Dopo il referendum, il buio oltre il renzismo


Caduto il renzismo, cosa possono offrire le opposizioni?

La vittoria del no al referendum costituzionale ha segnato una battuta d’arresto del renzismo. Ma non della ideologia sottostante, di cui, più o meno consciamente, i suoi esponenti e sostenitori si sono fatti portavoce.
Questa visione del mondo si presenta a prima vista in forma di conformismo rassicurante, placebo mentale, tecnica collettiva di elaborazione del lutto in seguito al decesso dell’ideale socialista. Se la si scompone ed analizza da vicino, tuttavia, appare una costellazione complessa, fatta di laicismo e scientismo, femminismo e corporativismo di genere, terzomondismo e retorica digitale, imposizione di una neolingua politicamente corretta e culto della natura, omosessualismo militante e ambientalismo pianificatorio, liberismo bioetico e relativizzazione dei concetti stessi di vita e morte, costruttivismo sociale e superamento delle identità sessuali. Sullo sfondo si staglia l’utopia dell’uomo nuovo, frutto di un soggettivismo assoluto. Al posto del paradiso marxista, un nirvana dei desideri in cui vale la legge dei “diritti per tutti”.
Naturalmente, poiché nel mondo reale tali diritti non possono essere estesi indefinitamente, occorre poi stabilire quali fra essi debbano essere prevalenti e ortodossi, quali invece riprovevoli e marginali. Ed ecco intervenire il partito progressista, moderno Principe, portatore del “senso comune”, battistrada del processo storico, culturalmente egemonico, legislatore benefico, deputato a permettere e proibire, esaltare o demonizzare, relegando gli irriducibili nell’irrilevanza.
Se qualcuno credesse di riconoscere in questo identikit i lineamenti del futuribile Partito della Nazione renziano, scambierebbe certo la montagna con il topolino. Il renzismo di oggi conta molto più modestamente e pragmaticamente sulla occupazione dei media pubblici e privati, sulla sistemazione degli alleati nei centri nevralgici, sulla ripetizione ossessiva degli slogan, e soprattutto sulla presa ferrea del potere.
Il guaio è che l’eterogenea opposizione non è in grado di contrapporre all’ideologia conformista prima delineata una tavola dei valori alternativa, o almeno una cultura delle libertà in grado di affermare un diverso senso comune, un programma coerente, un’identità definita. Manca, sia nel campo del centro-destra che – tanto più – in quello di sinistra e grillino – una base valoriale sui cui fondare un’autentica battaglia politica. Peggio, leader e dirigenti, un po’ per ignoranza e un po’ per formazione, ripetono gli stessi slogan e gli stessi concetti del renzismo, ammantandoli di un’aria di volta in volta “libertaria” o “moderata”, ma senza reali radici. E’ questo il dramma della attuale opposizione: il buio oltre il renzismo, il vuoto dei valori.

di Dario Fertilio
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Sull'Autore

Dario Fertilio (1949) discende da una famiglia di origine dalmata e vive a Milano. Giornalista e scrittore, presiede l'associazione Libertates che afferma i valori della democrazia liberale e i diritti umani. Estraneo a ogni forma di consorteria intellettuale e di pensiero politicamente corretto, sperimenta diverse forme espressive alternando articoli su vari giornali, narrativa e saggistica. Tra i suoi libri più noti, la raccolta di racconti "La morte rossa", il saggio "Le notizie del diavolo" e il romanzo storico "L'ultima notte dei Fratelli Cervi", vincitore del Premio Acqui Storia 2013. Predilige i temi della ribellione al potere ingiusto, della libertà di amare e comunicare, e il rapporto con il sacro.

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