GIORGIA MELONI CONTRO JOHN MAYNARD KEYNES: NOMINARE TITO BOERI E ROBERTO PEROTTI SENATORI A VITA. IN ITALIA RISCHIO FASCISMO


“… Il timore riguarda… la tentazione autarchica che promana dal programma elettorale e dalle dichiarazioni dello schieramento e il desiderio che avrà Fdl di mettere subito le mani sulle cariche che contano dell’economia pubblica.
Sotto il primo profilo una politica protezionista, con un probabile ampliamento delle categorie di aziende a cui applicare il “golden power”, rappresenta di sicuro una prospettiva sgradita a chi per professione si occupa di mercer e acquisitions e vede le barriere nazionali come ostacoli non solo agli affari, ma anche allo sviluppo del sistema italiano. E per quel che riguarda il potere e sottopotere economico è opinione diffusa che oggi in Fdl manchi una classe dirigente all’altezza del compito…”
“I timori e le speranze: Piazza Affari fa i conti con la “Melonomics”
Francesco Manacorda, Affari e Finanza

Questione di Zeitgeist.
Recentemente, è intervenuto sul tema atemporale per definizione ma mai così attuale di John Maynard Keynes anche l’ordoliberale a 24 carati Alessandro De Nicola, che è galantuomo della borghesia lombarda, su “Affari e Finanza” apprezzandone – se pur dal lato dell’intransigenza anti debito – la qualità di studioso.
In breve, la spesa pubblica in disavanzo che, con la pandemia e la guerra in Ucraina (mai fatta in Italia), è diventata una priorità emergenziale in cima all’agenda politica: Draghi ha sbagliato a settorializzarla “affaristicamente” tanto che il Governo è crollato sulla sua sua miopia, e l’ho scritto così tante volte che rischio di ripetermi come l’unilaterale fanatico Paul Krugman.
Ma pare che non ci sia all’orizzonte un New Deal in Italia, paese fottutamente provinciale.
In Francia lo statista Macron ha introdotto un assegno alimentare per 8 milioni di francesi e “France Travail”, mentre in Italia tutti i partiti politici sono vergognosamente contrari al deficit spending alla Roosevelt cioè all’introduzione del salario minimo legale che di esso è un pilastro.
E arriviamo alla “self made a woman” Giorgia Meloni, probabile prossimo Primo Ministro, sul conto della quale sono stati chirurgici i rilievi espressi a chi scrive dall’avvenente avvocato di successo Sandra Celestino: la leader di “Fratelli d’Italia” è una donna normale.
Aggiungo io: ordinaria, e intrisa di postfascismo che è il “fascismo pop”; mentre Salvini, agente di Putin in casa nostra, è più pericoloso ed è cattivissimo.
E’ vero che ha scalato le vette della politica partendo dal nulla come una Craxi woman che si è fatta le ossa, ma non ha il senso dell’Establishment poiché rifiuta le èlite.
E questo è il suo limite: se dovesse vincere le elezioni, è chiaro che rifiuterebbe di pagare keynesianamente gli stipendi a chi sta morendo di fame; rifiutò Mussolini con il corporativismo, rifiuterà la Meloni che non vuole favorire il business nella sua idiosincrasia genetica al mercato già analizzata da Francesco Manacorda.
Facendosi carico della povertà incipiente dell’italiano medio, si aiuta il capitalismo a decollare.
Brutte notizie: io, Alexander Bush, di anni 34, ho difficoltà a leggere e scrivere per un grave fatto che mi è successo il 23 agosto 2022: sono andato a sottopormi a un routinario fondo dell’occhio a Recco mediante gocce dilatanti della pupilla, e all’uscita dello studio medico ho incautamente dimenticato – complice anche la culpa in vigilando dell’oculista superficiale Giuseppe Tixi – di indossare gli occhiali da sole; orbene, da allora accuso problemi di fotofobia resistente e addirittura difficoltà vera e propria a scrivere (con attacchi di panico).
Mi è stato vicino Alessandro De Nicola con parole bellissime.
Pensare quasi tutta la giornata ai piedi delle donne con una “reductio ad unum”, è francamente un po’ poco.
Allora non mi resta che citare ampi passaggi dell’analisi tecnicistica di Tito Boeri e Roberto Perotti
su “la Repubblica” alla voce “Mettete in agenda la povertà”; Tito Boeri e Roberto Perotti andrebbero nominati senatori a vita per altissimi meriti culturali:

“Chiunque si troverà a governare l’Italia dopo le elezioni del 25 settembre dovrà cercare di lenire le ferite della pandemia e affrontare le nuove emergenze sociali imposte dal ritorno dell’inflazione.
I dati dell’indagine Banca d’Italia sui redditi delle famiglie nel 2020, assieme alle ricerche svolte dall’Istat su mandato della Commissione Lavoro della Camera, offrono un quadro abbastanza nitido di quello che è successo in questi anni. Tre fatti ci sembrano di particolare rilievo.
Primo, e non sorprendentemente, oggi ci sono circa un milione di persone in più sotto la soglia della povertà assoluta rispetto a prima della pandemia.
Secondo, gli indici numerici di diseguaglianza non sono aumentati. Tuttavia, la natura della diseguaglianza è cambiata rispetto a prima della pandemia e rispetto a recessioni precedenti. Questa volta sono state soprattutto le donne, le persone impiegate nei servizi di alloggio e di ristorazione e nelle attività artistiche, di intrattenimento e divertimento, e i lavoratori autonomi a pagare lo scotto. A loro si aggiungono, come in passate recessioni, i lavoratori con contratti temporanei, soprattutto al di sotto dei 35 anni, che statisticamente hanno perso il lavoro 10 volte di più dei lavoratori più anziani.
Terzo, gli ammortizzatori sociali emergenziali introdotti durante la pandemia sono stati efficaci nel contenere le diseguaglianze e nell’impedire un ulteriore calo dei redditi di chi era già povero. Ma data la loro natura episodica hanno solo temporaneamente tappato le falle del nostro sistema di protezione sociale. Le misure temporanee inoltre non possono rassicurare le famiglie beneficiarie circa il futuro dei propri redditi”.

Credo di interpretare correttamente Boeri e Perotti, nel dire che gli studiosi si riferiscono dichiaratamente al DEFICIT SPENDING: se le misure non sono temporanee, di questo si tratta.

“Alla luce di questi dati di fatto, lasciano perplessi alcune delle proposte avanzate in questo inizio di campagna elettorale: l’abolizione del reddito di cittadinanza (Renzi); la sua sostituzione con un reddito di solidarietà riservato unicamente ai cittadini italiani che hanno reddito zero (Meloni); l’innalzamento a 1000 euro delle pensioni minime (Berlusconi).
Il RdC come attuato in Italia va ovviamente cambiato, soprattutto nella sua relazione fallimentare con le politiche attive del lavoro, ma un reddito di ultima istanza esiste in tutti i paesi europei tranne la Grecia. E ci sarà un motivo. Riservare l’assistenza sociale solo a chi ha reddito zero vuol dire scoraggiare la ricerca di qualsiasi impiego, perché guadagnare anche un solo euro comporterebbe l’esclusione dal beneficio. A nostra conoscenza nessun paese al mondo ha un programma contro la povertà così crudo. Al contrario, bisogna permettere di cumulare in parte reddito di ultima istanza e salari al di sotto di una certa soglia per spingere i beneficiari a cercare lavoro, come avviene in tutti i paesi avanzati”.

Ma un simile agire tecnicamente anglosassone, come i lettori ben possono comprendere alla luce dell’analisi tecnicistica di due studiosi molto più preparati di chi scrive da opinionista consumato, comporterebbe di per sé l’adozione del deficit spending, e la Meloni è contraria.
Boeri: “Inoltre il reddito di ultima istanza deve coprire anche chi è arrivato in Italia da meno di dieci anni nel nostro paese perché è in gran parte tra queste famiglie che si annida la povertà.
Servirà anche a evitare buchi neri di povertà che assorbirebbero tutto e tutti rendendo esplosive le nostre periferie. Infine l’aumento delle pensioni minime a 1000 euro costa più di 30 miliardi e andrebbe a favore dell’unica categoria in cui l’incidenza della povertà non è aumentata in questi anni.
Per affrontare le nuove emergenze bisognerebbe invece pensare a come offrire protezione sociale anche al lavoro autonomo, nel quale si annidano molti lavori di fatto alle dipendenze…
Sarà poi necessario occuparsi degli effetti distributivi di un’inflazione prossima alle due cifre.
Colpisce soprattutto chi ha redditi bassi e fissi. Un salario minimo indicizzato dall’inflazione, come le pensioni minime, sarebbe uno strumento importante…
Un salario minimo è un salario minimo: unico, applicabile a tutti, anche ai lavoratori che oggi sfuggono alle maglie della contrattazione collettiva; un diritto di cui ogni lavoratore sia consapevole e di cui possa esigere il rispetto al datore di lavoro.
Quando mai questo sarà possibile con 50 minimi diversi e dai confini spesso molto incerti? Il salario minimo è uno strumento di civiltà, è incomprensibile che finora il dibattito su questo argomento sia stato completamente asservito alle posizioni dei grandi sindacati e della Confindustria, e ignori completamente l’esperienza e il dibattito di tutti gli altri paesi”.
Bravissimo Tito Boeri, affascinante e intelligente.

Ps – Meno Giorgia Meloni, più Keynes.
Ma l’Italia è malata.

di Alexander Bush

Sull'Autore

Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.

Post correlati