Tutte le ambiguità del referendum sulle trivelle

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Siamo tutti ambientalisti: chi, di fronte al quesito se interessa o meno la sostenibilità, il rispetto o l’educazione ambientale risponderebbe di no? Forse meno facile è essere ambientalisti in maniera non ideologica e liberandosi della sindrome NIMBY (Non Nel Mio Cortile).

La domanda principe a cui rispondere è: “votando sì al referendum, aiuto in qualche modo l’ambiente?”

Come si sa, il referendum propone di non prolungare le concessioni di estrazione entro le 12 miglia oltre la scadenza oggi prevista: entro il 2034, circa 9 miliardi di metri cubi di gas e 4 milioni di tonnellate di petrolio non potrebbero piu’ essere estratte entro i confini nazionali. Vuol dire che le importeremmo, non certo che ne faremmo a meno. Per quello servono politiche per sostenere l’efficienza energetica, certamente auspicabili, ma non è ciò di cui tratta il referendum.

Il nostro Paese non ridurrebbe i propri consumi di fonti fossili grazie al referendum, non ridurrebbe quindi le proprie emissioni, non incrementerebbe né l’efficienza energetica né la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Gli oltre 40 anni senza incidenti alle piattaforme oggetto del referendum stanno a dimostrare come gli standard ambientali previsti per le estrazioni di idrocarburi nel nostro Paese siano alquanto elevati, certamente più elevati della media degli standard previsti dai Paesi da cui importiamo la maggior parte del nostro fabbisogno e dai quali, presumibilmente, importeremmo la quota che verrebbe a mancare a causa di un eventuale sì al referendum: estrarre meno idrocarburi nel nostro Paese vuol dire importarne di più e considerando anche il trasporto via nave o via tubo necessario, si avrebbe un conseguente aumento del rischio e dell’impatto ambientale….ma è proprio cio’ che un ambientalista desidera?

Sebbene non rientrino tra gli impatti ambientali, vanno anche considerati, a mio modo di vedere, gli investimenti e le ricadute sia economiche che in termini occupazionali che verrebbero a mancare al nostro Paese e qui, forse, sarebbe bene ammalarsi un po’ di PIMBY.

Ma anche non volendo dar peso alle conseguenzeeconomiche ed occupazionali negative, torniamo al quesito iniziale: abbiamo visto che un sì al referendum non ridurrebbe il consumo di risorse fossili, non aiuterebbe né l’efficienza energetica né le fonti rinnovabili ed avrebbe, nella migliore delle ipotesi, un impatto ambientale nullo o, assai più probabilmente, negativo.

Ma anziché chiudere prematuramente i pozzi, non sarebbe forse meglio verificarne senza sconti la sicurezza e magari, perche’ no, chiedere che parte delle ricadute economiche vengano utilizzate per sostenere l’efficienza energetica, ad esempio?

Gianluca Alimonti

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