Lettera aperta con risposta di Stefano Magni a Gaston Beuk – LA ROMPIGHIACCIO ISLAMISTA

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lettera
Caro Gaston Beuk,
dopo l’ennesimo atto di terrorismo in Belgio e le ennesime discussioni sterili con i filo-putiniani, ho capito che non c’è partita. Di fronte alla minaccia islamica, diventano tutti putiniani, quasi come un
riflesso condizionato. Si è ormai insediata nella coscienza collettiva la nozione che Putin (che non c’entra nulla) sia il nostro unico difensore. “O Putin o i jihadisti” pensano in tanti, dando per scontato che dietro agli jihadisti ci sia anche qualche oscura trama del perfido Obama. Nella migliore delle ipotesi, anche coloro che sono più attenti alla minaccia russa, sui social network ora si limitano a constatare che “i russi non bombardano le nostre stazioni e i nostri aeroporti, non ammazzano i nostri giornalisti e non violentano le nostre ragazze. Gli islamici sì. Quindi, fra i due mali, sono meglio i russi”. E’ un discorso che ho sentito fare anche da amici e parenti finora insospettabili di putinismo.
Un altro fattore molto potente che induce le masse a preferire la Russia all’islam, o addirittura a vederla come paladina della nostra causa, è
la lontananza fisica. L’islam radicale è nelle nostre città, come dimostra il caso di Molenbeek a Bruxelles. La Russia, invece, è “laggiù”, lontana, non confinante con noi, neppure troppo confinante con l’Ue. Solo i finlandesi, i baltici, i polacchi e i rumeni, pur in modi differenti, la percepiscono come una minaccia. La guerra con la Russia,
se mai dovesse disgraziatamente scoppiare, riguarderebbe soltanto loro.
Già gli ungheresi si considerano partner. I cechi e gli slovacchi sembrano freddini, a dir poco. Tutto il resto d’Europa se ne frega, in molti casi simpatizza e ha sempre simpatizzato con i russi. Quando cerco
di spiegare che la Russia possa essere una minaccia anche per noi, se non altro economica e politica (quando non militare), l’atteggiamento dei miei interlocutori va dalla sufficienza all’irrisione aperta. Più si sale di grado culturale, più questo atteggiamento è marcato: la nostra
classe colta di specialisti in politica estera ridicolizza chi teme la Russia, lo liquida via come un paranoico. Gli unici consapevoli del
rischio sono i difensori dei diritti umani, tipici amanti delle cause perse, votati alla marginalità per definizione. Fra l’altro lo fanno per
amore dell’Ucraina, o della Georgia, qualcuno della Polonia, ma non dei nostri interessi e il loro altruismo non paga in una società attenta al
realismo come la nostra.
Ora se fossi uno stratega del Cremlino, sarei felicissimo di questa situazione. Pur senza muovere un solo carro armato, assisterei all’annessione spontanea dell’Europa nella mia sfera di influenza, come reazione a una minaccia di terzi. Questo processo non ha ancora delle ricadute politiche visibili, nessun paese chiede di essere annesso alla
Russia, ovviamente. Ma è già ben avviato nella psicologia delle masse.
Io sono molto preoccupato da questa tendenza, perché mi ricorda veramente la “rompighiaccio”: l’idea di Stalin di sfruttare Hitler per spezzare le democrazie. Per poi subentrare come liberatore, ovviamente.
Io non so predire quanto sarà potente la Russia fra cinque o dieci anni, ma vista la sua forza potenziale, credo che sia ancora in grado di
invadere l’Europa, o per lo meno di occupare le sue ex colonie dell’Est, dal Baltico al Mar Nero, forse fino alla Germania. Il suo pretesto sarebbe quello di liberarci dalla minaccia islamica. Tu cosa ne pensi?
Sono solo paranoie?

Stefano Magni

ps: non fraintendermi, escludo che il fenomeno jihadista sia creato, o anche solo “pilotato” da Putin. Così come il nazismo non era affatto
creato o pilotato da Stalin. Quel che temo è che i propagandisti di Mosca lo stiano sfruttando per presentare Putin come il liberatore.

Caro Stefano Magni,
se ti rivolgi a me, credo sia perché immagini già la risposta: no, le tue non sono solo paranoie. Sì, il putinismo italiano non è solo una malattia infantile della democrazia, provocata dalla disinformazione e dalla superficialità, bensì l’effetto di una forma mentale profondamente radicata e consolidata nel costume collettivo nazionale.
Gli ammiratori italiani di Putin amano profondamente, perdutamente, l’uomo forte che risolve i problemi. I loro nonni hanno certamente amato Mussolini, fino a quando non ha fatto mancare loro il pane e non ha mandato gli uomini al macello. I loro padri hanno sperato nel dopoguerra che arrivasse qualche altro uomo segnato dal destino, fosse magari anche comunista, ma comunque capace di mettere le cose a posto una volta per tutte. Adesso approvano e ammirano non il vero Putin – l’uomo del Kgb che irride il sistema democratico, l’invasore dell’Ucraina, della Georgia e della Moldova, il mandante almeno morale di svariati assassinii, il manovratore occulto degli attentati che ne hanno rafforzato il potere in Russia, il capo di una cricca oligarchica di Stato, l’amico di tutti i dittatori e di tutti i regimi che gli fanno comodo (da quello cinese all’iraniano), il finanziatore di movimenti islamisti utili (come Hamas) proprio mentre ne combatte altri fastidiosi (come i jihadisti anti Assad) – ma il Putin delle loro fantasie consolatorie, che accende la candela nella chiesa ortodossa e bacia la Bibbia, finanzia indifferentemente partiti europei di estrema sinistra ed estrema destra (come in Grecia, in Ungheria, in Francia e naturalmente in Italia), in patria organizza i pestaggi dei dissidenti e degli omosessuali, mette in riga i giornalisti e fa licenziare quelli che non si adeguano.
Per tutti costoro, purtroppo, dovremo aspettare che arrivino le repliche implacabili della storia, prima che si sveglino dal loro sonno. Il che non ci autorizza però ad abbassare la guardia. Noi di Libertates, almeno, non lo faremo. Conosciamo troppo bene i segnali di un regime in arrivo – basta ascoltare i telegiornali non solo Rai – per lasciarci intimidire. E denunceremo i tentativi, tipici non meno che patetici, dei politici putinisti italiani, ansiosi di far sedere al tavolo militare anti Isis il signor Putin. Perché noi crediamo che non si possa combattere un male con un altro male – l’islamismo con il nazicomunismo – e sosteniamo invece un’Alleanza mondiale delle democrazie.
Su un solo punto non sono d’accordo con te: là dove scrivi che l’invasione dell’immigrazione clandestina avverrebbe senza responsabilità del Cremlino. Io credo invece che le ondate di disperati siriani, e non solo, siano favorite proprio da Putin allo scopo di scompaginare, delegittimare e infine dividere i 28 della Ue. Se vi riuscisse, potrebbe poi “trattare” efficacemente con ogni singolo Paese, sicuro di poter contare su molti simpatizzanti.
Quindi, come scrivi, l’islamismo gli serve efficacemente da “rompighiaccio”, esattamente come Hitler fu usato da Stalin – ma fu sempre quest’ultimo nel primo dopoguerra ad addestrare i tedeschi, ti ricordo – contro le democrazie occidentali.
Quando George Orwell cercò di pubblicare in Inghilterra il suo celebre apologo, “La fattoria degi animali” per denunciare la sottomissione occidentale all’alleato Stalin, si vide respingere il manoscritto da numerosi editori britannici. Uno solo si degnò di rispondergli così: “non si potrebbe trovare un animale diverso dai maiali per indicare i sovietici?”. Ma quei maiali “più uguali degli altri”, per fortuna, nel suo libro rimasero.
Lo stesso dobbiamo fare noi, con i nostri scritti.

Gaston Beuk

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