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POVERTA’ = KEYNES

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“Se non hanno pane, date loro brioches”
Maria Antonietta, in moglie di Luigi XVI

E’ da quando ho 13 anni che ho atteso questo momento, ma c’è gente che muore di fame.
Il tempo sta per scadere: giugno 2026, il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza condizionato dal “pilota automatico” di Milton Friedman scade; non è una “semplificazione populista”, ma l’ideologia sta affossando l’Unione Europea. Ne volete la “smoking gun”? In una bella intervista di Eugenio Occorsio per “la Repubblica” a Jean Claude Trichet, l’economista spara un colpo di bazooka alla Open Society di George Soros: “Siamo tutti in una situazione totalmente nuova e mai vista prima: la più importante economia del mondo che crea una crisi generata dalle sue stesse decisioni. Non sappiamo ancora quale sarà il punto di equilibrio finale”. Chi scrive cita Soros: “Io sono particolarmente diffidente nei riguardi del concetto di equilibrio. Sottintende uno stato di cose desiderabile, una meta finale dove riposarsi, perché nulla può esservi migliorato. I fondamentalisti del mercato asseriscono che i mercati tendono all’equilibrio, e che qualsiasi interferenza da parte della politica è nociva. Si è visto che in molti casi non è determinabile un unico punto di equilibrio. John Maynard Keynes ha dimostrato che l’economia può raggiungere un equilibrio senza piena occupazione …”.

Ho scritto nei miei diari che se l’economia non diventa “riflessiva” accettando che la realtà esiste (ma è una tautologia), a farne le spese sarà la democrazia sotto tiro in Occidente.
Il caso degli Stati Uniti è emblematico, e il bellissimo articolo di Tito Boeri sull’attacco di Trump alle università fa riflettere. Quello di Michele Serra sembra addirittura un capitolo del libro magistrale di Irving Stone “Il romanzo di Sigmund Freud. Le passioni della mente”: in America sta avvenendo il passaggio dalla libertà al Fascismo. Tuttavia è fondamentale “Il tramonto della nostra civiltà” di Piero Ottone edito da Mondadori: Spengler e Soros fanno patta. Un fatto è certo: l’economia italiana è tra gli “stati misti”, somatizzando la “liaison dangereuse” tra entusiasmo e frustrazione. Leggo in un articolo di Eleonora Rubechi per “Corriere Adriatico”:

“Sontuosi, suggestivi, accessibili. Un taglio del nastro attesissimo per i giardini storici di Villa Caprile, che tornano a risplendere in tutta la loro monumentale bellezza, grazie al restauro da 2 milioni di euro reso possibile dai fondi Pnrr intercettati grazie all’interessamento della Provincia di Pesaro presieduta da Giuseppe Paolini. Un finanziamento che rappresenta un unicum nel panorama dei fondi destinati al restauro e alla valorizzazione dei Giardini storici italiani, come ha sottolineato l’architetto Giovanna Vellucci, rup del progetto, a ribadire la straordinaria eccezionalità e importanza dei giardini all’italiana di villa Caprile, dal 2019 inseriti nel circuito dei Grandi Giardini Italiani. A restituirli al loro splendore un progetto complesso e articolato, che ha visto, oltre l’attenta progettazione della componente verde e del disegno del giardino, col recupero e il potenziamento di tutte le essenze arboree curato da Landesign, il restauro delle componenti monumentali su tre livelli e la sostituzione dell’impianto idraulico che permette i superbi giochi d’acqua, delizia e intrattenimento delle estati pesaresi per i tanti visitatori. Non è stata trascurata la componente storica e archeologica, curata dall’archeologo Enrico Sartini, mentre la componente architettonica è stata affidata a Eugenia Riffelli e Gabriele Corbo; a cura dell’ingegnere Simone Giulianelli la componente impiantistica. Uno degli interventi più importanti è stata certamente la rampa d’accesso che collega i tre livelli su cui si imperniano i giardini, oltre al recupero della fontana mediana.

“L’accessibilità è stata sicuramente uno dei parametri principali su cui si è strutturato il progetto – ha ribadito l’architetto Vellucci – in quanto Villa Caprile è una scuola e in quanto tale gli studenti costituiscono una priorità: per questo andremo avanti integrando il recupero della villa storica con l’esigenza di una didattica moderna, oltre ovviamente con l’inserimento nel contesto paesaggistico
circostante. Il giardino storico va trattato come un organismo vivente, complesso e mutevole nel tempo”. “Fare scuola significa cura degli studenti, della loro educazione, della loro crescita – ha commentato il dirigente Riccardo Rossini – e questo restauro rappresenta altresì la cura che abbiamo nei confronti del patrimonio artistico e culturale della comunità”. “Grande la soddisfazione per il traguardo di oggi i cantieri in corso, che porteranno Villa Caprile ad essere sempre più funzionale e accessibile, un luogo di promozione culturale del nostro territorio, oltre la sua vocazione scolastica”, ha concluso il sindaco Andrea Biancani.”

Orbene, parliamo di un’Italia “a due velocità”: depressione e frustrazione si mescolano, dicevamo. Da un bellissimo articolo di “Sir. Agenzia d’informazione” a cura di Patrizia Caiffa “Povertà, accesso alle cure ed emergenza abitativa: Nunzia De Capite (Caritas), “tre bombe sociali su cui intervenire subito”, apprendo quello che è un documento storico:

“Grave povertà abitativa, esclusione sanitaria, mancanza di un reddito minimo universale: sono queste le tre priorità su cui serve intervenire con urgenza, secondo l’analisi dei dati contenuti nel Rapporto annuale dell’Istat 2024 presentato oggi, basato sugli operatori europei.
Secondo il rapporto il 23,1% della popolazione italiana è a rischio povertà o esclusione sociale (+0,3% rispetto al 2023). Aumenta la povertà di + 2,8% per le coppie con almeno tre figli, i genitori single (+2,9%) e di over65 che vivono soli (+2,3%). C’è inoltre un picco nella crescita della povertà tra le famiglie giovani: la percentuale passa dal 28,4% al 30,5% del totale. “Non bastano più misure settoriali e selettive”, sottolinea al Sir Nunzia De Capite, responsabile del servizio advocacy di Caritas italiana, “serve un intervento universale che consideri l’ampliamento delle vulnerabilità oggi diffuse in tutto il tessuto sociale: famiglie, giovani e singoli” …”.

Viene qui trascritta integralmente l’intervista ottima di Patrizia Caiffa a Nunzia De Capite, prove tecniche di Establishment in un paese per “latin heroes”; De Capite mi ricorda un po’ Virginia Woolf, persona di rilievo del Bloomsbury Club, ma anche Eleonor Roosevelt (a volte la bellezza ha i colori della tragedia):
“Qual è la fotografia che emerge dal nuovo rapporto Istat sulla povertà in Italia?”
“Si conferma purtroppo la stabilità di una povertà grave e resistente, su livelli molto alti. Questo è ormai da alcuni anni un elemento di forte preoccupazione, sia a livello familiare che individuale. Si conferma anche il gravissimo svantaggio dei cittadini stranieri: i dati sono gli stessi dell’anno scorso. La povertà, insomma, si sta generalizzando. Istat presenta due indicatori: uno è quello europeo, che consente il confronto con gli altri Paesi, e l’altro è l’indicatore italiano della povertà assoluta. La povertà assoluta, unica nel contesto europeo, si basa sulla spesa per consumi e su un paniere di beni e servizi considerati essenziali per una vita dignitosa, in base al contesto geografico. E’ un indicatore stabile, non soggetto alle crisi o alle recessioni, proprio perché definito su valori monetari fissi: se vuoi vivere in un certo contesto, devi affrontare determinate spese – casa, salute, alimentazione ecc. Ed è per questo che viene ritenuto molto affidabile: infatti, in genere si utilizza per comprendere l’andamento reale della povertà in Italia. L’indicatore europeo invece è più complesso: include il reddito, la spesa per beni essenziali (simile alla nostra povertà assoluta) e l’intensità lavorativa, cioè quanto si lavora rispetto al massimo lavorabile in una famiglia.”
“Perché è interessante l’indicatore europeo?”
“Perché, pur mostrando stabilità, ci rivela che per due componenti – reddito e lavoro – l’Italia è sotto la media europea. Si confermano dunque fragilità strutturali del nostro sistema economico, che conosciamo da tempo, e che spiegano alcune apparenti contraddizioni nei dati del rapporto annuale. Ad esempio, il rapporto parla di un aumento dell’occupazione (+350 mila unità) e di un
incremento dei redditi da lavoro. Tuttavia, il problema è che, nonostante più persone siano occupate, i salari orari restano bassi e le ore lavorate sono poche. Quindi le persone sono più esposte a problemi economici. Anche con più occupati, se non si lavora abbastanza o si guadagna poco, il rischio povertà resta alto. E’ un problema strutturale, tipico del nostro Paese, legato anche al part-time involontario (diffuso, soprattutto tra le donne) e alle basse retribuzioni in settori come i servizi alla persona. Chi lavora e viene pagato, poco rientra nella categoria dei lavoratori poveri – il fenomeno dei working poor.”
“Cosa ci dicono i dati sulla povertà assoluta?”
“Il dato sulla povertà assoluta è un indicatore tutto italiano, basato sulla spesa minima necessaria per vivere dignitosamente. Non è influenzato da crisi o recessioni, ed è molto affidabile. Purtroppo, anche qui si registra una stabilità preoccupante: i livelli restano alti, in particolare per le famiglie numerose e con minori, ma cresce la quota di over 65 in difficoltà economica.”
“Quali sono le maggiori criticità emerse dal Rapporto Istat?”
“La crisi abitativa colpisce in particolare i giovani: tra gli under 35, il tasso di grave deprivazione abitativa è salito al 12%, contro una media nazionale del 5,6%. Infine, l’attuale assegno di inclusione non copre tutti: esclude ad esempio le persone colte, soprattutto over 65.”
“… Chi ha un livello di istruzione più alto è più protetto dal rischio povertà, lavora di più, guadagna meglio e ha accesso più facile ai servizi. I dati lo confermano anche per la salute: nel 2021, chi aveva solo la licenza elementare ha avuto un tasso di mortalità doppio rispetto ai laureati. Questo è un dato che fa riflettere. Negli USA era noto da tempo, ma ora succede anche da noi. Altro dato allarmante: il 9% degli italiani rinuncia a visite o esami specialistici per motivi economici o per le lunghe liste d’attesa. E stavolta non ci sono forti differenze tra Nord e Sud.”
“Quanto pesa la mancanza delle competenze digitali sul rischio povertà?”
“Questo è un dato gravissimo. L’Italia è 22esima su 27 in Europa. Non ci sono miglioramenti dal 2021. E’ una vulnerabilità futura che può tradursi in esclusione sociale anche nell’accesso ai servizi e nelle misure di sostegno. Questo è un rischio serio di esclusione sociale futura.”
“Cosa non funziona nell’attuale Assegno di inclusione?”
“E’ troppo selettivo. Si concentra su famiglie con minori, disabili o persone non autosufficienti. Ma lascia fuori intere fasce: persone singole, anziani, lavoratori poveri. Non possiamo immaginare che un over 65 si reinserisca facilmente nel mercato del lavoro. Serve un reddito minimo universale (è un ingrediente della SPESA IN DISAVANZO, riprogettata “post-keynesianamente” nel discorso di Mario Draghi al Gruppo dei Trenta del 14 dicembre 2020: un errore imperdonabile, ndr)
“Che proposte avanza la Caritas per il futuro?”
“Tre sono le priorità: ripristinare un sostegno economico universale per tutti coloro che sono in povertà, senza divisioni rigide per categoria. Affrontare strutturalmente il tema dell’accesso alle cure, superando le disuguaglianze e le liste d’attesa. Intervenire sull’emergenza abitativa, soprattutto nelle grandi città, dove il costo della casa è ormai insostenibile. Il terzo settore non può farsi carico di questi problemi perché si tratta di diritti fondamentali che devono essere garantiti dallo Stato. Non possiamo delegare alla solidarietà ciò che spetta alle politiche pubbliche (New Deal, ndr). I tempi per intervenire sono stretti: il rischio è che alcune crisi diventino irreversibili.”

Purtroppo, Giorgia Meloni è ideologicamente contraria alla spesa in disavanzo che non può essere schiacciata sul “punto di equilibrio”, ma non può nemmeno essere contrastata a priori.
Le università sono sotto tiro, proprio come in America. E l’impressione è quella del Fascismo incipiente sia negli Stati Uniti – vedi la splendida requisitoria di Michele Serra su “la Repubblica”, anche per brevità –, che in Italia, un secolo dopo la marcia su Roma.
L’intervento di Stefano Boero, Responsabile Flc Cgil Università di Genova su “la Repubblica Genova”, è un documento storico che un giorno verrà studiato:

“Il governo Meloni e la ministra Bernini hanno deciso di tagliare oltre 500 milioni di euro dal
finanziamento delle università italiane, cancellando anche il Piano Straordinario 2025-2026, che prevedeva 100 milioni di euro. Questa scelta mette a rischio il futuro di tanti precari e strutture universitarie. Attualmente, ci sono più di 40 mila precari negli atenei italiani: tra ricercatori a tempo determinato (circa 10 mila), assegnisti (25 mila), borsisti, docenti a contratto, tecnici, amministrativi e bibliotecari. Il governo ha anche proposto di moltiplicare le figure precarie, spesso senza diritti né tutele, con l’obiettivo di sostituire le figure stabili con contratti temporanei. Questa proposta, nota come Ddl 1240, rischia di aumentare ancora di più il precariato, senza offrire prospettive di stabilità ai ricercatori. Per fortuna l’Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani (ADI) e la Federazione Lavoratori Conoscenza Cgil, hanno presentato un esposto europeo che nel frattempo ha sospeso il progetto di legge ma che in queste settimane prova a riavviarsi anche con il sostegno di CRUI e CONPER (gli organismi di Rettori e Presidenti di Enti pubblici di ricerca nazionale) (è una situazione di confronto tra populismo ed Establishment identica all’attacco di Trump ad Harward e reazione dei contropoteri, ndr). Con i fondi del PNRR, si è assistito a una crescita esponenziale di assegnisti e ricercatori a tempo determinato, ma questa situazione è destinata a finire entro il 2027, lasciando molti senza lavoro stabile. La crescita dei contratti di ricerca e dei dottorati è stata enorme, ma ora si prospetta un drastico ridimensionamento delle risorse disponibili (“stati misti” dell’economia appunto, ndr). Per questo motivo, lo scorso 12 maggio abbiamo organizzato mobilitazioni e uno sciopero dei precari dell’università, per chiedere più risorse, stabilità e un futuro più giusto per il mondo accademico. La nostra battaglia è anche contro le politiche che favoriscono spese militari e guerre, a discapito dell’istruzione e della ricerca.
Anche all’Università di Genova, in occasione dello sciopero, si è svolta l’assemblea dei precari alla quale abbiamo partecipato convintamente: pesanti ripercussioni riguardano anche il nostro Ateneo dove a causa dei tagli ai finanziamenti si assisterà ad una ripercussione sul diritto allo studio, alle capacità di attrazione verso nuovi studenti, alla progettualità di una Università accogliente, aperta e con più servizi per gli studenti. Sarebbe perciò fondamentale che le istituzioni locali ascoltassero le richieste di chi lavora e studia nelle università… La nostra mobilitazione continua, perché l’università pubblica e democratica merita di essere difesa e rilanciata!”

Fascismo, autobiografia della nazione. Lucifero fa sesso con il “punto d’equilibrio”.

di Alexander Bush

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Alexander Bush, classe '88, nutre da sempre una passione per la politica e l’economia legata al giornalismo d’inchiesta. Ha realizzato diversi documentari presentati a Palazzo Cubani, tra questi “Monte Draghi di Siena” e “L’utilizzatore finale del Ponte dei Frati Neri”, riscuotendo grande interesse di pubblico. Si definisce un liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica. Bush ha pubblicato un atto d’accusa contro la Procura di Palermo che ha fatto processare Marcello Dell’Utri e sul quale è tuttora aperta la possibilità del processo di revisione: “Romanzo criminale contro Marcello Dell’Utri. Più perseguitato di Enzo Tortora”.