Qualche parola a proposito dei fondi per la promozione turistica della Basilicata

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Basilicata

Penso che la regione dalla quale provengo, anche se poco conosciuta, sia un posto bello da visitare. Un turista che arriva da chissàddove, credendo di essere piombato in un luogo lontano dalla civiltà, può scoprire in Basilicata il silenzio dei boschi e il fascino delle montagne; può lasciarsi incantare dal mare e dal sole e riscoprire i fasti della Magna Grecia. Potrà perdersi tra viottoli scivolosi e, facendosi strada nella natura selvaggia, stupirsi alla scoperta di grotte scavate nel tufo, che nascondono preziosi affreschi bizantini. Potrei continuare ancora parlando dell’ospitalità, del calore della gente e dei sapori della buona tavola. Potrei raccontare di tante piccole storie che, chissà perché, custodiamo gelosamente e ci guardiamo dal condividere con l’Italia intera. Storie di orgoglio e di coraggio che oscurerebbero la figura di Mel Gibson agli occhi dei turisti, che arrivano a Matera (la città dove sono nata e cresciuta) per ammirare i luoghi in cui è stato girato il film “The Passion of the Chist”.

Quando lo spettacolo surclassa la tradizione

Mi stupisce notare che, con tutto quello che c’è da ammirare e da conoscere nella mia città natale, ci si soffermi sul lavoro mediocre di un regista americano. Eppure, i miei concittadini mi ammoniscono dicendo che Mel Gibson ha fatto conoscere Matera al mondo. Beh, se questo è accaduto – mi spiace dirlo – è solo perché non siamo stati abbastanza bravi ed intraprendenti da riuscire a farlo da soli. Forse abbiamo così poca fiducia nelle nostre risorse e nelle nostre capacità, da pensare che per emergere sia strettamente necessario aggrapparsi al mantello di qualcuno e lasciarsi trascinare nella polvere. Così mi capita di ricevere telefonate del tipo: – Hai visto cos’ha detto Oliviero Bea in televisione? Pare che il sindaco di Matera (correva l’anno 2008) abbia premiato un tuo concittadino, calciatore del Catania, per essersi calato le braghe distraendo il portiere avversario! – La motivazione del premio? Sempre la stessa: il calciatore Gianvito Plasmati, originario di Matera, con il suo gesto, ha fatto conoscere la città lucana nel mondo.

L’articolo 29 bis della Legge di Stabilità

Incredulità e sbigottimento. Più o meno lo stesso che ho provato constatando che la Legge di Stabilità approvata dal Senato lo scorso 21 dicembre, nell’articolo 29 bis, prevede degli incentivi per lo sviluppo turistico in Basilicata. Questo vuol dire che alle palanche che noi tutti dovremo sborsare tra IMU, aumento dell’IVA e TARES, andrebbe ad aggiungersi il piccolo obolo alla promozione turistica della Basilicata. Ne abbiamo poi davvero bisogno? Penso al dramma della vicina Taranto che, già avvelenata dai fumi dell’ILVA, vede parte dei suoi cittadini in ginocchio per la chiusura dello stabilimento. Penso alle famiglie degli italiani ridotti in povertà dalla crisi, agli imprenditori in rovina, a quelli che, non avendo più una casa, vivono in auto, ai terremotati dell’Emilia. Tanto poi, diciamoci la verità: lo sappiamo tutti che quei soldi saranno spartiti tra gli amministratori locali e che la promozione turistica si rivelerà soltanto uno sciocco pretesto. Non siamo stati già scottati dell’esperienza del terremoto che ha colpito l’Irpinia nel 1980?

E se fosse la tradizione a surclassare lo spettacolo?

Certo, la Basilicata non naviga nell’oro. Ma vi chiedo – in tutta onestà – c’è bisogno di fondi per la promozione turistica della regione, proprio in questo momento? Secondo me, no. Piuttosto, credo che sia arrivata l’ora di spiegare ai turisti che arrivano a Matera, chiedendo alle guide dove sia il Golgota, che dovrebbero spingersi fino a Gerusalemme per scoprirlo. A Matera, se sono interessati, possono visitare i Sassi, il castello incompiuto del conte Giancarlo Tramontano, progettato per competere con il Maschio Angioino, ed incantarsi ad ascoltare la storia della Via del Riscatto, dove i cittadini materani uccisero il suddetto conte, stanchi di essere sottomessi alla schiavitù feudale. Oppure possono chiedere della Strage di Matera, atto di rappresaglia dei nazisti nei confronti della prima città del Mezzogiorno che si è ribellata all’occupazione tedesca. Infatti, i materani non hanno aspettato che arrivassero gli americani a salvarli, perché storicamente hanno amato l’indipendenza. Noi lucani abbiamo una tradizione di dignità e coraggio da rispettare, che ci impone di trovare dai noi stessi i mezzi per andare avanti a testa alta, senza elemosinare denaro o attenzioni. La nostra terra è la chiave, la risorsa, il bene prezioso da valorizzare e il popolo lucano possiede le capacità per riuscirci. Basta solo che ritrovi dentro di sé quel bue stanco , che caparbiamente punta la zampa nel terreno, rifiutandosi di obbedire al giogo del padrone. Troppo spesso lo si liquida come simbolo di una città vagamente nota, in una regione che è poco più di una macchia sulla carta geografica. Invece rappresenta lo spirito autentico di una popolazione capace di sopportare, ma anche e soprattutto di attingere alle proprie risorse per combattere e riscattarsi.

Puntare sul patrimonio

E la materia prima di certo non ci manca. Chi ama il mare potrebbe visitare i brevi, ma bellissimi tratti di costa ionica e tirrenica, scoprendo Metaponto e lo spettacolo dell’antica città greca che ospitò i membri della Scuola Pitagorica, oppure l’incantevole Maratea. Intanto, nella trasferta da una costa all’altra, i turisti potrebbero spingersi nell’entroterra e ed innamorarsi dei boschi, delle montagne e dei piccoli borghi dove il tempo si è fermato, per immergersi in una dimensione più umana del vivere, lontana anni luce dalla frenesia delle grandi città. Sta a noi far conoscere la nostra terra e valorizzare la sua storia e le sue meraviglie, mettendo da parte quella strana timidezza che spesso ci porta ad essere reticenti o a subire i giudizi di chi ci guarda dall’alto in basso, forte di false convinzioni sui meridionali e sul loro stile di vita. Noi non siamo e non saremo parte di quel Mezzogiorno che vive di lacrime ed assistenzialismo.
Un vero federalismo fiscale (come da sempre sostengono i Comitati, vedi il nostro “Contro gli stato sauri”) risolverebbe tanti di questi problemi, al Sud come al Nord. Infatti non è il Sud la vera palla al piede dell’Italia, ma lo statalismo, la burocrazia inefficiente e corrotta, una classe politica pletorica, arruffona e autoreferente.

Annarita Chitera

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