Il 25 luglio, Benedetto Croce e gli italiani liberi

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La notizia delle dimissioni e dell’arresto di Mussolini, con inizio del processo storico di liberazione, fece scrivere a Croce tempestivamente nei suoi Diari il 25 luglio 1943: “Il senso che provo è della liberazione da un male che gravava sul centro dell’anima. Restano i mali derivati e i pericoli; ma quel male non tornerà più”. Vero è che, al contempo, il filosofo difendeva l’Italia nel concerto delle Nazioni e per il “trattato di pace”: “Molta tristezza e sentimento di ribellione per le parole pronunziate contro l’Italia da statisti inglesi, che forse si apprestano a far pesare sopra di noi, nel nome della giustizia e della morale, la nostra guerra sciagurata. E nondimeno, nel bivio, era sempre per gli italiani da scegliere una sconfitta anziché l’apparente vittoria accanto alla qualità di alleati che il Mussolini ci aveva imposta, vendendo l’Italia e il suo avvenire e cooperando alla servitù di tutti in Europa”.
Accanto al Croce, si riorganizzava la “famiglia italiana” liberale: a Milano, con Tommaso Gallarati Scotti e Alessandro Casati; in Veneto, con Maria Cittadella; a Torino, presso il cognato Oreste Rossi; in Firenze, con Tammaro de Marinis e Luigi Russo; a Sorrento, dove il Croce riparava protetto dagli americani, e poi a Napoli, con Alfredo Parente, Renato Morelli, Beniamino Rosati, Roberto Mercurio e il barlettano Giovanni Cassandro, per la ricostituzione del Partito Liberale Italiano. Fausto Nicolini, futuro biografo, ricoverato in ospedale per una operazione all’occhio, alla notizia della caduta del duce, salta dal letto gettando tutto per aria e invadendo le altre stanze per la gioia. Carlo Ludovico Ragghianti organizza il Partito d’Azione e prepara il “Disegno storico della liberazione italiana”, sempre al suo fianco la coraggiosa e colta Licia Collobi Ragghianti. Il ferrarese Giorgio Bassani esulta per la vittoria della “religione della libertà”, dopo l’attività didattica svolta nella scuola ebraica di via Vignatagliata a Ferrara, il carcere e l’orrore della Shoah, mentre prepara, in “Di là dal cuore”, un commosso ricordo di Lauro De Bosis, autore della impresa antifascista del volo su Roma compiuto nel 1931, in avversione a quello che chiamava il “cimurro dannunziano”. Lo storico di idee illuministiche Franco Venturi e il politico liberalsocialista Aldo Garosci, da Parigi, dove sono entrambi rifugiati per sfuggire alle autorità fascistiche, inneggiano alla liberazione. Leo Valiani, il “Mario” di Arthur Koestler nella autobiografia “Schiuma della terra”, liberato dal carcere francese di Vernet sui Pirenei. ripara in Messico, poi torna in Europa per riorganizzare la Resistenza. Con lui è, rifugiatosi a New York, il futuro ambasciatore italiano Alberto Tarchiani. Esultano il meridionalista molfettese e storico Gaetano Salvemini, organizzatore in America – con Max Ascoli – della “Mazzini Society”; il barese avvocato “bocca d’oro” Michele Cifarelli, già in carcere; il biscegliese liberalsocialista Vincenzo Calace; e il filosofo cieco della libertà, l’andriese Consalvo Ceci, che dalla finestra su Piazza Catuma vede e sente il tripudio di massa. Il sanremese Italo Calvino, illuminista sognante e futuro autore delle “Lezioni americane”, il 25 luglio del 1943, sospende le ricerche presso la Biblioteca del Gabinetto Vieussieux a Firenze e raggiunge Pietro Badoglio, incaricato di formare un nuovo governo, al campo militare di Mercatale di Vernio (Firenze), scegliendo di iscriversi alla seconda divisione “Garibaldi” per meglio combattere nella Resistenza. Finita storicamente la quale, certo vi furono l’assassinio di Giovanni Gentile e,in Emilia,i tragici eventi del “triangolo della morte”. Ma a Parigi Croce, incontrando Luigi Sturzo e Ferruccio Parri nella casa di Carlo Rosselli,un decennio prima, a un amico che gli obiettava: “Se al popolo, insieme con la libertà, non date qualche altra cosa che l’accompagni, il popolo non ne vorrà sapere”, aveva già risposto: “Non fate cotesto gesto ! La libertà non è un pane, a cui si debba aggiungere un companatico. La libertà è un principio religioso, che rende forti i cuori e illumina le menti, e redime le genti e le fa capaci di difendere i loro legittimi interessi”.

Giuseppe Brescia

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Giuseppe Brescia
Filosofo storico e critico, medaglia d'oro del MIUR, Premio Pannunzio 2013 e Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica,Componente dei Comitati per le Libertà, ha procurato di innestare storicismo epistemologia ed ermeneutica. Dopo la fase filologica('La Poetica di Aristotele','Croce inedito' del 1984 ),ha espresso un sistema in quattro parti: 'Antropologia come dialettica delle passioni e prospettiva', 'Epistemologia come logica dei modi categoriali', 'Cosmologia', 'Teoria della Tetrade', 1999-2002).Per Albatros ha pubblicato il commento alla lezione di Popper in'Maledetta proporzionale' (2009,2013);'Massa non massa.I quattro discorsi europei di Giovanni Malagodi'(2011);'Il vivente originario'(saggio sulla filosofia di Schelling, con prefazione di Franco Bosio, Milano 2013); 'Tempo e Idee. Sapienza dei secoli e reinterpretazioni', con prefazione di Bosio (2015).I temi del tempo e del 'mondo della vita' si intrecciano con le attualizzazioni del 'male', da '1994'.Critica della ragione sofistica (1997), 'Orwell e Hayek', 'Ipotesi su Pico'(2000 e 2002) sino al recente'I conti con il male.Ontologia e gnoseologia del male'(Bari 2015).E' Presidente della Libera Università 'G.B.Vico' di Andria

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