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La “scienza desnuda” di Edoardo Boncinelli

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Una recensione del libro di Edoardo Boncinelli, I sette ingredienti della scienza,

Edoardo Boncinelli è uno scienziato di rango, genetista, fisico di formazione, e provetto divulgatore. Con i suoi numerosi volumi, pubblicati da editori prestigiosi, ha fortemente contribuito ad alfabetizzare la cultura italiana nel settore di sua competenza. Altrettanto competente grecista, si e’ cimentato anche nella traduzione e commento di lirici greci. Protagonista di dibattiti in molte sedi e contesti, ha abbondantemente interagito al di fuori del ristretto ambito della ricerca avanzata, dialogando con il mondo (altrettanto piccolo) dell’intelligentsia italiana. Questo suo ultimo libro, “I sette ingredienti della scienza”, non offre programmaticamente contenuti divulgativi di alto livello, come gli altri che lo hanno preceduto. Mette invece in evidenza tutte le considerazioni critiche dell’autore sui tic e le perduranti manie o fissazioni del ceto medio riflessivo, che a volte è pure consumatore di articoli di saggistica scientifica.
Ma lo fa con grande tatto e diplomazia, cioè senza fare nomi e soprattutto cognomi. Partono comunque grossi colpi di bazooka.
“Le scienze sociali non raggiungono lo stesso stato di precisione delle scienze hard nel definire i propri termini…”(p.79) e incontrano un mare di problemi specie in ambito predittivo. Qui Boncinelli risparmia gli economisti, che le malelingue paragonano senza mezzi termini agli astrologhi.
“ Solo e quando ci sarà una fusione con le neuroscienze si potrà parlare di conoscenza scientifica della psiche”(p.73). Addio Freud, ce ne faremo una ragione.
Molti sostengono che ‘’ la scienza non si occupa del tutto e sul tutto non è in grado di dire nulla di significativo. Ma non dicono mai cosa è il tutto”(p.75). Amen.
I filosofi ( della scienza) sostengono che le conclusioni ricavate dagli scienziati sulla base dei dati sperimentali soffrono di vizi logici di fondo, dovuti a una mancata completa giustificazione dei processi di “induzione”. Che è “l’ipotetica operazione mentale per cui da una serie di osservazioni sperimentali si giunge almeno a una generalizzazione, se non alla formulazione di una legge. In linea teorica, la scienza procede così, ma come e’ stato spesso rimarcato, il fatto che un evento si sia presentato innumerevoli volte non è affatto garanzia che si ripresenterà ancora un’altra volta in futuro: critica giustissima, perniciosa e insormontabile. Ciò ha fatto concludere a alcuni filosofi ( in Italia praticamente a tutti) che la scienza non ha fondamento.”(pag.71-72)
Sembra che gli illuminati abbiano una reazione da Don Ferrante manzoniano, per non evocare il Simplicio dei dialoghi di Galilei: tipiche figure fisse della commedia dell’arte, o del teatrino delle maschere, della cultura italiota.
Torniamo all’autore e ai suoi ripetuti sfoghi:“ La scienza non può fornire certezze assolute, non è assolutamente in grado di dare un senso all’esistenza e non possiede ricette per la felicita degli Stati e degli individui ….”(p.91). Traduzione: non è programmata per risolvere i problemi sociali degli Stati e neppure quelli psicologici degli individui.
Inoltre ” la scienza stessa ci spiega perché l’evoluzione culturale e sociale non possono lasciare direttamente tracce di sè nella nostra natura biologica individuale”(p.92). Le conquiste sociali e politiche non lasciano tracce nel DNA degli individui, e possono svanire anche in modi incomprensibili. Regressioni e arretramenti di intere civiltà sono state oggetto di approfondite analisi da parte degli storici. Per il cosiddetto progresso, è necessaria una volontà, che prescinde dai geni. Che non fanno tutto, con buona pace di Richard Dawkins ( che non viene nominato).
Tanto meno si può parlare di evoluzionismo applicato alla storia della cultura e della scienza, dato che le scoperte e le innovazioni scientifiche pure non lasciano tracce nei geni. Qui i colpevoli innominati sono due prestigiosi autori, entrambi scomparsi, di noto editore genovese, specializzato nella saggistica di avanguardia.
In definitiva, una appassionata difesa della scienza e del suo metodo, ovvero un breviario di buon senso epistemologico. Con particolare attenzione agli intellettuali di marca storico-filosofico-critica, che pure si interessano vivamente alla scienza e alle sue problematiche. Insomma il libro mi sembra la testimonianza, anche dolorosa e sofferta, della incomunicabilità fra il mondo di carta, per usare una espressione del compianto Enrico Bellone, e il mondo dei laboratori. Due mondi che rimangono separati da un irreparabile gap mentale e culturale, nonostante gli sforzi meritori per avvicinarli in qualche misura, abbondantemente profusi dallo stesso Boncinelli nella sua vasta produzione pubblicistica.
Nonostante le bacchettate , Boncinelli e’ stato insignito della laurea honoris causa in filosofia dall’Università di Palermo. L’amore continua.
Edoardo Boncinelli, I sette ingredienti della scienza, Indiana editore, 110 pagine euro 13.50

Lanfranco Belloni