Cassa integrazione in deroga, un mistero buffo

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Anche in questo periodo in cui la necessità primaria è fare in fretta a far giungere i sussidi a chi ne ha bisogno e lo slogan è “sburocratizzare” alla fine chi vince sempre è la burocrazia.
Qualcosa che in Italia sembra inattaccabile e di cui abbiamo avuto esempi in due provvedimenti fondamentali.

Il primo è stato la concessione di crediti alla piccole industrie: i famosi 25000 euro concessi con garanzia totale dello stato, dietro presentazione della sola domanda e a condizioni molto favorevoli (massimo 2% di interesse, restituzione in 10 anni a cominciare dal 2022). Proprio quello che è stato fatto anche in Svizzera ove i finanziamenti sono stati erogati il giorno successivo alla domanda.
Questo in teoria.
In pratica decine di migliaia di piccoli imprenditori che si sono attivati presentando le relative domande stanno ancora aspettando, almeno gran parte di loro.
Questo perché è intervenuta la burocrazia delle banche: le domande devono passare attraverso l’ufficio fidi che deve istruire la pratica e poi passare il tutto attraverso l’approvazione degli enti preposti. Una procedura già lunga di per se e ora diventata un autentico calvario viste le centinaia di migliaia di pratiche da istruire. Del resto non si può neppure accusare i funzionari di banca che, grazie alla miriade di norme e leggi che regolano la responsabilità in caso di finanziamenti, possono ritenuti responsabili di un eventuale mancato rimborso. È quanto avviene anche negli appalti: le normative sono così complesse e farraginose che chi firma rischia un’incriminazione e allora è umano che prima di firmare uno cerchi di coprirsi il più possibile le spalle. E intanto gli imprenditori aspettano!

Altro esempio ancor più eclatante di inutili complicazioni burocratiche è la Cassa integrazione in deroga.
La CIG in deroga è stata utilizzata sino a qualche anno fa per sostenere quelle imprese che, troppo piccole per avere la CIG ordinaria, dovevano essere aiutate. Sepolta per anni è stata fatta rinascere in occasione del coronavirus. La procedura prevede che l’azienda (spesso piccolissima, con 1/2 addetti) compili un apposito modulo (la nostra burocrazia è abilissima nel creare moduli spesso incomprensibili) che va presentato alla Regione che, dopo averlo gestito e controllato, lo passa all’INPS che è delegata al pagamento.
Una volta arrivati i moduli in Regione, il problema è stato tragicomico: nessuna regione sapeva più come gestire la procedura. Allora la Lombardia ha bloccato tutto in attesa di modificare i propri programmi, il Piemonte ha richiamato in servizio alcunifunzionari in pensione perché erano gli unici a conoscere le procedure e la Sicilia (sempre all’avanguardia in questi casi) ha offerto un compenso di 10€ per ogni pratica smaltita ai propri funzionari (che vengono pagati due volte per lavorare!).
Una volta arrivate all’INPS ricominciano i problemi: spesso i moduli sono compilati in maniera errata (non dimentichiamoci che si tratta di piccole e piccolissime aziende che non hanno tanta dimestichezza con la modulistica) oppure mancano gli Iban dei dipendenti, che andavano allegati separatamente alla domanda e che molte aziende non hanno inviato.

Sarebbero state sufficienti (forse) alcune piccole mosse: che si fosse specificato che le banche dovevano erogare subito il finanziamento e poi, in un secondo momento, controllare tutti i documenti (come si è fatto in Svizzera) e, nell’altro caso, affidare direttamente all’INPS le pratiche oppure affidarle all’Agenzia delle Entrate (che già conosce gli iban dei contribuenti).

Ma la vera necessità è, in un Paese come il nostro, ridurre il numero di leggi (15000 in Italia e 6000 in Germania), renderle semplici e comprensibili (evitando ad esempio i continui richiami a norme precedenti e specificando che “la seguente norma abroga tutte le precedenti”), evitare sovrapposizioni di competenze (in Italia ci son fino a 7 livelli di enti), ridurre il numero dei centri di spesa (che sono oltre 30000): tutte cose che Libertates chiede da anni

di Angelo Gazzaniga

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Angelo Gazzaniga
Presidente del Comitato Esecutivo di Libertates. Imprenditore nel campo della stampa e dell’editoria. Da sempre liberale, in lotta per la libertà e contro ogni totalitarismo e integralismo.

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