Quel pasticciaccio brutto dell’ILVA

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Attorno al problema dell’ILVA di Taranto c’è un autentico polverone (figurato, questo) di notizie, commenti, giudizi.
Noi da semplici cittadini (e in quanto tale interessati alla vicenda) vorremmo fare alcune semplici domande:

  • dato che di impianti siderurgici ne esistono a decine anche in Paesi di tradizione industriale (e vorremmo dire anche democratica) superiori al nostro (basti pensare a Inghilterra, Francia, Germania, Lussemburgo per cui l’industria pesante è stata il nocciolo dello sviluppo industriale) quali sono le emissioni di questi impianti?
  • Dato che la UE è diventata famosa per aver regolamentato il tipo di carta da lettera e il diametro delle uova è possibile non abbia regolamentato queste emissioni?
  • Quali sono i limiti europei entro i quali ogni stabilimento deve rimanere?
  • È vero che nel caso impianti definiti a rischio (non solo di incidenti, ma anche di emissioni nocive) anche in Italia i controlli sono particolarmente severi e riguardano anche aziende di piccole e medie dimensioni?
  • Quali sono stati i livelli di emissione di sostanza inquinanti negli ultimi anni?
  • Oppure è vera la notizia che nel caso della più grande acciaieria d’Europa ci si è limitati ad accettare una semplice autocertificazione per le emissioni di diossina (come se si trattasse di un’aziendina artigianale)?

A questo punto, fatta la doverosa constatazione che non è da paese civile porre i cittadini di Taranto di fronte al dilemma se preferiscono morire di cancro o di fame, e che alla fine, vista l’impossibilità economica di chiudere lo stabilimento, saranno i cittadini italiani (cioè noi) ad accollarsi le spese della bonifica dovrebbero esserci due risposte:

  • se le emissioni erano inferiori a quanto consentito dalla UE, la magistratura avrebbe dovuto semplicemente sanzionare il comportamento illecito della proprietà (che ha cercato di corrompere autorità e tecnici) senza intervenire con sequestri degli impianti
  • se invece erano superiori altrettanto responsabili di questi comportamenti non solo dal punto di vista politico, ma anche da quello penale, dovrebbero anche essere tutti coloro che, politici, amministratori o tecnici, hanno ignorato o fatto finta di ignorare quanto succedeva nello stabilimento e che era sotto gli occhi di tutti

Perché avvenisse questo occorrerebbe che ogni potere facesse quanto gli compete senza invadere i campi altrui: il legislatore dovrebbe stabilire (o recepire dalla UE) quelli che sono i limiti, l’esecutivo fare un regolamento e controllare la sua attuazione, la magistratura sanzionare le inadempienze.
Uno Stato più snello, meno burocrazia, meno leggi, più trasparenza (come chiedono da sempre i Comitati) renderebbero il tutto più facile e più controllabile dai cittadini.

Angelo Gazzaniga

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