordo: la responsabilità che ricade sulle spalle di Papa Francesco, il suo più eminente architetto e mediatore.
Il 17 dicembre, il giorno stesso dell’annuncio della ripresa dei rapporti diplomatici, oltre a riaffermare il suo ruolo di mediatore, Francesco ha apprezzato il rilascio di “alcuni detenuti” senza nemmeno accennare al fatto che il sistema comunista cubano soggioga non solo “alcuni” detenuti ma ben 12 milioni di persone. E’ veramente doloroso doverlo dire, ma lo stivale con cui Castro continua a schiacciare i miei fratelli sull’isola adesso ha un’approvazione molto prestigiosa.
D’altra parte va notato che i “detenuti” comunisti cubani in mano alla Giustizia americana erano in realtà delle spie che sono state processate e condannate per complicità nell’assassinio di alcuni giovani facenti parte di Hermanos al Rescate [organizzazione non-profit di esiliati cubani con base a Miami diretta ad assistere i rifugiati in fuga da Cuba, ndr], e per aver partecipato al contrabbando di esplosivi da far arrivare a Miami per atti di terrorismo. Per questo motivo, il capobanda dei “detenuti” comunisti è stato condannato a due ergastoli.
A prescindere dalle sue intenzioni, non è la prima volta che Francesco si è mosso in modo tale da favorire oggettivamente la sinistra politica ed ecclesiastica in America Latina. Ad esempio, in ottobre ha presenziato a Roma all’Incontro mondiale dei movimenti popolari, che ha chiamato a raccolta a Roma 100 leader rivoluzionari, compresi alcuni professionisti dell’agitazione molto noti in America Latina. L’incontro si è risolto in una specie di beatificazione da marketing di queste figure rivoluzionarie di ispirazione marxista, i “beati” sui generis di una “chiesa all’incontrario”, in contrapposizione all’intera dottrina sociale della Chiesa difesa dai predecessori di Francesco (cf. “The Pope Greets and Blesses,” L’Osservatore Romano, 28 ottobre 2014; “Francis, a publicity ‘beatification’ of revolutionaries, and ‘social upheaval,’” Highlight International, 2 novembre 2014).
Io ho avuto l’opportunità di commentare altri avvenimenti in linea con questo, quando ad esempio, Papa Francesco ha rovesciato la “sospensione a divinis” del sacerdote nicaraguense Miguel D’Escoto Brockmann, della tristemente famosa congregazione Maryknoll. Ex-Ministro degli esteri sandinista ed insigne esponente pro-castrista nella Teologia della liberazione, era stato sanzionato dal Vaticano nel 1984 per il suo coinvolgimento nella persecuzione dei cattolici nicaraguensi durante il primo governo sandinista (cf. “Francis, Pro-castroites and Confusion,” Armando Valladares, 6 agosto 2014). Purtroppo per Cuba e l’America latina, queste affermazioni, atti e gesti di Papa Francesco favoriscono direttamente o indirettamente l’oppressione del popolo cubano e la deriva a sinistra del continente. Aleggia nell’aria il sentimento che, da questi punti di vista, potremmo trovarci in presenza di un pontificate segnato dalla confusione e perfino dal caos, con conseguenze inquietanti per il futuro politico, sociale e cristiano delle Americhe. Da cattolico ed ex-prigioniero politico cubano che ha trascorso 22 anni nelle segrete di Castro e si è vista rafforzare la fede dall’assistere alle ultime parole di giovani cattolici che gridavano “Viva Cristo Rey, abbasso il comunismo!” come ultimo parole davanti al plotone di esecuzione, mi sento in dovere di trasmettere le perplessità, le ansie e i drammi interni prodotti dai suesposti eventi. Questa è una delle situazioni più dolorose che ci possano essere perché tocca i nostri legami con la Santa Sede.
Tuttavia, come ho già avuto occasione di dire in altre occasioni, la nostra fede di cattolici deve restare intatta e anche rafforzarsi alla luce di questi dilemmi, dato che nelle questioni politiche e diplomatiche neppure i papi sono assistiti dall’infallibilità. I cattolici non sono obbligati ad accettare delle parole e dei fatti nella misura in cui confliggono con le posizioni tradizionali della Chiesa nei riguardi del comunismo.

Cuba, my homeland, has just completed 56 years of martyrdom under a nefarious communist revolution. December 31st 2014 marked the 56 anniversary of the revolution, and should have been the celebration of the new-found freedom guaranteed by the new brotherly relationships with the United States. Yet police in Havana chose that very day to crack down on opponents for simply trying to meet at Revolution Square.Not only that: as early as December 19, two days after Rome, Washington and Havana had simultaneously announced the resumption of diplomatic relations between the U.S. government and the Cuban dictatorship, a vessel of Castro’s Coast Guard, presumably in international waters, began ramming a boat that was fleeing Cuba, seeking to sink it together with it’s 32 people on board, including seven women and two children. Those Cubans were simply seeking freedom and trying to break the infamous “internal embargo” that Castro has ever tyrannically imposed on his own people.
One of the survivors, Mrs. Masiel Castilian González, whose husband Leosbel Beoto Diaz drowned, later recounted by phone: “We were screaming, crying for help because the boat was sinking. But they would not listen. They kept ramming our boat. Some people jumped into the water but we the rest of us stayed there as the boat was sinking.” “They knew there were kids on board but they still kept ramming us. They did not care.”
This brutal action was done by a regime that still feels backed up by powerful allies. A criminal event so seriously damning for the Castro regime should be confronted by a worldwide outcry of repudiation, yet international press hardly noticed. Western governments, “human rights” organizations or (painful to say !) churchmen whom we expect to imitate the Good Shepherd by being ready to give their lives for their sheep, all hardly noticed.

Confronted with this gigantic drama and tragic anniversary, hardly any voices were heard on the face of the earth to express their outrage at this situation, which cries out to heaven. Many governments that rend their garments at the UN year after year in condemning the so-called U.S. “embargo” have sent messages of well-wishing to the Castro tyrants, but said not a word about the regime’s implacable “internal embargo” against the 12 million inhabitants of the island-prison are witnessing one of the greatest examples of media sleights-of-hand in history: from a well-deserved image of aggressor, a regime which for decades has spearheaded bloody revolutions in Latin America and Africa and continues to spread its tentacles throughout the three Americas, has been craftily made to look like a victimized underdog These are countless instances of international aid to the Cuban regime which have enabled and continue enabling it to survive. After gargantuan financial backing by the Soviet Union until it collapsed, followed by financing by Chavez’s Venezuela up until it’s present disintegration, and finally by support from Lula-Dilma’s Brazil, Cuba today had increasingly empty coffers. Then, to the rescue, not of the prisoners but of the regime, comes the unexpected rise of a Francis-Obama “axis”: a sui generis spiritual-political alliance which, regardless of the intentions of its high-ranking protagonists, will now provide the repressive apparatus of the Cuban regime with rivers of money and favorable publicity. In the United States, many specialists have shown in a well-documented way how the U.S. administration’s almost unconditional approach favors the Cuban regime and harms the cause of freedom on the island, whose inhabitants are now even more at the mercy of the tyrants. As a consequence, they have harshly criticized President Obama (cf. “Cuban dissidents blast Obama’s betrayal,” Marc A. Thiessen, Washington Post, Dec. 29, 2014. “Obama gives the Castro regime in Cuba an undeserved rescue,” Editorial in Spanish and English, Washington Post, December 17, 2014. I had the opportunity to comment on other events along the same line, when Francis overturned the ‘suspension a divinis” of Nicaraguan priest Miguel D’Escoto Brockmann, of the sadly famous Maryknoll congregation. A former Sandinista foreign minister and a leading pro-Castro figure in liberation theology, he had been sanctioned by the Vatican in 1984 for his involvement in the persecution of Nicaraguan Catholics during the first Sandinista government (cf. “Francis, Pro-castroites, and Confusion,” Armando Valladares, August 6, 2014). Unfurtunately, with regard to Cuba and Latin America, these statements, deeds and gestures by Pope Francis directly or indirectly favor the oppression of the Cuban people and a leftward shift of the continent. There hovers in the air a feeling that, from these standpoints we might be in the presence of a pontificate marked by confusion and even chaos, with disturbing consequences for the political, social and Christian future of the Americas As a Catholic and former Cuban political prisoner who spent 22 years in Castro’s dungeons and saw my faith strengthened by hearing the shouts of young Catholics shouting “Viva Cristo Rey, down with communism!” as they faced the firing squad, I feel called upon to convey the perplexities, anxieties and inner dramas that the above-mentioned events produce. This is one of the most painful situations there can be because it touches on our bonds with the Holy See.
However, as I have already said on other occasions, our faith as Catholics must remain intact and even be strengthened by these dilemmas, since in political and diplomatic matters not even Popes are assisted by infallibility. Catholics are not obliged to accept words and deeds to the extent that they are at variance with the traditional stance adopted by the Church in relation to communism.

Armando F. Valladares

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