Nel recente caso della Salis, assolta nel Parlamento europeo, si è invocata l’immunità parlamentare.
A sproposito, secondo il mio parere, perché l’immunità parlamentare dovrebbe esistere:
– per quello che viene detto e fatto durante l’attività parlamentare. Una norma che garantisce ai parlamentari di esprimere le proprie opinioni senza temere conseguenze penali. Ovviamente riguarda attività pertinenti: cioè immunità ad esempio per un’offesa durante un discorso, ma non per reati comuni (ad esempio non si può invocare per un furto)
– Oppure è una sospensione di qualsiasi procedimento durante tutto il periodo in cui un parlamentare esercita la carica. In questo caso si può essere imputati per qualsiasi reato commesso in qualsiasi momento solo dop la cessazione della carica.
Nel caso invece della Salis si dovrebbe parlare di una sentenza in cui si accerta il “fumus persecutionis”. Cioè quando l’accusa è dovuto tutto o in parte a motivi di persecuzione politica.
Ma in questo caso anche l’assoluzione (o la condanna) da parte del parlamento rischia di essere una sentenza politica: si assolvono gli amici e si condannano i nemici al di là dell’esistenza del reato.
E da tutto questo nasce un corollario: se il Parlamento europeo giudica che il procedimento verso la Salis è dovuto a una magistratura quale quella ungherese non più libera come dovrebbe essere in ogni stato democratico, si dovrebbero prendere provvedimenti nei confronti di uno stato (l’Ungheria) che non rispetta le regole della democrazia e dell’Unione Europea.
Una prova in più della necessità di reintrodurre anche in Italia il concetto di immunità parlamentare quale era un tempo. Quel principio che aveva funzionato per decenni nel ridurre se non evitare interferenze politiche in situazioni che dovrebbero essere materia esclusiva di diritto e che è stato abolito per motivazioni populistiche.
di Angelo Gazzaniga


