Henry John Woodcock, pm fuori-legge malato di protagonismo

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Un complotto “alla rovescia” di Woodcock?

Ultime cronache dalla Repubblica delle Banane. E’ stata ricostruita l’incredibile trama di un complotto piduista nella migliore tradizione del Venerabile Gran Maestro Licio Gelli contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri nella persona di Matteo Renzi, dall’interno dell’ordine giurisdizionale candidatosi a contro-potere dello Stato: precisamente un complotto nell’inchiesta Consip sulla mega-corruzione della Pubblica Amministrazione con gli appalti truccati dell’imprenditore napoletano Alfredo Romeo, per provocare la caduta del Governo Renzi tra l’estate del 2016 e il gennaio 2017, consumatosi con un probabile vulnus all’art. 287 codice penale: ricatto mediante tentato sequestro di persona al Presidente del Consiglio nell’esercizio delle sue funzioni. L’“utilizzatore finale” di questo ricatto extra-ordinem al Governo della Repubblica – secondo l’immortale espressione utilizzata dall’avv. Niccolò Ghedini – era nientemeno che il pubblico ministero di Napoli Henry John Woodcock, un personaggio francamente inquietante con il ciuffo all’indietro alla ricerca spasmodica di pubblicità nel deserto probatorio della “Potenza della noia” (vedi il brillante Sgarbi). Non importa qui sapere con quale fine Woodcock sarebbe stato interessato a rovesciare il Governo Renzi, importa dimostrare la sussistenza della notitia criminis. Chi scrive si basa unicamente sulla ineccepibile ricostruzione svolta sia dal Fatto Quotidiano che da “la Repubblica”. Partiamo dal Fatto Quotidiano. 10 aprile 2017, Valeria Pacelli: “Il capitano dei carabinieri del Noe Gianpaolo Scafarto è indagato dalla Procura di Roma per falso materiale e ideologico perché “redigeva nell’esercizio delle sue funzioni” l’informativa finita agli atti dell’inchiesta Consip nella quale riferiva fatti secondo i magistrati diversi da quelli in realtà accaduti. In particolare attribuisce la frase “Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato”, ad Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano ora in carcere per corruzione. Dopo una serie di accertamenti la Procura di Roma ha scoperto che in realtà a pronunciare quella frase non era Romeo, bensì Italo Bocchino. Questa contestazione si riferisce al contenuto di una conversazione ambientale intercettata all’interno dell’ufficio di Roma dalla Romeo Gestioni spa il 6 dicembre 2016 e riportata in un’informativa del 9 gennaio 2017. Secondo quanto indicato nell’invito a comparire, l’ufficiale del Noe affermava nelle carte, contrariamente al vero, che “… ad un certo punto il Bocchino si allontana e il Romeo continua a parlare con il Ruscigno e mentre quest’ultimo commentava negativamente tutti i provvedimenti emessi dalla magistratura ritenendo che non vi siano prove contro il Romeo, quest’ultimo racconta del suo rapporto con il Bocchino per poi affermare: “… Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato…”. Questa frase – è scritto nell’informativa – assume straordinario valore e consente di inchiodare alle sue responsabilità il Renzi Tiziano in quanto dimostra che effettivamente il Romeo e il Renzi si siano incontrati, atteso che il Romeo ha sempre cercato di conoscere Renzi Matteo senza però riuscirvi”. E’ un quadro già abbastanza grave per dimostrare l’esistenza di un complotto giudiziario nella manipolazione chirurgica di intercettazioni delicatissime, ma non basta. Sempre dalla cronaca della Valeria Pacelli emerge il possibile vulnus all’art. 287, cioè nientemeno che il ricatto all’allora Presidente Renzi: “Non è l’unico falso contestato al capitano Scafarto. Nella stessa informativa, secondo il pm Mario Palazzi, “al fine di accreditare la tesi del coinvolgimento di personaggi asseritamente appartenenti ai servizi segreti ometteva scientemente informazioni ottenute al seguito delle indagini espedite”. Tradotto: in un passaggio deliberatamente manipolato di questa informativa la polizia giudiziaria faceva fraudolentemente riferimento al pedinamento di persone, sospettando che si trattasse di uomini dei servizi segreti su mandato di Matteo Renzi per inquinare le prove nell’inchiesta Consip. Con il falso coinvolgimento dei servizi segreti, la Procura di Napoli è stata ad un passo dall’ottenere l’illegale iscrizione al registro degli indagati dell’ex Presidente Renzi… Se questo non è un complotto, ditemi voi! C’è un solo rimedio possibile a questa deriva sudamericana da “tintinnio delle manette”: l’abrogazione del Csm, l’auto-governo della magistratura. Che Alexis De Tocqueville chiamava, in modo più pratico, “tirannide dei giudici”. Un’anomalia tutta italiana.

di Alexander Bush

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Alexander Bush
Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

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