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I “mostri doppi” Rita-Cristina Parodi e Giovanni Battista-Giacomo Tocci

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Ci furono anche “mostri” umani: due esempi italiani

Nelle mitologie di tutto il mondo esistono creature dotate di più teste ed arti la cui prima fonte di ispirazione, in taluni casi, può essere riconducibile all’osservazione di sepolture confuse. Figure come quelle di Giano bifronte o Siva dalle molte braccia, solo per fare alcuni esempi, restano tuttavia modelli archetipi di antiche tradizioni in cui la forza divina è rappresentata nella molteplicità delle estremità di un unico corpo. Nella realtà, l’immagine del “mostro doppio” è stata rievocata attraverso rare condizioni patologiche, la cui forma più estrema è quella indicata con il termine generico di “gemelli siamesi” , come ben dimostrano i casi ottocenteschi delle sorelle Parodi e dei fratelli Tocci, che ad oggi restano alcuni tra gli esempi di “duplicitas” più noti nella storia della teratologia.
Rita e Cristina Parodi (Sassari, 3 marzo 1829 – Parigi, 23 novembre 1829), soprannominate le “gemelle di Sassari”, avevano i corpi uniti all’altezza del torace con quattro braccia delle stesse dimensioni e un unico paio di gambe. Provenivano da una famiglia molto povera e i genitori decisero di trasferirsi a Parigi per poterle curare. Così, giunti nella capitale francese, esposero privatamente Rita e Cristina per un breve periodo con il solo scopo di guadagnare i soldi necessari per tentare di salvarle la vita. Ma non vi riuscirono. A soli otto mesi di vita le gemelle si ammalarono e vennero a mancare, prima Rita e subito dopo Cristina. Il loro caso fece molto scalpore sui giornali dell’epoca e nel 1829 l’autorevole “Examiner” scrisse: “E’ già un problema che assorbe molte personalità religiose stabilire se avessero due anime o una sola; la maggior parte di loro pensa che le gemelle ne avessero due, dal momento che a volte una delle teste piangeva e l’altra no”.
Quel che ci resta delle “gemelle di Sassari” è la loro tragica storia, qualche immagine, lo scheletro e un modello in cera attualmente conservati presso il Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi. Ben diversa fu la sorte per i fratelli Giovanni Battista e Giacomo Tocci (Locarno, 4 ottobre 1877 – Venezia 1940?), anch’essi uniti dal torace in giù, con quattro braccia ben formate e un unico paio di gambe che in realtà non furono mai in grado di sostenerli (come si può notare nelle foto dell’epoca e in una fedele riproduzione in cera della collezione Spitzner che li ritraggono sempre appoggiati ad un sostegno). Ad un mese di vita Giovanni e Giacomo vennero visitati dai medici della Reale Accademia di Torino, i quali diedero ben poche speranze ai genitori su una loro eventuale sopravvivenza. Si sbagliarono. I gemelli, infatti, non solo vissero a lungo, ma per circa un ventennio vennero esibiti con successo, dapprima in Italia e nelle maggiori città europee, e in seguito, persino oltreoceano, negli Stati Uniti, divenendo così un caso straordinario tra i gemelli siamesi nella storia della medicina. Vennero pubblicizzati sui manifesti con gli altisonanti nomi dei “gemelli fusi” o il “ragazzo a due teste” ed ebbero un successo tale da riuscire a condurre una vita molto agiata grazie agli incassi derivati dalle loro esibizioni. Si dice infatti che arrivarono a guadagnare fino a più di 1000 dollari a settimana. Mark Twain si ispirò a loro per scrivere il celebre romanzo del 1894 intitolato “Wilson lo svitato e i gemelli straordinari”, che in realtà rappresenta un’indagine sulla doppia natura dell’animo umano tinta di quella vena sarcastica, tipica nello stile del geniale scrittore statunitense. Dalle cronache dell’epoca sappiamo che Giovanni aveva un carattere più tranquillo ed aveva una sensibilità artistica maggiore di Giacomo che invece spesso non gradiva le iniziative prese dal fratello e non era particolarmente abile nel disegno come Giovanni. Entrambe però amavano molto la musica ed avevano imparato a leggere, a scrivere e a parlare un po’di francese e di tedesco. Un altro aspetto che li accomunò fu il fatto che non gradirono mai di essere esibiti come “fenomeni da baraccone” e dopo venti lunghi e faticosi anni passati in giro per il mondo fecero finalmente rientro in Italia, nei pressi di Venezia, dove acquistarono una villa nella quale si ritirarono definitivamente per condurre una vita molto riservata. Nel 1904 si ebbe notizia del loro matrimonio con due donne e nel 1906 alcuni medici diffusero la notizia della loro morte anche se a detta di altri colleghi i gemelli erano ancora in vita fino al 1912; secondo altre fonti sembra invece che Giovanni e Giacomo sopravvissero fino al 1940, alla “veneranda” età di 63 anni.
Ancora oggi, il ricordo dei gemelli Tocci non si è spento e continua a rivivere non solo nei numerosi riferimenti letterari alla loro storia, ma anche nel merchandising di oggetti bizzarri, come riproduzioni di manifesti e fotografie d’epoca e persino pupazzi che ci restituiscono la loro inconfondibile immagine nella ricorrente posa con le braccia sollevate in alto.

di Carlo Canna