JOHN MAYNARD KEYNES CONTRO SIR JOSIAH STAMP: LO STATO E’ INDIPENDENTE DAL MERCATO E NON PUO’ ANDARE IN BANCAROTTA (parte II)

Data:

“… Sono pochi i teorici dell’economia che riconoscono l’esistenza della riflessività: essi cercano
di stabilire le condizioni di equilibrio, mentre la riflessività è fonte di squilibrio. John Maynard
Keynes era acutamente consapevole dell’esistenza di fenomeni riflessivi: paragonava infatti i
mercati finanziari a un gioco in cui ciascuno deve indovinare in che modo gli altri indovinano in
che modo gli altri indovinano; ma anch’egli, per renderla accettabile a livello accademico, ha
presentato la propria teoria in termini di equilibrio…”
George Soros, La società aperta

“… Sono le idee, non gli interessi costituiti, che sono pericolose nel bene e nel male”
John Maynard Keynes

George Soros gode di una pessima reputazione presso l’opinione pubblica italiana perché nel
Belpaese l’Ideologia prevale sulla “opening society”, quale sintomo della grave arretratezza di una società civile e di una classe dirigente senza Establishment. Proprio come nella Russia di Gorbaciov, Eltsin e Putin: i nemici delle Fondazioni per la Open Society.
Come ha scritto il geniale Enrico Deaglio nel suo pezzo “Il caso Savona in fondo non è stato uno scherzo” pubblicato su Il Venerdì de la Repubblica nel maggio del 2018, “il Luigi Bisignani dell’economia” Paolo Savona tentò un “golpe bianco” per far uscire l’Italia dall’Euro, golpe sventato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
E’ il caso di citare quasi integralmente lo stesso Deaglio, che superò se stesso nel dossier da egli curato per Il Venerdì – facendo capire con un tocco di “follia lungimirante” alla Erasmo da Rotterdam che l’ideologia è criminogena: in quanto tale, essa è generatrice di crimini; si tratta cioè di una distorsione teoretica del pensiero condizionata dall’“errore intenzionale nell’argomentazione”, finalizzato a riprogettare autoritativamente la realtà: così si generano dei mostri.
Savona è ultra-keynesiano, e in forza del suo keynesismo massimalista ha portato nel 2018 l’Italia sull’orlo del default: come abbiamo detto nella I parte di questo saggio, “le idee hanno conseguenze” per citare Fredrich Hayek. E alcune possono essere gravi. Per esempio, l’imprigionamento di un Paese dentro l’“autarchia” peculiare delle “società chiuse” favorisce la criminalità organizzata a discapito del business – uccidendo l’autoemancipazione dell’Individuo che è libero dai clan.
La parola a Deaglio (6 giugno 2018):

“Il 17 maggio scorso (2018, ndr), il presidente Sergio Mattarella annunciò agli italiani che era stato sventato un golpe. E li avvertì che il pericolo non era ancora finito. Ricorderemo a lungo quella sera, le grandi porte di legno di noce del Quirinale, gli statuari corazzieri; l’uomo dai capelli bianchi noto per la sua moderazione verbale disse che Lega e Movimento 5 Stelle avevano in progetto l’uscita dell’Italia dall’Euro e che questo avrebbe portato la rovina economica e finanziaria del Paese. Ma fece capire, nel tono di voce, che sentiva la responsabilità di avvertire gli italiani del pericolo.
Era il secondo momento della sua vita.
Trentotto anni prima, giovane professore universitario immerso nel mondo rarefatto del Diritto costituzionale, aveva aiutato a estrarre da una Fiat 132 il corpo agonizzante di suo fratello maggiore, Piersanti, presidente della Regione siciliana, ucciso perché si opponeva ai progetti finanziari di Cosa Nostra.
Non faceva politica allora, anzi gli sconsigliarono di farla. Invece, in onore a suo fratello e alle sue idee, la fece. Nessun paese europeo ha avuto la storia drammatica dell’Italia recente; nessun altro capo di Stato in Europa ha la biografia di Sergio Mattarella. Se ci si chiede cosa gli diede il coraggio, quella sera, di suonare l’allarme, una risposta possibile è che gli avvenimenti della vita gli abbiano dato una grande sensibilità a proposito di moralità, politica e finanza.
Il golpe era stato promosso dal professor Paolo Savona Romagnino, 82 anni, economista, banchiere e grand commis della Prima Repubblica, che Luigi Di Maio e Matteo Salvini avevano indicato come ministro del Tesoro. Appena insediato, “il governo del popolo”, di fronte all’insensibilità tedesca avrebbe attuato – in un blitz preparato fin nei dettagli – l’uscita dall’Euro e l’introduzione della Nuova Lira. Sarebbe seguito il più grande sconquasso finanziario europeo; con la Nuova moneta svalutata del 20 per cento, il governo avrebbe chiesto – alla maniera di don Corleone, “un’offerta che non si può rifiutare” – la rinegoziazione del debito, affidandone la realizzazione agli adviser Vladimir Putin e all’ideologo di Donald Trump, Steve Bannon. Il popolo italiano sarebbe andato fiero della sua sovranità riconquistata, saziato di sussidi e instupidito.
Golpe annunciato, golpe fallito? Presto per sapere. La settimana seguente fu densissima: crollo sui mercati, spettro di insolvenza italiana, richiesta di impeachment per Mattarella, promesse di organizzare la grande rabbia del popolo in manifestazioni oceaniche. I protagonisti reagirono in modo diverso. Luigi Di Maio, per ingenuità e giovinezza invocò le attenuanti: “Non sapevo, mi sembrava uno stimato professore”. Il presidente incaricato, il professor Conte, disse la stessa cosa. Silenzio anche dal professor Sapelli, il primo indicato a fare il premier e poi scaricato per aver proposto un suo amico come ministro dell’Economia. Silenzio anche dal prof. Giulio Tremonti, un “savoniano” ante litteram. A trovarsi scoperto fu invece Matteo Salvini, il più esposto anche perché il più favorito dal popolo. Il famoso (e inaudito, in democrazia) “contratto di governo” recava l’impronta del professor Savona (la prima versione – quella vera – rivelata dall’Huffington Post, prevedeva addirittura la cancellazione immediata di 250 miliardi di debito italiano). In un’intervista di due anni fa (la si può vedere su Repubblica.it), Salvini prevedeva di andare al governo e raccontava nel dettaglio le modalità dell’uscita dall’Euro che sarebbe seguita: “Lo faremo subito, prima che i Soros della situazione ti massacrino”.
D’altronde il prof. Savona, addirittura nel 2015, prevedeva – la sua dichiarazione, davvero inquietante, è stata resa nota da Rep Tv – che l’Italia, dopo il fallimento di Renzi, avrebbe avuto un governo “Lega – Cinque Stelle” e che questo sarebbe uscito dall’Euro.
Il prof. Savona è un appassionato della “teoria dei giochi”. Gli piace prevedere scenari e immaginare soluzioni, gli piacciono le profezie che si autoadempiono, gode nel vedere il suo mondo parallelo diventare realtà (era vero anche di Adolf Hitler, ndr). Ma Savona è anche una persona pratica. Che gusto ci sarebbe a giocare alle catastrofi politiche e finanziarie, se non ci fosse anche un rendiconto?
Benvenuti dunque nello sconosciuto Fondo Euklid, hedge fund basato a Londra dal 2013 e creatura del professor Savona. Mission: fare soldi, tantissimi. Come? Creando mostri politici paurosi che facciano guadagnare cifre favolose ai soci del club…”.
Concludeva l’informatissimo Deaglio nel suo pezzo d’antologia del giornalismo italiano: “… Paolo Savona, sicuro di diventare il ministro del golpe anti Euro, si è dimesso da Euklid un attimo prima. Ma qualcosa è andato male. Tutti si augurano che gli aderenti al club che avevano messo un chip sulle sue financial predictions siano dotati di sense of humor. Altrimenti va a finire come con Sindona…”.
L’osservazione finale di Deaglio è sottoscrivibile tout court: “… (Savona, ndr) Lancia messaggi: sa molte cose sul terrorismo delle Br, sui grandi affari del cemento, ovviamente anche sulla Banca Etruria. Sembra una specie di Bisignani, ma più in grande.
In quella drammatica sera del 17 maggio (2018, ndr) il presidente Mattarella ce l’ha fatto conoscere. E’ stato coraggioso, e solo”. Bellissime parole, quelle di Deaglio.

Orbene, il disegno golpista – se pur nella categoria dei “golpe bianchi” – di Paolo Savona, difeso cerchiobottisticamente dall’Homo Sovieticus Giulio Tremonti, ha come background ideologico il libro “John Maynard Keynes – L’assurdità dei sacrifici Elogio della spesa pubblica” a cura di Warren Mosler, che attraverso la “Teoria generale della Moneta” neokeynesiana che ispira lo stesso Savona, ha affermato che lo Stato è indipendente dal mercato; la cattiva teoria ha effetti distorsivi sulla pratica, come il tentato “golpe Savona” per fortuna rovesciato dall’equilibrato inquilino del Quirinale Sergio Mattarella.
A pag. 26 del suddetto libro, infatti, l’ideologo del neo-chartalismo keynesiano Mosler afferma giustamente, che per Keynes – se lo si prende alla lettera – non c’è il rischio bancarotta e che lo Stato deve ignorare gli organismi sovranazionali, alla luce del fatto che “non c’è rischio di insolvenza”: ma come la mettiamo con i mercati finanziari, visto che gli Stati sono sovrani all’interno della globalizzazione che non è un’entità astratta ma è figlia di Cristoforo Colombo?
Ecco la riproduzione di un passaggio fondamentale dell’intervista già citata di Sir Josiah Stamp, presidente della Bank of England, a John Maynard Keynes del 1933: egli afferma che lo Stato non può andare in default (sic!), e poi non dobbiamo allora stupirci che i giocatori d’azzardo alla Savona un po’ Sindona tentino di rovesciare le regole del giuoco provocando l’ingerenza della teoria nella realtà:

“… Dalla questione della credibilità di uno Stato, alle valutazioni di solvibilità, al rischio e gestione del default.
Stamp. Ammesso che si voglia concedere una ragionevole attenzione alle opinioni della gente relativamente al credito pubblico, non è un fatto positivo per il governo, qualora si pensi che esso sia sull’orlo della bancarotta.
K. Non credo che misure davvero in grado di arricchire il paese possano danneggiare la credibilità pubblica. Ti stai dimenticando che io sostengo come siano il peso della disoccupazione e la diminuzione del reddito nazionale a mettere sottosopra il bilancio? Troviamo soluzioni per aumentare l’occupazione e il bilancio tornerà regolare.

Traduce Warren Mosler, che contribuisce a ideologizzare il discorso economico anche per colpa di Keynes: “In questo passaggio dell’intervista, Keynes tocca il punto della tenuta contabile di uno Stato e delle valutazioni che riceve da soggetti terzi. Oggi, in euro zona, la questione della valutazione sulla solvibilità è presente su tutti i media. Keynes afferma in sostanza che uno Stato con reale capacità di spesa è indipendente dal mercato e può ignorare le valutazioni di qualsiasi agenzia di rating e così afferma anche la MMT. “il fatto che la spesa governativa non sia in nessun caso operativamente vincolata dalle entrate significa che non c’è “rischio di insolvenza”. Il caso dell’euro zona è diverso. Qui il rischio di insolvenza è effettivo, perché i finanziamenti pubblici dipendono dai prestiti di soggetti terzi che dovranno essere ripagati e le agenzie di rating valutano la solvibilità degli Stati. Chi si finanzia a debito senza moneta sovrana è soggetto a quelle valutazioni. Tuttavia, anche nel caso di uno Stato non solvibile, deve essere sottolineata una particolarità del debito: esso è comunque un debito “non ricorso” e “non assicurato”. Significa che “il governo può arrivare a cambiare idea su questo debito. Legalmente e in qualunque momento. Ovviamente i governi nel corso della storia non lo fanno sempre. Infatti possono anche fare default (dichiarare fallimento, n.d.c.) sul debito… Il governo è presente per servire l’interesse collettivo; vede quelli che sono ancora i debiti in euro non saldati e poi decide quale tipo di politica del debito possa servire ad adempiere a scopi di interesse pubblico.”
Dunque, un paese a moneta non sovrana, secondo la MMT (Modern Money Theory, ndr), può comunque rispondere alle pressioni sulla sua situazione debitoria con la carta del “debito non assicurato”.
Ecco a voi la legittimazione teorica di “Tangentopoli”.
Ps – Ecco perché – per parafrasare Enrico Deaglio – “Il prof. Paolo Savona è un appassionato della “teoria dei giochi” da golpe bianco.
E ha tentato di rovesciare l’Italia, nella sua “Keynes mania”.
L’uscita di sicurezza per il nostro Paese è una sola: la “opening society” di Adam Smith, basata sul perfezionamento senza fine del deficit spending all’interno dell’ambiguità positiva del “laissez faire”.
Perché la spesa in deficit è una “costruzione teorica intrinsecamente imperfetta” – per citare Soros – che non deve essere piegata ai diktat dell’ideologia.
“Altrimenti va a finire come con Sindona”, per dirla alla Deaglio.
E nel 2018, il rischio bancarotta ci fu. Mattarella ci salvò.

di Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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