Ormai da cinque anni si parla dello stadio di S Siro: è vecchio, è poco funzionale, va cambiato: ma come e, soprattutto dove?
Si sono succeduti progetti più o meno fumosi, improbabili e alla fine si è deciso di venderlo alle squadre perché lo possano rifare a loro piacimento.
Ma, ci domandiamo: è possibile che si arrivi a una simile decisione senza sapere praticamente nulla?
Quali costi, vantaggi e svantaggi per rifarlo nello stesso posto; oppure semplicemente aggiornarlo; oppure costruirne altri altrove; e che farne del vecchio in questo caso?
Qualsiasi imprenditore prima di prendere una simile decisione vuole avere un preventivo, un piano dei costi, un planning, un rendering di come si prevede il risultato.
Invece nulla di tutto questo; si è presa una decisione affrettata (!) per non incorrere nella scadenza del vincolo della sovrintendenza con un pasticcio finale nel più puro stile politichese.
Ma come si può poi chiedere la partecipazione dei cittadini alla vita politica e alle scelte per il futuro della città quando non si conosce praticamente nulla del problema, al punto che non si sa neppure come sarà il futuro stadio?
Occorrerebbe imparare dalle democrazie del Nord Europa dove qualsiasi decisione importante viene presa dopo e con il coinvolgimento dei cittadini
di Angelo Gazzaniga


